GIOVANNI 21, 20-25
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi si sviluppa intorno all’argomento delle “Due vie” proposto dai seguenti versi del Vangelo di Giovanni, cui segue un commento di Sant’Agostino Vescovo:
“Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». 21Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?».22Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». 23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». 24Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.”
“La Chiesa conosce due vite, che le sono state rivelate e raccomandate da Dio, delle quali una è nella fede, l’altra nella visione; una appartiene al tempo della peregrinazione, l’altra all’eterna dimora; una è nella fatica, l’altra nel riposo; una lungo la via, l’altra in patria; una nel lavoro dell’azione, l’altra nel premio della contemplazione; una che si tiene lontana dal male e compie il bene, l’altra che non ha alcun male da evitare ma soltanto un grande bene da godere; una combatte con l’avversario, l’altra regna senza contrasti; una è forte nelle avversità, l’altra non ha alcuna avversità da sostenere; una deve tenere a freno le passioni della carne, l’altra riposa nelle gioie dello spirito; una è tutta impegnata nella lotta, l’altra gode tranquilla, in pace, i frutti della vittoria; una chiede aiuto nelle tentazioni, l’altra, libera da ogni tentazione, trova il riposo in colui che è stato il suo aiuto; una soccorre l’indigente, l’altra vive dove non esiste alcun indigente; una perdona le offese per essere a sua volta perdonata, l’altra non subisce offese da perdonare, né ha da farsi perdonare alcuna offesa; una è colpita duramente dai mali affinché non abbia ad esaltarsi nei beni, l’altra gode di tale pienezza di grazia ed è così libera da ogni male che senza alcuna tentazione di superbia aderisce al sommo bene; una discerne il bene dal male, l’altra non ha che da contemplare il Bene. Quindi una è buona, ma ancora infelice, l’altra è migliore e beata. La prima è simboleggiata nell’apostolo Pietro, l’altra in Giovanni. La prima si conduce interamente quaggiù fino alla fine del mondo, quando avrà termine; il compimento dell’altra è differito alla fine del mondo, ma, nel mondo futuro, non avrà termine. Perciò a Pietro il Signore dice: Tu seguimi. A proposito invece dell’altro: Se voglio che lui rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi (Gv 21, 22). Che significa questo? Per quanto so e posso capire, ecco il senso di queste parole: Tu seguimi, sopportando, come ho fatto io, i mali del tempo presente; quello invece resti finché io venga a rendere a tutti i beni eterni. In modo più esplicito si potrebbe dire: L’attività perfetta mi segua ispirandosi all’esempio della mia passione; la contemplazione già iniziata attenda il mio ritorno, perché quando verrò essa raggiungerà il suo compimento. La religiosa pienezza della pazienza segue Cristo fino alla morte, la scienza invece resta finché verrà Cristo, perché solo allora si manifesterà la sua pienezza. Qui nella terra dei mortali, noi sopportiamo i mali di questo mondo; lassù, nella terra dei viventi, contempleremo i beni del Signore. Però la frase: Voglio che lui rimanga finché io venga, non è da intendere nel senso di continuare a stare, o di dimorare qui, ma nel senso di aspettare e di sperare, perché la vita eterna, che in Giovanni viene simboleggiata, non raggiunge ora il suo compimento, ma lo raggiungerà quando sarà venuto Cristo. Ciò che viene raffigurato, invece, per mezzo di Pietro, al quale vien detto: Tu seguimi, se non si compie nel tempo presente, non si raggiunge ciò che si spera. In questa vita attiva quanto più amiamo Cristo, tanto più facilmente veniamo liberati dal male. Ma Cristo ci ama meno nelle condizioni in cui siamo ora, e perciò ce ne libera affinché non abbiamo ad essere sempre così. Nello stato in cui saremo allora, ci amerà di più, perché in noi non vi sarà più niente che gli sia sgradito, e che egli debba allontanare da noi. Qui in terra il suo amore tende a guarirci e a liberarci da ciò che egli in noi non ama. Quindi ci ama meno qui, perché non vuole che qui rimaniamo; ci ama di più lassù, perché vuole che là andiamo, e da dove vuole che mai ci allontaniamo. Amiamo Cristo come Pietro, per essere liberati da questa condizione mortale; chiediamo di essere da Cristo amati come Giovanni, per ricevere la vita immortale.” (Dal cap. 5 dell’Omelia 124 di Sant’Agostino sul Vangelo di S.Giovanni)
Capo d’Orlando, 07/06/2014 Dario Sirna.