SALMO 70
Buongiorno a tutti,
oggi camminiamo nella direzione tracciata dal Salmo 70, di seguito riportato:
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio,
dal pugno dell’uomo violento e perverso.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno:
a te la mia lode senza fine.
Per molti ero un prodigio,
ma eri tu il mio rifugio sicuro.
Della tua lode è piena la mia bocca:
tutto il giorno canto il tuo splendore.
Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia,
non abbandonarmi quando declinano le mie forze.
Contro di me parlano i miei nemici,
coloro che mi spiano congiurano insieme
e dicono: «Dio lo ha abbandonato,
inseguitelo, prendetelo: nessuno lo libera!».
O Dio, da me non stare lontano:
Dio mio, vieni presto in mio aiuto.
Siano svergognati e annientati quanti mi accusano,
siano coperti di insulti e d’infamia
quanti cercano la mia rovina.
Io, invece, continuo a sperare;
moltiplicherò le tue lodi.
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza,
che io non so misurare.
16 Verrò a cantare le imprese del Signore Dio:
farò memoria della tua giustizia, di te solo.
17 Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.
18 Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi,
o Dio, non abbandonarmi,
fino a che io annunci la tua potenza,
a tutte le generazioni le tue imprese.
19 La tua giustizia, Dio, è alta come il cielo.
Tu hai fatto cose grandi: chi è come te, o Dio?
20 Molte angosce e sventure mi hai fatto vedere:
tu mi darai ancora vita,
mi farai risalire dagli abissi della terra,
21 accrescerai il mio onore
e tornerai a consolarmi.
22 Allora io ti renderò grazie al suono dell’arpa,
per la tua fedeltà, o mio Dio,
a te canterò sulla cetra, o Santo d’Israele.
23 Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra
e la mia vita, che tu hai riscattato.
24 Allora la mia lingua tutto il giorno
mediterà la tua giustizia.
Sì, saranno svergognati e confusi
quelli che cercano la mia rovina.
La cosa che più colpisce di questo Salmo è la immutata condizione di umiltà del Salmista durante tutto il corso della sua vita, evidente segno di una fede profonda e sempre viva. Egli dal giorno della sua nascita fino al giorno della sua vecchiaia e morte si pone di fronte a Dio con l’atteggiamento del peccatore e del bisognoso che riconosce la sua miseria e cerca disperatamente il suo Salvatore. Questa brama di Dio è veramente esemplare e corrisponde ad una beatitudine, la beatitudine del poveri di spirito, a cui appartiene il regno dei Cieli. E’ una condizione invidiabile perché permette a Dio di rendersi sempre presente nella nostra vita. Tale condizione scaturisce dalla forza di essere di fronte a se stessi quello che si è, dalla forza della propria condizione di miseria, dalla forza di chi ha sperimentato l’aiuto divino e ha scelto di rinunciare a se stesso per appoggiarsi sempre al sostegno del Signore. Forza che scaturisce dal confronto tra il cuore del Signore e il nostro cuore, un confronto che non può che condurci a rinunciare a noi stessi per essere solo e pienamente di Cristo. Forza di chi ha assaggiato l’Amore e non desidera più altro nella vita che restare al suo convito, là dove l’amore offre se stesso come cibo di salvezza ad ogni uomo del mondo. La miseria della condizione umana accompagna l’uomo dal giorno del suo concepimento al giorno della sua morte, ed è la vera fortuna dell’uomo, la grazia più grande fatta da Dio all’uomo, perché solo tramite essa l’uomo rinuncia ad un percorso individuale, superbo ed egoistico per rifugiarsi totalmente in Dio. Se la nostra miseria, la nostra povertà, i nostri limiti e la nostra debolezza non fossero talmente debilitanti da ridurci ad elemosinare l’amore e l’aiuto di Dio, noi saremmo le creature più povere della Terra perché resteremmo chiuse nel nostro orgoglio e nel nostro io, non permettendo alla nostra anima di incontrare e vivere l’amore vero, di essere cioè nelle mani e nel cuore del Signore. Il Salmista con la sua testimonianza d’amore per il Signore ci illumina proprio su tale argomento, facendoci comprendere che il bisogno di Dio non appartiene ad un’età, ma a tutta la vita, perché ogni età è un’occasione propizia per stare al cospetto di Dio, per cercarLo, per sperimentare il suo intervento salvifico, per gustare la bellezza della sua misericordia, per essere solo ed esclusivamente di Dio. Il Signore desidera l’uomo indipendentemente dalla sua condizione di salute e di anzianità. Il Salmista evidenzia come anche l’età della vecchiaia sia minacciata dal pericolo della superbia e dell’autosufficienza e come essa perciò rappresenti un’occasione per rispondere positivamente alla chiamata di Dio. Il cuore e l’anima dell’uomo non hanno età, essi con conoscono la vecchiaia, contrariamente al corpo, e proprio per questo sono sempre bisognosi di amore e di contatti con Dio. L’anima è rivitalizzata dall’amore, la sua salute dipende solo ed esclusivamente dal rapporto con Dio, la sua giovinezza è strettamente legata all’eternità di Dio. Più l’anima si nutre di Amore e più cresce in Esso. Il nostro bisogno di Amore, a causa della insoddisfazione generata dalla nostra condizione di miseria, è sempre alto, indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale, dal luogo in cui ci troviamo, dalla salute e dai successi della vita. L’anima deve cominciare a temere per se stessa solo nel momento in cui non avverte più la sua miseria e non sente più il desiderio di Dio, la brama e il bisogno di cercare aiuto e rifugio nel Salvatore. Raggiungere la condizione della pace interiore, del benessere spirituale, ossia della sazietà d’amore, senza avere Dio nel cuore, è una pericolosissima illusione, un inganno del maligno che travia l’anima per tenerla lontana da Dio. Analogamente pensare di essere esenti da colpe contro l’Amore, pensare di condurre una vita retta e giusta, non sentire più il peso della propria condizione di miseria, mentre l’umanità intera e totalmente schiacciata da questo possente macigno, è un segno grave di allontanamento da Dio. L’uomo che vive in Dio e di Dio, anche quando non ha peccati personali (il che non è mai vero), sente nella sua anima tutto il peso e la zavorra dei peccati del mondo e al vederli se li carica sulle spalle, li fa suoi, soffre interiormente per essi e implora l’aiuto di Dio per il mondo come per se stesso. Nessuna preghiera può essere elevata a Dio con forza come la preghiera di chi vive direttamente in prima persona un dramma. Se il dramma del mondo non diventa il nostro dramma personale non avremo mai quella forza interiore e quell’interesse del cuore per essere ascoltati da Dio con efficacia. Nessun anima può veramente sentirsi appagata e felice fino a quando non lo saranno tutte le anime del mondo, fino a quando tutte le anime del mondo non avranno capito che in Cristo è la loro salvezza e la loro felicità. In tal senso l’Amore crea nel cuore del fedele un forte disagio per tale condizione, disagio che diventa dolore e sofferenza. La miseria dei nostri fratelli deve essere la nostra miseria, mentre il nostro appagamento d’amore deve essere l’appagamento del loro cuore. In questo scambio in cui cediamo Cristo al nostro prossimo in cambio dei suoi peccati, ci rendiamo strumento che si offre a Dio per il perpetuarsi dell’incontro salvifico tra Cristo e l’uomo.
Capo d’Orlando 16/01/2013
Dario Sirna