LUCA 17, 7-10
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi è nutrito e sostenuto dai seguenti versi del Vangelo di Luca:
“ 7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? 8Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».”
C’è all’interno della vita di ogni uomo un’essenza che spesso scorre invisibile e che dà significato al nostro vivere. Le nostre fatiche quotidiane sembrano a volte muoversi disgiuntamente da tale essenza creando in ciascun individuo una doppiezza di vita. Tale doppiezza separa l’amore dalla vita, la fede dal sentimento, Dio dal nostra intimità, la nostra intimità dal nostro agire. Capita allora che il nostro vivere diventa simile a quello di uno schiavo che lavora per comando e che per comando annulla se stesso trasformandosi in una macchina. Ciò accade in maniera evidente con il peccato. Quando il nostro cuore viene assoggettato al male e al peccato esso trasforma la nostra vita in qualcosa di completamente diverso da quello che la nostra anima desidera. C’è all’interno di ogni uomo una sorta di disagio tra ciò che l’amore ci chiama a vivere e ciò che invece il peccato ci costringe a subire con imposizione. Questo disagio genera confusione e la confusione fa perdere il vero senso di libertà. Si perde cioè nel cuore il senso di quella gioia immensa che viene solo ed esclusivamente dall’arte di amare e di donarsi totalmente agli altri ad imitazione di Cristo Gesù. Perso questo grandissimo valore ogni nostra attività diventa per noi un mezzo per trarre profitto. La logica della ricompensa, la logica dell’interesse, la logica della paga è una logica totalmente opposta alla logica della gratuità dell’amore. Capita allora che per darsi importanza l’uomo abbia bisogno di riscuotere soddisfazioni e appagamenti tramite una ricompensa ben determinata e monetizzata. Questo modo di ragionare è completamente opposto all’essenza dell’amore. Secondo l’amore l’uomo riceve continuamente da Dio una mole così grande e incalcolabile di doni gratuiti che nulla egli può fare con la sua vita per raggiungere il pareggio del contraccambio. Ecco allora che chi avverte dentro se la grandiosità dell’amore riversato da Dio su di lui e sul mondo intero non ha altro interesse nella sua vita che corrispondere a tale Amore ed entrare in comunione con Lui. La luce di Dio illumina immediatamente la sua vita e questa appare frutto di una Volontà benevola tutta impegnata nell’amore. Si stabilisce allora con Dio una relazione in cui l’Altissimo seduce, corteggia e attenziona l’anima della persona allo scopo di stringere con essa una comunione di vita reciproca. La parola comunione ha un significato molto preciso ed alto. Essere in comunione significa condividere, ossia mettersi sullo stesso piano, essere la stessa cosa, essere una sola cosa indivisa. Dio ha creato l’uomo per questo scopo e lo chiama perciò a rendersi partecipe della sua condizione divina sollevandolo tramite Cristo dalla sua condizione terrena. Da ciò si vede immediatamente che il tipo di relazione a cui Dio chiama ogni uomo non ha niente a che vedere con la relazione esistente tra un padrone e uno schiavo, in quanto tutto viene dato all’uomo gratuitamente, a cominciare dalla vita stessa e dal respiro, e questi non ha nulla di suo che non abbia ricevuto gratuitamente da Dio. Il cuore dell’uomo è perciò invitato spontaneamente e senza costrizione alcuna a rispondere all’immensità del bene ricevuto accogliendolo a braccia aperte, con grande gratitudine e nella perfetta consapevolezza di non aver fatto nulla per meritare quanto ottenuto, di non avere guadagnato nulla con il suo servizio, e di non potere far nulla di simile per ricambiare un amore così grande. L’inutilità del servizio umano consiste proprio nel prendere coscienza della immensa generosità di Dio della sua misericordia e del suo infinito amore. Di fronte a tutte queste realtà, le nostre fatiche, per quanto grandi, sono un nulla che non stabilisce le regole del gioco, che non determina l’entità del salario ricevuto, che non ci merita nessuna delle grazie di Dio. Ma l’obiettivo del cristiano non è affatto quello di sentirsi realizzato per i meriti del suo servizio, quanto invece quello di aprire incessantemente il suo cuore all’amore per accaparrasi da Dio una grazia sempre più grande. Qui non si ragiona in termini di servizi da rendere per le ricompense ricevute , ma si corre, si deve correre sempre più velocemente verso la meta del Paradiso con un insaziabile avidità d’amore nel tentativo di appagare tale desiderio e nel contempo di accrescerlo sempre di più per un appagamento sempre più grande. La sorgente divina dell’amore è il luogo verso il quale dobbiamo costantemente tendere cercando di arrivarvi con una sete sempre più grande. In tutto ciò qual è il nostro merito per il dono ricevuto? Nessuno, perché con Dio tutto è per noi un guadagno e un premio e nulla è un servizio.
Capo d’Orlando, 12/11/2013
Dario Sirna.