MATTEO 12, 13 – 21
Buongiorno a tutti,
i passi di questo nuovo giorno seguono il cammino descritto dai seguenti versi del Vangelo di Matteo:
“13Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui».19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene.21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.”
A volte abbiamo un’idea strana della provvidenza di Dio e della sua manifestazione nella nostra vita. Pensiamo che provvidenza divina sia l’abbondanza del cibo e della sua varietà, la ricchezza, il benessere, il superfluo, l’inutile. Ovviamente ogni bene ci viene messo nelle mani da Dio, ma ci sono circostanze in cui il cibo scarseggia, non basta per tutti, la fame diventa un problema, la miseria e la povertà impediscono anche a chi ha buona volontà di lavorare di procurarsi il cibo. Nel brano di oggi vediamo come la provvidenza divina si manifesta attraverso le mani di Gesù. Di fronte alla necessità di offrire da mangiare a circa cinquemila persone il Signore avendo a disposizione solo cinque pani e due pesci, non chiede al Padre di imbandire un banchetto ricco di ogni tipo di vivande, ma benedice il Padre per i cinque pani e i due pesci, ottenendo così tramite la benedizione di quel poco che la provvidenza aveva messo a disposizione di sfamare e saziare 5.000 persone e di raccogliere anche una quantità eccezionale di avanzi. Il dodici come sappiamo rapprenda la pienezza. Dunque dodici ceste di avanzi significano un’abbondanza di cibo oltre ogni aspettativa, ossia la capacità di sfamare con abbondanza tutti, il mondo intero, l’umanità intesa nella sua estensione temporale e geografica, senza lasciare insoddisfatto nessuno. Senza fare riferimenti al pane Eucaristico, leggiamo in questo brano un insegnamento che ci permette di comprendere cosa significa veramente avere fede, cosa significa veramente credere, cosa significa veramente la parola provvidenza. La realtà di fronte alla quale Cristo ci pone ci mostra un Dio che si rende vicino e prossimo a tutti coloro che sanno ringraziarlo e benedirlo di tutti i beni che egli elargisce a ciascuno di noi, a cominciare dall’aria che respiriamo per finire al cibo di cui ci nutriamo. Nulla, per quanto da noi faticato e sudato ci è dovuto, ma tutto, compreso il bagliore tenue della luna nella notte, e il caldissimo raggio di sole nel giorno, è dono gratuito di Dio. Secondo questo modo di vedere la realtà, ogni giorno, svegliandoci dal sonno della notte, dovremmo benedire Dio per tutto quello che ci circonda e per tutto quello che Egli manda nella nostra vita. Forse le cose che abbiamo ci sembrano dovute, scontate, perché indispensabili alla nostra sopravvivenza, ma la vita dell’uomo è così precaria che solo una benevolenza divina la può mantenere in essere. Le condizioni in cui la vita umana prospera dipendono da un delicatissimo equilibrio, frutto di una complica combinazione di fattori. La semplice mutazione di uno solo di questi fattori ha ripercussioni impensabili sul nostro benessere e sul nostro esistere, pertanto il loro mantenimento è espressione chiara ed inequivocabile non del caso, ma di una volontà ben precisa, una volontà superiore, una volontà divina, la quale provvede alla realizzazione e al mantenimento di queste condizioni. Provvidenza di Dio è dunque l’esistere, l’essere venuti al mondo, vivere, crescere, amare, conoscere Dio, amarlo, stringersi a Lui, stare con Lui. Tutte quelle condizioni e quelle situazioni, anche le più sconvenienti e difficili secondo il nostro punto di vista, che ci permettono di realizzare l’incontro con il Signore, che ci consentono di conoscerlo, di apprezzarlo, di amarlo, di desiderarlo, di stare con Lui e di stringerci attorno a Lui sono allora segno di una provvidenza Celeste il cui unico scopo è quello di condurci verso la Verità e l’Amore. Dio si manifesta nella nostra vita rendendosi vicino alle nostre necessità e ai nostri bisogni non secondo una logica di mantenimento o di schiavitù, ma secondo una logica di crescita che mira a renderci partecipi della sua vita eterna. Dio non ci considera creature da Lui volute per passatempo, canarini da tenere in gabbia, cani da coccolare per la compagnia, ma figli chiamati ad una dignità superiore, figli nel Figlio Suo, Suoi eredi, cittadini della Sua Casa Celeste, commensali della sua Mensa. Egli ci vuole innalzare al di sopra di tutto per metterci al pari di se stesso, aprendoci così alla meravigliosa realtà dell’Amore. Ciò avviene solo ed esclusivamente tramite Cristo, la cui vita offerta al Padre per noi è il vero pane che ci nutre del Suo corpo e il vero vino che ci disseta con il Suo sangue.
Capo d’Orlando, 05/08/2013