UCRIA – TORRENTE PRACI – PRIMO TRATTO – LA CASCATA

LA CASCATA DEL TORRENTE PRACI  A UCRIA

Iniziamo con questo articolo un viaggio all’interno del Torrente Praci di Ucria. Il torrente in questione è uno dei due rami principali che alimentano la Fiumara di Naso. Esso scorre nel territorio del Comune di Ucria ed è alimentato dalle falde montuose che si sviluppano sul versante nord  delle montagne su cui sorge Floresta. La parte alta di questo torrente passa a ridosso della Rocca San Marco o Rocca Drago, ove prende il nome di Torrente Pudarà, e continua a risalire la catena montuosa dei Nebrodi fino trovare le sue sorgenti nel bacino di Monte dell’Orso.

L’escursione oggetto di questo reportage si svolge in salita e ha come punto di partenza il ponte sulla strada provinciale che collega il centro urbano di Ucria con il centro urbano di Raccuia. Le difficoltà di percorso sono quelle tipiche dei torrenti dei Nebrodi, per le quali il cammino necessita dell’uso degli stivali alti, di grande prudenza, di pazienza e di tempo illimitato. Nel caso in questione rimarchiamo l’esercizio della pazienza in quanto il torrente in moltissimi tratti è oppresso da una vegetazione fluviale infestante. Il cammino è fortemente ostacolato da una intricatissima macchia di arbusti in cui primeggiano salici, ontani, rovi, pioppi, oleandri, canne, ortiche  e erbe di ogni tipo e misura. Raccomandiamo di indossare una camicia a maniche lunghe, necessaria per proteggere le braccia dai graffi dei tralci spinosi. La vegetazione fitta e impenetrabile scoraggia molto l’avanzamento e innervosisce parecchio l’escursionista, rallentandone il passo. Questo avvertimento non viene fornito per scoraggiare i volenterosi ma per prepararli ad affrontare il torrente con uno spirito mite e remissivo, sottomesso alle regole imposte dal fiume e dal contesto in cui esso si trova attraverso il ricorso alla pazienza e alla moderazione. Massima attenzione nell’attraversamento delle gole ove il percorso si presenta più impegnativo e più difficile, concentrazione  e calma durante il  passaggio sui letti rocciosi muschiati e scivolosi. Purtroppo il cammino non ha sbocchi di uscita su sentieri o strade laterali che bypassano il torrente per cui il viaggio di ritorno deve obbligatoriamente svolgersi nel fiume. Inoltre la totale assenza degli accessi laterali, dovuta a lunghi tratti in cui le pareti del vallone sono alti strapiombi o pendii ripidissimi impedisce un eventuale rapido allontanamento. Ciò obbliga il visitatore a inoltrasi all’interno del torrente solo in condizione certe di massima stabilità atmosferica, al fine di evitare il rischio di eventuali improvvise piene dovute a temporali estesi sulla zona della dorsale nebroidea. Al riguardo rimarchiamo l’assoluta assenza di vie di fuga laterali. Detto ciò precisiamo che il tratto in questione è uno dei più belli, ma anche uno dei più accessibili, in quanto esso si sviluppa immediatamente a valle del ponte ed è quindi facilmente raggiungibile. Questa via di accesso è anche l’unica che permette di entrare nel letto del torrente, non ci sono altre possibilità a causa dell’elevatissima altezza del ponte e delle ripide pendenze dei pendii del vallone, senza tenere conto dell’estensione selvaggia delle macchie di rovo che si sviluppano proprio sulle spallette del ponte. Provenendo da Raccuia l’accesso in questione si trova pochi metri prima del ponte, in un’area che ricade a valle e che  quindi  si sviluppa in discesa, punto di riferimento della zona è un piccolo magazzino della Provincia Regionale di Messina, Ente proprietario della strada e del ponte. Attenzione a non violare le proprietà privare e recintate. Proprio in corrispondenza del grande ponte che attraversa il Torrente Praci, immediatamente a valle dello stesso il fiume offre uno spettacolo inimmaginabile. La fittissima vegetazione boschiva che in questo posto occupa il letto del fiume, nonostante l’ampia e profonda prospettiva del campo ottico dovuta alla notevole altezza del ponte, impedisce di attingere notizie dalla sede stradale. Dunque questo tratto di fiume nonostante si sviluppi proprio in adiacenza alla strada è completamente invisibile da essa. Occorre scendere ed entrare nel torrente per rendersi conto delle grandi meraviglie che si nascondono sotto la fittissima e verde cupola del bosco. La presenza di questo forte ombreggiamento riduce notevolmente l’intensità luminosa all’interno del fiume creando forti zone di contrasto con le aree illuminate.  