APOCALISSE 15, 1-4
Buongiorno a tutti,
il nostro cammino oggi continua a seguire le indicazioni fornite dall’Apocalisse di San Giovanni, di cui la liturgia ci propone i seguenti versi:
“ 1 E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l’ira di Dio.
2Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e 3cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello:
«Grandi e mirabili sono le tue opere,
Signore Dio onnipotente;
giuste e vere le tue vie,
Re delle genti!
4O Signore, chi non temerà
e non darà gloria al tuo nome?
Poiché tu solo sei santo,
e tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giudizi furono manifestati».”
Un mare di cristallo misto a fuoco e il cantico di Mosè richiamano all’esodo, alle vicende del mar rosso, alla sconfitta del faraone, alla liberazione del popolo di Dio, al viaggio verso la terra promessa, all’ascolto della Parola di Dio, alla fiducia riposta in essa, all’affidamento alla volontà di Dio. Il brano ci mostra come ogni nostra azione compiuta in obbedienza e in ascolto a Dio e alla sua volontà produce l’effetto della vittoria eterna, di una vittoria cioè che realizzata da Dio sulla terra sale in cielo e viene scritta per sempre nella storia dell’uomo. Il canto di Mosè celebra l’onnipotenza di Dio, il suo amore per il popolo, la sua gloria, la sua giustizia, la sua verità, la sua invincibile forza, la sua fedeltà alle promesse fatte, la sua santità e la sua perfezione. Si tratta di un canto innalzato al cielo in occasione della grande esperienza dell’esodo, esperienza in cui il popolo ebraico mettendosi nelle mani di Dio riscontra direttamente la sua grandezza e il suo amore.
Tali episodi in cui si manifesta una relazione di amore intenso tra Dio e l’uomo, relazione testimoniata dalla fiducia riposta dal popolo in Dio e dalla risposta con cui il Signore premia tale fiducia, non rimangono fatti terreni, vicende della storia terrena, ma diventano fatti celesti, fatti cioè che hanno diritto alla loro eternità e che non possono essere assolutamente cancellati dalla memoria di Dio. Dio conserva nel suo cuore, nella sua memoria, nella sua casa, nella sua persona e in tutta la sua sfera, ossia in tutto in Paradiso, ogni evento d’amore, compresi quelli vissuti con l’uomo nel corso della storia della salvezza. Così il cantico di Mosè non rimane lettera morta in Terra, ma viene assunto in Cielo e lì continua a perpetuarsi per celebrare l’amore di Dio per l’uomo e le vicende d’amore che legano l’umanità a Dio. Se questo avviene per ogni uomo terreno, tanto più esso avviene per Cristo persona divina che ha in sé sia la natura umana che quella divina.
Tutta la storia della salvezza realizzata da Cristo è assunta in Cielo, ove viene celebrata in continuazione come realtà di amore onnipotente e massima.
Capo d’Orlando, 26/11/2014
Dario Sirna.