IL CANYON E LA CASCATA DEL TORRENTE PLATANI
A distanza di circa un anno siamo ritornati all’interno del canyon del torrente Platani per ammirarne la bellezza della cascata. Su questo Torrente abbiamo già prodotto una documentazione completa reperibile nel sito attraverso la funzione interna “cerca”. Il reportage di oggi ripropone questo itinerario escursionistico per la sua particolare bellezza e per lo spirito di avventura che esso offre in questo periodo invernale. |
L’escursione richiede obbligatoriamente l’uso degli stivali alti. Si raccomanda massima prudenza perché le rocce del canyon rimanendo sempre all’ombra sono umide e molto scivolose. L’escursione è di media difficoltà, ma non è consigliata né piccoli né ad adulti che non abbiano una discreta forma fisica. Le difficoltà del fiume devono essere affrontate in perfetta serenità, senza fretta, con grande pazienza, sacrificio e ponderazione. Il cammino non presenta ostacoli insormontabili, ma richiede attenzione e calma, specie nei passaggi ove l’accesso sembra fisicamente impedito. Consigliamo di entrare nel torrente dalla sua parte più a valle ed esattamente dal ponte della S.S. 113, zona Torrenova. Qui poco prima del ponte esiste lato monte una strada comunale che dà accesso al torrente. Dopo un breve tratto su sterrato la strada si ferma. A questo punto occorre parcheggiare l’auto e proseguire a piedi portandosi sulla sponda opposta del torrente. Per raggiungere il Canyon è necessario dapprima superare una briglia di cemento alta quasi tre metri. Tale passaggio può essere evitato se ci si porta sui fondi della sponda occidentale. Una volta superata la briglia il torrente si muove in mezzo a massi di medie dimensioni fiancheggiato da pareti rocciose laterali che talvolta diventano veri e propri strapiombi. Lungo il cammino la sponda orientale del torrente è dominata dal versante ovest del Serro Coniglio, o meglio da ciò che è rimasto di tale versante, ancora oggi interessato dal cantiere di estrazione di una cava di sabbia. La sponda occidentale del torrente, invece, è integra ed è collegata alle prime rocche del poggio di San Marco D’Alunzio. In tutta la vallata prevalgono però le bellissime guglie del Serro Coniglio. La forma e la struttura di questa rocca sono uniche e molto affascinati. Siamo nel territorio delle Rocche del Crasto, di cui il Serro Coniglio rappresenta sicuramente una delle prime rocche che si incontrano salendo dal Tirreno verso l’entroterra. La sua particolare forma, perfettamente spianata sull’altopiano sommitale e vertiginosamente ripida sul perimetro esterno, arricchita di numerose guglie di grandi dimensioni emergenti dal costato laterale, gli conferisce una bellezza singolare che si riflette su tutto il contesto circostante e in modo preponderante nel canyon del torrente Platani. La bellezza di quest’ultimo non deriva dunque solo dalla conformazione del propria del greto torrentizio, ma anche dalla presenza di questo eccellente soggetto paesaggistico. All’interno del canyon, prima di giungere alla cascata, le acque del fiume rotolano in mezzo a un percorso ricco di salti e di rimbalzi da una roccia all’altra. Cascate di piccole dimensioni e modeste piscine si alternano a tratti con lieve pendenza offendo così un paesaggio in continua evoluzione, sempre interessante, mai ripetitivo, mai monotono. Dal punto di vista fotografico il fiume si presta molto bene a scatti di vario tipo, specie a quelli con tempi lunghi, grazie alla bassa luminosità del canyon. La modesta portata del torrente consente di effettuare riprese anche dall’interno del greto posizionandosi sulle rocce che emergono dalle acque. La zona più importante è sicuramente quella prossima alla cascata. Già un centinaio di metri prima di quest’ultima il torrente comincia a innalzare il suo greto superando dislivelli sempre più grandi in corrispondenza dei quali dà origine a cascate di modeste dimensioni. Tra di esse corre l’obbligo di segnalare la presenza di un salto ingrottato all’interno di un accavallamento di grandi massi. La cascata misura circa quattro metri, ma non è visibile se non avvinandosi al punto in cui le acque precipitano a valle. In questo tratto il torrente scompare sotto una frana di rocce considerevoli, di cui le più grandi si appoggiano alla parete occidentale del canyon. La cascata occupa il vuoto rimasto tra questa parete e i massi, ma è in gran parte coperta da questi ultimi. Per vederla occorre inserirsi in tale cavità. A monte il torrente riprende a muoversi in piano fino a raggiungere la cascata più grande, un salto di circa dieci metri, che si getta in verticale da uno strapiombo roccioso molto colorato. Tale strapiombo sbarra trasversalmente il canyon e divide la parte bassa dello stesso dalla sua parte alta. La gola superiore è molto stretta, chiusa tra due pareti rocciose alte e invalicabili, le acque non hanno scelta, sono costrette a gettarsi giù dall’unico varco esistente. L’ampiezza di questo varco è ristretta, tanto che in presenza di una piena la portata del fiume subisce in questo passaggio una forte strozzatura che aumenta la pressione della cascata e ne allunga la gittata. Ciò spiega le dimensioni della piscina sottostante. Il contesto in cui si trova la cascata è molto affascinate, sul lato orientale del canyon le pareti rocciose sono sostituite da una grande pietraia di massi di tutte le dimensioni. In prossimità del greto fluviale, nel punto più basso, si trovano le rocce più grandi. Questa scarpata, con il suo aspetto violento di rocce che rovinano giù dal costone del Serro Coniglio, si impone come una “cascata” di massi pronta a sbarrare il corso d’acqua. L’evento è solo minacciato in quanto anche se dovesse accadere la forza dell’acqua nel tempo troverebbe il modo di riscavarsi il suo percorso e di liberarsi il campo, riprendendosi così tutto il suo spazio. La bellezza del posto merita numerose pause contemplative in cui è possibile gustare il fascino e l’armonia del creato e approfondire il rapporto interiore con il Creatore. Preghiera e lode nascono spontanei e si esprimo inconsapevolmente attraverso l’apprezzamento di ogni particolare.
Capo d’Orlando, 22/01/2014
Dario Sirna.
Con la collaborazione di Sebastiano Mirici