GIOVANNI 15, 12-17
Buongiorno a tutti,
continuiamo a impostare il nostro cammino giornaliero seguendo le indicazioni forniteci dai seguenti versi del Vangelo di Giovanni:
“12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.”
Cosa spinge il nostro cuore umano a innamorarsi di una persona? Sicuramente la bellezza. Ma la bellezza a sua volte risponde a dei canoni personali che fanno pieno ed esclusivo riferimento ad un altro concetto, il modello della perfezione. Dunque l’uomo è portato a fare le sue scelte di vita nei riguardi dei suoi rapporti con i suoi simili in base al concetto di perfezione. Più una persona si mostra perfetta ai nostri occhi, più grande è la stima che abbiamo di lei e più alto è il desiderio del nostro cuore di amarla e di volerla considerare nostra amica. In base a questo principio, considerato che la perfezione nell’uomo non esiste in quanto nessun uomo è perfetto secondo il comune concetto di perfezione, il nostro cuore è portato a chiudersi in se stesso, a non concedersi agli altri e a cercare le sue soddisfazioni nell’io personale, ritenuto da ciascuno di noi migliore dell’io degli altri fratelli. In sostanza ognuno di noi si giudica migliore degli altri e impedisce al suo cuore di stringere relazioni amicali o amorose sincere e pure con qualsiasi altro essere vivente. Questo vale in linea di massima nei rapporti umani, nel rapporto con il divino succede invece che il concetto di perfezione da noi modellato trova la sua identità in Dio. Spesso, dunque, tra i fedeli è diffuso un comportamento particolare che vede l’uomo interessarsi totalmente a Dio e infischiarsene completamente del proprio fratello. Ciò significa che per la perfezione da noi intravista in Dio siamo capaci di donare il nostro tempo e le nostre attenzioni al culto di Dio, ma non siamo capaci di fare altrettanto con i fratelli che ci stanno accanto. Ma se dobbiamo parlare di perfezione e bellezza l’unico vero modello che possiamo seguire è il modello divino. Ciò significa che volendo aspirare anche noi alla perfezione abbiamo come unico esempio da imitare Cristo Signore. Cristo nella sua infinita perfezione ama ogni singolo individuo umano e lo ama a prescindere dalla sua perfezione. Dunque se Cristo che è perfetto ama ogni uomo del mondo, compreso il più imperfetto, il modello di perfezione che noi dobbiamo seguire impone anche a noi di amare tutti i nostri fratelli a prescindere dalla loro perfezione. L’amore non è sottoposto al limite della perfezione altrui e non giudica la bellezza degli altri in base al loro grado di perfezione, ma la riscontra unicamente nella comune natura che ci fa tutti creature di Dio. Ogni uomo è creato da Dio e in quanto creatura di Dio è espressione della bellezza ed è meritevole di amore. D’altra parte se il nostro cuore non incomincia ad amare gli altri uomini a prescindere dalla loro perfezione come potrà mai esso diventare perfetto. Il modello offerto dalla perfezione divina ci spinge quindi a crescere nella direzione della perfezione e della bellezza iniziando ad amare tutti i nostri fratelli, anche i più imperfetti e i più riprovevoli. Chiarito questo punto bisogna ora capire cosa si intende con la parola amare, cosa cioè significa amare. Il significato di questa parola così importante e universale non può essere relativo, non può cioè cambiare da persona a persona e assumere aspetti totalmente differenti, o addirittura opposti, passando da individuo a individuo. Esiste la necessità per questo termine di trovare un significato assoluto. In ciò ci viene incontro il Signore il quale ci dice che l’atto di amare per essere veramente tale deve fare continuo riferimento al suo amore per noi. Ciò significa che il significato assoluto e quindi unico di tale parola è espresso dall’amore con cui Cristo ama ognuno di noi. Scendendo nel dettaglio il Signore precisa che “nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli amici”. Questo è l’amore con cui Egli ci ama e questo è l’amore a cui dobbiamo aspirare anche noi. Amare significa dunque in assoluto “dare la vita per gli amici”. Da notare che Cristo ha offerto la sua vita sulla Croce per tutti gli uomini, compresi coloro che lo hanno crocifisso, i quali, insieme a tutti noi, sono stati perdonati un attimo prima della sua morte. Se amare significa dare la vita per gli amici e se amici dobbiamo considerare tutti gli uomini del mondo a prescindere dalla loro imperfezione, ciò significa che anche, noi, a imitazione del Signore, dobbiamo essere pronti in qualsiasi momento a dare noi stessi per la vita dei nostri fratelli, compresi quelli che ci stanno antipatici e che continuamente ci provocano con il male. Ma cosa significa dare la vita? Non necessariamente significa morire in croce, o affrontare la morte in cambio della vita degli altri, dare la vita per gli amici significa solo ed esclusivamente amarli più di se stessi, amarli a prescindere da se stessi, amarli non per quello che possono darci ma perché sono fratelli e amati anche loro come noi da Dio, amarli per l’incontenibile desiderio di restare saldi nell’adempimento della volontà divina, amarli per amore del Signore, amarli per amore della volontà di Dio, amarli per l’amore che Dio ha per loro, amarli perché siamo tenuti a condividere il cuore di Dio e quindi tutto ciò che Dio ama, amarli perché solo così possiamo entrare nella piena comunione con Dio, amarli perché anche loro sono nel desiderio di Dio come lo siamo noi, amarli perché la nostra presenza nel Paradiso non è assicurata se non lo è anche la loro, amarli per dare gioia al cuore di Cristo oltre che al nostro, amarli per non considerare vano il sangue sparso da Cristo, amarli perché Cristo ha offerto se stesso anche per loro, amarli perché la loro salvezza e il loro amore è costata a Dio la vita del Figlio, amarli perché essi non sono meno di noi, amarli perché noi abbiamo bisogno di loro, amarli perché sono parte di noi stessi, amarli perché facciamo parte di un unico corpo indiviso.
Capo d’Orlando, 08/05/2015
Dario Sirna.