“VINO NUOVO IN OTRI NUOVI”

MARCO 2, 18-22

Buongiorno  a  tutti,

iniziamo questa nuova settimana impostando il nostro cammino sui passi tracciati dal Vangelo di Marco, di cui la liturgia odierna ci propone i seguenti versi:

18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. 22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!»”

Il digiuno è una pratica penitenziale, una pratica cioè che serve a scontare una pena per una colpa commessa o per un’offesa fatta a qualcuno. Cristo nel Vangelo di oggi ci spiega il vero senso del digiuno e ci invita pertanto a saper vivere con intelligenza e con fede tutti i tempi della nostra esistenza. Non possiamo non dare significato e importanza differente ai vari momenti della nostra vita. Il Signore oggi ci dice che il tempo per noi deve assumere un valore e una gioia differente a seconda degli avvenimenti che lo caratterizzano, e che tali avvenimenti non pongono non essere messi in relazione con la sua presenza nella nostra vita. Da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare insieme a noi e, per mezzo della sua Chiesa, è rimasto in mezzo a noi, gli istanti che compongono l’asse del nostro tempo personale non possono essere considerati tutti alla stessa stregua. In tale retta temporale gli intervalli caratterizzati dalla riconciliazione con Dio e dalla comunione con Cristo sono intervalli che hanno un valore sicuramente diverso da quelli in cui noi ci siamo allontanati dal Signore e ci siamo abbandonati al male e la peccato. I giorni della riconciliazione, della pace, dell’amicizia e della comunione di vita con il Signore sono giorni di festa e come tale devono essere vissuti. In questi giorni non possiamo fare digiuni, non possiamo essere tristi, non possiamo fare penitenza, in questi giorni, se veramente sentiamo nel cuore la felicità della Pasqua che esplode nella risurrezione del nostro rapporto con Dio, non possiamo avere nel cuore che una gioia talmente grande da non potere essere trattenuta da nessun altro avvenimento. I giorni della pace con Dio sono giorni di amore grande e profondo, giorni in cui la felicità che alberga nel nostro cuore è in ogni caso in contrasto con qualsiasi pratica penitenziale effettuata. Se ciò non dovesse accadere, se cioè nel cuore nostro riconciliato con Dio non fiorisce la gioia è segno che questa riconciliazione non ci ha coinvolti. Cristo si presenta dunque qui a noi come lo sposo che vuole condurci verso l’altare della felicità eterna. Questa immagine del nostro Salvatore è bellissima e seducente. Il Signore ci sta dicendo che è venuto nel mondo non per farci soffrire le pene dei nostri peccati, ma per liberarci dalla loro condanna e per destinarci a un futuro ci comunione sponsale in cui Lui è lo Sposo e noi la sposa. Le nozze che questo meraviglioso Principe Celeste vuole stringere con ognuno di noi sono nozze di felicità e di gaudio e non nozze di dolore, di penitenza e di sofferenza. Viviamo dunque il nostro presente cercando di mantenere sempre saldo il nostro legame sponsale con Cristo, cercando cioè di evitare ad ogni costo i tradimenti e offrendoci ad una fedeltà perfetta al fine di potere godere senza sosta dei beni celesti che provengono dalla vita di comunione con Dio. Utilizziamo invece le pratiche penitenziali per tutte quelle tristissime occasioni in cui a causa della nostra debolezza e della nostra miseria ci siamo persi nell’infedeltà. Esse ci serviranno a comprendere la gravità delle nostre azioni e i danni che da esse ne conseguono, permettendoci di fortificarci di fronte alle occasioni di future tentazioni. Il cuore contrito e umiliato è l’atteggiamento corretto con cui porgersi a Cristo nel momento del peccato, mentre il cuore gioioso e festoso è la condizione che dobbiamo vivere quando siamo in comunione con Dio. Nostro sforzo e nostra preghiera deve essere quella di tendere sempre alla comunione e ai vantaggi da essa scaturenti e di evitare in ogni modo le cadute del peccato e il dolore della penitenza. Il Vangelo di oggi ci dice chiaramente che Dio non vuole assolutamente vederci e saperci in penitenza, Egli vuole piuttosto vederci gioire nella comunione con Lui.

Capo d’Orlando, 19/01/2015

Dario Sirna.

 

 

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