Queste ultime, inoltre, quasi sempre ricadono sulle rocce che delimitano la gola fluviale con un effetto riflettente che accentua molto di più del normale tali contrasti. A farne le spese di questa particolarissima illuminazione naturale sono le foto, per le quali i colori anemici delle rocce male si sposano con le ombre scurissime del sottobosco. I risultati fotografici non sono pertanto esaltanti e non possono mai dare una documentazione fedele della grande bellezza del posto. Ciò accade sempre quando la bellezza è spropositata, le foto non riescono in tal caso a dare merito alla natura di tale eccellenza, ancor più se le condizioni di luce sono sfavorevoli alla esaltazione delle zone di pregio. Il reportage di oggi può dare quindi solo un’idea approssimata  e generica delle ricchezze chiuse in questo scrigno. Il fiume in tale tratto presenta una gola che si compone a sua volta di due tratti importanti. Il primo tratto, quello più a monte,    è formato da un vero e proprio canale roccioso largo circa cinque metri e profondo anche tre metri, delimitato lateralmente da due strapiombi rocciosi di grande effetto. Tale gola, della lunghezza di circa di trenta metri, si trova immediatamente a valle di una suggestiva cascata, di cui il canale raccoglie e accumula le acque in un’ampia  e fresca piscina. La cascata non è visibile dall’imbocco della gola in quanto la forma circolare di quest’ultima la copre con le sue pareti laterali. Essa comunque non è a pendenza verticale, ma si adagia su un ripidissimo letto di roccia scavato al centro dalla forza levigante della corrente. Tutto il contesto è di grande pregio, ma per apprezzarlo nella sua interezza occorre incamminarsi nelle acque del canale e raggiungere la piscina sottostante al salto, oppure occorre arrampicarsi sul bordo della parete nord della gola utilizzando i terrazzamenti esistenti nei pendii attigui. Prima di esplorare la parte alta della cascata, quella che si sviluppa a monte della stessa e che dà accesso alla restante parte del torrente, consigliamo vivamente di visitare il secondo tratto della gola. Questo si trova a valle, dopo la prima ansa del fiume. L’attraversamento di questa zona è più semplice, grazie ad alcuni passaggi esistenti sul versante di levante, ove le rocce che formano questo secondo canale sono meno alte e più praticabili. La bellezza di questa gola è dovuta senza dubbio alla presenza di uno strapiombo alto di arenaria che insiste sul lato di ponente. Lo strapiombo con la sua particolare morfologia discontinua  dà chiare indicazioni sulla struttura rocciosa del territorio. Esso cammina lateralmente al canale roccioso che al suo interno ospita un’altra interessante piscina. Le acque del fiume sono limpide e pulite, non esistono scarichi fognari di centri urbani che si gettano al suo interno, né esistono altre fonti di inquinamento. Esse ospitano popolazioni cospicue di trote di modeste dimensioni. La sopravvivenza di questa specie è messa duramente alla prova dai lunghi periodi di siccità estivi, durante i quali la portata si riduce notevolmente restringendo di molto le aree abitabili. Le piscine in questione sono l’unica speranza di salvezza. Tornando indietro e costeggiando la sponda ovest del torrente  è possibile trovare in mezzo alla vegetazione del sottobosco un ripido sentiero in salita che aggira l’ostacolo della piscina e conduce immediatamente a monte della cascata, nella zona soprastante il suo salto. Questo tratto di fiume è certamente una vera perla nel tesoro naturale di Ucria e merita di essere maggiormente attenzionato e salvaguardato. Esso offre interessanti spunti  contemplativi che trascinano  il visitatore nella dimensione trascendente del creato, laddove non esiste più distacco tra Cielo e terra e tra Dio e uomo, ma queste realtà si trovano a condividere l’unico vero valore dell’universo: l’Amore. Il nostro grazie come sempre a Dio per il dono di queste meraviglie naturali e per la gioia di farci riscoprire  tramite esse il vero significato della vita, quello della comunione con Dio e con il mondo che ci circonda.

Capo d’Orlando, 10/10/2013

Dario Sirna.

 

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