SIGNORE ASCOLTA LA MIA SUPPLICA

SALMO 6

Buongiorno a tutti,

i passi del cammino di oggi si muovono nella direzione indicata dal Salmo 6, di seguito riportato:

Signore, non punirmi nel tuo sdegno, *

non castigarmi nel tuo furore.

Pietà di me, Signore: vengo meno; *

risanami, Signore: tremano le mie ossa.

L’anima mia è tutta sconvolta, *

ma tu, Signore, fino a quando?

Volgiti, Signore, a liberarmi, *

salvami per la tua misericordia.

Nessuno tra i morti ti ricorda. *

Chi negli inferi canta le tue lodi?

Sono stremato dai lungi lamenti, †

ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, *

irroro di lacrime il mio letto.

I miei occhi si consumano nel dolore, *

invecchio fra tanti miei oppressori.

Via da me voi tutti che fate il male, *

il Signore ascolta la voce del mio pianto.

Il Signore ascolta la mia supplica, *

il Signore accoglie la mia preghiera.

Arrossiscano e tremino i miei nemici, *

confusi, indietreggino all’istante.

Il Salmo è una intensa preghiera di salvezza innalzata a Dio in una difficile condizione di dolore. L’Orante sperimenta il dolore opprimente della sofferenza fisica dovuta alla malattia e alla vecchiaia, ma nella condizione di impotenza e solitudine in cui egli si viene a trovare compie un importante cammino che lo aiuta a riflettere su se stesso, sulla sua condotta, sui suoi rapporti con gli altri, sulle sue forze, sulle forze e l’aiuto che può ricevere da chi gli sta vicino e sul suo rapporto con Dio. La malattia, il dolore e l’infermità mettono l’uomo di fronte alla verità di se stesso e del mondo, costringendo l’individuo ad arrendersi a Dio e a tornare a lui solo. La malattia diventa, dunque, per l’Orante e per ogni uomo che la incontra uno stimolo alla crescita, una scuola di vita, un invito alla sapienza e uno strumento di riconciliazione con Dio e con la realtà. Troppo spesso il vigore giovanile e la forza della salute ci spingono a camminare nella via della superbia e dell’egoismo, facendoci sentire autosufficienti, non bisognosi di Dio. L’effetto è che il peccato diventa nostro pane quotidiano, mentre l’amore viene soffocato. Nell’ora della malattia e della vecchiaia le forze vengono meno e anche lo spirito comincia a vacillare di fronte allo spettro della sofferenza indomabile. Dio rimane l’ultima e l’unica speranza dell’uomo. L’uomo si aggrappa alla fede e confida nella misericordia di Dio, a cui, come l’Orante si rivolge con atteggiamento di supplica accorata. Il letto della sofferenza diventa, allora, per il Salmista incontro con Dio nella preghiera di perdono e di guarigione fisica e spirituale. L’Orante comprende anche la sua debolezza nei confronti delle insidie e delle tentazioni del mondo. Il pentimento nel suo cuore è profondo e al pianto per il dolore fisico della malattia si unisce il pianto per la contrizione del cuore che l’esame della coscienza produce nella sua anima. Egli, ora vuole mantenersi sempre fedele a Dio, vuole restare saldo nell’amore, vuole allontanarsi per sempre dalle vie del male. La sua preghiera si arricchisce allora dell’importante richiesta innalzata a Dio di una guarigione dell’anima e di una contemporanea benefica liberazione da tutti coloro che gli stanno accanto e che lo spingono, con la loro condotta e il loro esempio, a cedere al peccato. Il cammino proposto dal Salmista è dunque un cammino di salvezza che, partendo dalla necessità della guarigione fisica, attraverso l’amara esperienza del dolore, approda alla meta della salvezza dell’anima, della ripugnanza del male, della riconciliazione con Dio e del ritorno all’amore. L’Orante nel Salmo si rivolge a Dio come uno che sembra aver compreso la lezione della vita, e cioè che senza Dio la vita dell’uomo perde ogni significato e ogni valore. Egli riconosce la sua debolezza e la sua fragilità di fronte alla tentazione del peccato e consapevole che da solo non può procurarsi il bene e la salvezza cerca affannosamente aiuto da Dio. Riconoscendo le sue colpe non può che sperare nella misericordia di Dio per cui, quasi “astutamente”, interroga il Signore per anticiparne e assicurarsene l’intervento salvifico, mentre con le espressioni del dolore ricorda a Lui la sua condizione quasi terminale causata dalla malattia e ne stimola, così, la pietà. Il Salmo ci insegna ad accettare dalla vita anche le sofferenze che essa ci impone, considerandole non strumento di punizione usato da Dio per castigare i nostri peccati, ma opportunità di crescita nell’amore e nel dono di sé. La sofferenza ci riconduce alla verità della nostra labile realtà umana, ci insegna ad affidarci a Dio in tutto ciò che facciamo, a comprendere e accogliere la sua volontà e ad aprire il nostro cuore all’amore, alla misericordia, alla pietà, alla carità e alla fraternità. E’ con il prezzo caro della durissima sofferenza della passione che Cristo ha consegnato a noi la testimonianza dell’amore vero, quello di chi dona la vita per gli amici. Tra tutte le sofferenze cui l’uomo poteva andare incontro nella sua esistenza a causa del suo cammino terreno, Dio ha riservato a se stesso, preservandoci da esse, le insostenibili sofferenze della nostra redenzione. Inoltre, grazie all’offerta del sacrificio di Cristo, noi siamo stati liberati dal dolore più grande cui potevamo incorrere nella nostra vita, quello di chi, sceso negli inferi, non può più cantare le lodi di Dio perché in mezzo ai morti Ne ha perso pure il ricordo.

Capo d’Orlando, 20/11/2012

Dario Sirna

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