“UNO E’ MORTO PER TUTTI”

CORINZI 5, 14-20

Buongiorno a tutti,

il nostro  cammino oggi  si svolge sulle tracce indicate dai seguenti versi della seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi:

“ 14L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. 15Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. 16Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. 17Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
18Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. 19Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. 20In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. 21Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.”

San Paolo rivolgendosi ai Corinzi ci spiega il ministero della riconciliazione. Da Cristo ha acquisto il titolo e il compito di amministrare la riconciliazione tra gli uomini e Dio, tale ministero appartiene dunque alla Chiesa per volontà divina ed essa lo esercita secondo i principi qui esposti e spiegati da  San Paolo.

La riconciliazione è quel evento straordinario e importantissimo attraverso il quale un uomo ritorna nella grazia di Dio e gode in pienezza dei benefici del suo amore e della sua amicizia. Riconciliare significa ritornare alla pace, tornare ad essere amici eliminando tutte le cause che avevano prodotto la rottura di tale relazione. Queste cause sono offese che richiedono una pena da scontare, un giudizio da affrontare, una condanna da sopportare. Nel caso della relazione tra l’uomo e Dio tali offese sono i peccati commessi da ognuno di noi contro l’Amore divino a cominciare dal peccato originale. Bisogna distinguere tra riconciliazione e giudizio. La riconciliazione è un notevole progresso rispetto al giudizio, in quanto essa scaturisce dalla volontà delle due parti di ritornare in amicizia e di cancellare le offese che hanno danneggiato il rapporto. In questo caso si inizia dunque da una condizione in cui la parte che ha offeso riconosce la sua colpa, è pentita ed è pronta a chiedere il perdono, dichiarandosi disponibile a sopportare per esso anche il carico di una pena da espiare. In realtà in questo caso non c’è un giudizio e non c’è neanche una condanna. Diversamente invece, se si va in giudizio senza riconciliazione significa che la parte che ha offeso non è disponibile a riconoscere la sua colpa e soprattutto non vuole ritornare a stringere amicizia con l’altra parte. E’ ovvio che in questo caso non c’è pentimento e non c’è neanche perdono. Il giudizio dunque si concluderà con una condanna in cui sarà riconosciuta la colpa del peccatore e gli sarà corrisposta anche una pena da scontare, terminata la quale le due parti continuano a restare nemiche.

Questa precisazione è fondamentale per capire il meccanismo della riconciliazione con Dio. Tale meccanismo non è quello del giudizio ma quello dei peccatori che si pentono e che trovano in Cristo un avvocato che perora la loro causa di riconciliazione con Dio. Cristo è quell’Avvocato che con il sacrificio della sua passione e morte  ha pagato per tutti gli uomini il prezzo della loro condanna per un eventuale giudizio. Ricorrendo a Cristo il peccatore pentito riconosce a Dio l’immensità del suo Amore per l’uomo e allo stesso tempo ammette la sua condizione di peccatore. Dunque Cristo dà ad ognuno di noi la possibilità di pentirci davanti a Dio facendoci ammettere che la sua morte è opera dei nostri peccati e allo stesso tempo ci dà la possibilità di riconoscere al Signore la perfezione e l’immensità del suo Amore per noi, testimoniato appunto dal sacrificio di Gesù. Cristo diventa nostro avvocato vincente, Persona a cui affidare l’esito certo e positivo della nostra riconciliazione con Dio. Allo stesso tempo in Lui troviamo pagato anche il debito del nostro giudizio, nel senso che il sacrificio espiatorio vale anche come liberazione dalla condanna cui andremmo incontro in caso di giudizio se non ci pentissimo. Questo non vuol dire che coloro che non si riconciliano con Dio sono giustificati da Cristo, ma che coloro che si pentono trovano in Cristo anche l’adempimento di una giustizia divina perfetta, per la quale la condanna da offrire per riparare alle colpe commesse è il sacrificio di Cristo. Essi si riconciliano pertanto con Dio in maniera perfetta e completa.

Capo d’Orlando, 10/11/2014

Dario Sirna.

 

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