TOBIA 13, 10-13. 15. 16c-17a
Buongiorno a tutti,
oggi avanzeremo nel nostro cammino seguendo le indicazioni contenute nelle seguenti parole del Profeta Tobia :
Tutti parlino del Signore
e diano lode a lui in Gerusalemme.
Gerusalemme, città santa, †
ti ha castigata per le opere dei tuoi figli, *
e avrà ancora pietà per i figli dei giusti.
Da’ lode degnamente al Signore *
e benedici il re dei secoli;
egli ricostruirà in te il suo tempio con gioia, *
per allietare in te tutti i deportati,
per far contenti in te tutti gli sventurati, *
per tutte le generazioni dei secoli.
Come luce splendida brillerai
sino ai confini della terra; *
nazioni numerose verranno a te da lontano;
gli abitanti di tutti i confini della terra †
verranno verso la dimora del tuo santo nome, *
portando in mano i doni per il re del cielo.
Generazioni e generazioni
esprimeranno in te l’esultanza *
e il nome della città eletta
durerà nei secoli.
Sorgi ed esulta per i figli dei giusti, †
tutti presso di te si raduneranno *
e benediranno il Signore dei secoli.
Beati coloro che ti amano *
beati coloro che gioiscono per la tua pace.
Anima mia,
benedici il Signore, il gran sovrano: †
Gerusalemme sarà ricostruita *
come città della sua residenza per sempre.
Le parole del Profeta Tobia ci aiutano a comprendere il mistero dell’amore divino di fronte alle incomprensibili difficoltà della vita. Isdraele vive il dramma dell’esilio, conseguenza inevitabile dell’infedeltà dei suoi figli. Il Profeta parla di castigo, fornendoci per Dio l’immagine di un padre che deve educare il proprio figlio al bene per farlo crescere forte e sano. Il castigo è visto qui, dunque, non come punizione per il male fatto, ma solo ed esclusivamente come correzione, necessaria per ricondurre Isdraele sulla via del Signore. In realtà il male in cui incappa Isdraele se lo è procurato con le sue stesse mani allontanandosi dai precetti divini e tradendo l’amore per il Signore con l’amore per gli doli e per qualsiasi altra forma di schiavitù. E’ la scelta di abbandonare Dio che ci conduce nella via dell’errore, della sciagura e della perdizione. L’intervento benevolo di Dio consiste, invece, nel continuare a seguire l’uomo anche quando questo diventa infedele per evitare che il male da lui stesso procuratosi diventi irrimediabilmente letale. Nella situazione in cui Isdraele precipita, Dio interviene provvidenzialmente trasformando il male in occasione di bene. Egli, infatti, come dice il Profeta, ottiene dall’esperienza negativa vissuta dal popolo in esilio il mezzo opportuno per correggerlo, per indurlo alla conversione del cuore e per fargli comprendere l’importanza della alleanza stretta con Dio. Mentre l’uomo viola questa alleanza, Dio si mantiene fedele ad essa, ed è proprio perché è fedele ad essa che corregge l’uomo, fornendogli nuove opportunità di conversione e di ritorno ai benefici dell’amore divino. L’esilio dunque non è una punizione ma un’occasione attraverso la quale Dio riesce a rinsaldare la sua amicizia con l’uomo. Ma la provvidenza di Dio e il suo amore vanno ben oltre questo calcolo limitato e si estendono a nuove frontiere, rappresentate dalla possibilità che viene offerta al popolo di riscattarsi dalla infedeltà e dal tradimento dell’alleanza con la diffusione della fede alle nazioni straniere. Il seme spezzato viene da Dio raccolto non solo per essere riunificato ma per ottenere nel contempo dalle varie parti che lo compongono nuovi frutti. Questa è la logica di Dio, questa è la logica dell’amore, la quale quando passa dalla prova della sofferenza ne esce sempre vittoriosa con il guadagno di una incontenibile raccolta di frutti. E proprio a sostegno di questa teoria il Profeta annuncia la riedificazione di una nuova Gerusalemme, una città santa, a cui accorreranno da tutti i confini della terra e in cui troveranno rifugio e soddisfazione gli sventurati di tutti i tempi. La gloria di questa città sarà eterna perché in essa Dio riedificherà la sua dimora, lì stabilirà per sempre la sua residenza, ove troveranno pace e posto tutti coloro che amano Dio e gioiscono della sua pace. Le parole del Profeta descrivono esattamente la Chiesa fondata da Cristo. Essa è infatti, la città eterna e santa al cui interno abita Dio e i cui abitanti vivono in essa nutrendosi esclusivamente del suo amore e della sua pace. Noi, in qualità di cristiani, abbiamo l’obbligo scaturente da un moto spontaneo del cuore, di testimoniare la grazia ricevuta da Dio, la quale è presente nella Chiesa e aspetta di essere accolta da ogni uomo. Non possiamo restare fermi a goderci i benefici concessici dall’amore di Dio, dobbiamo prendere l’iniziativa di condividere questa nostra condizione privilegiata con tutti coloro che ancora non hanno avuto la possibilità di sperimentarla. Dobbiamo divenire spontaneamente, come Gesù Cristo, e non per una combinazione di eventi malefici, il pane che si spezza per offrirsi come nutrimento a tutti gli altri uomini. Per questo non è necessario vivere l’amara esperienza del dolore e dell’esilio è sufficiente credere fermamente nella nostra fede e trasmetterla spontaneamente a tutti coloro che incontriamo attraverso la conformazione della nostra vita e del nostro cuore all’esempio d’amore di Cristo Gesù.
Capo d’Orlando, 13/11/2012
Dario Sirna