“SIAMO SERVI INUTILI” – LA RINUNCIA DEL PAPA

LUCA 17, 5-10

 

Buongiorno a tutti,

il cammino di  fede di oggi ci impone di affrontare il grande passo compiuto dal Papa Benedetto XVI con la “Rinuncia al ministero petrino”  e di seguirlo in questo grande cammino di crescita nella fede. La Parola di Dio che ci viene in aiuto è contenuta nei seguenti versi del Vangelo di Luca:

“5Gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe.
7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? 8Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».”

Alcuni giorni fa un mio caro amico, compagno prezioso di escursioni, mi ha chiesto come mai non avevo ancora pubblicato nulla su camminoin.it relativamente alla Declaratio del Papa Benedetto XVI. Risposi che l’argomento, sicuramente sconvolgente per tutto il mondo cattolico e religioso, pur avendomi scosso profondamente, non mi dava l’autorità di intromettermi in una problematica così grande, vasta e importante, nella quale mi sarei mosso senza una veritiera conoscenza della situazione e quindi non senza pregiudizio. Era mia convinzione, infatti, che la valutazione corretta  della scelta del Papa doveva essere conseguente alla conoscenza delle motivazioni di fondo che ne erano causa.  Devo dire che tale era la mia posizione sul nostro amatissimo Pontefice fino ieri, quando  partecipando alla celebrazione liturgica serale tante verità hanno finalmente illuminato il mio cuore. La prima cosa che ho compreso è  che in questa situazione l’errore più grande che è stato  fatto un po’ da tutti è stato quello di mettere in dubbio la verità dichiarata dal Papa. Tutti, o quasi, infatti, abbiamo cercato nella scelta effettuata dal Papa una verità nascosta, una verità diversa da quella consegnataci da Benedetto XVI, sicuri che la sua scelta fosse motivata da chissà quali gravi problemi esistenti all’interno della Chiesa, dalla sua incapacità di affrontarli, dalla sua volontà di tenersi  lontano da tali responsabilità.   Questo atteggiamento comune è stato gravissimo, noi fedeli battezzati e seguaci di Cristo abbiamo messo in dubbio le parole del nostro Papa e lo abbiamo accusato di debolezza nella fede e nella sequela di Cristo Crocifisso. Questa situazione deve spingerci a riflettere profondamente sulla nostra fede, sul rapporto con la Chiesa, sulla nostra scarsa considerazione dell’apostolato del Pontefice. È veramente grave non avere fiducia nel nostro pastore, è segno che camminiamo su vie lontane da quelle indicateci da Dio, è segno che ci siamo ribellati alla nostra guida e che stiamo camminando su sentieri personali che non portano da nessuna parte. Sicuramente il passo compiuto dal Papa è innovativo, segna un cammino diverso da quello millenario seguito dagli altri Pontefici e ciò ci ha disorientato, ma il passaggio da uno stato confusionale a uno stato di sfiducia è inqualificabile e grave. Per questo motivo dobbiamo chiedere scusa e perdono a Benedetto XVI e a Dio per la nostra malvagia posizione e per la nostra deviata convinzione. Oggi crediamo che questo Papa sia stato uno dei Papi più grandi di tutti i tempi e crediamo che questa sua grandezza sia da ricercare proprio nella sua “Declaratio”. La rinuncia al ministero petrino, infatti, apre nella Chiesa un’era nuova, un’era di grandi riforme e di importanti passi di crescita nel cammino della fede. La Declaratio di Benedetto XVI ci ha ricordato che la Chiesa è di Cristo e solo di Cristo, che il Papa è un servo di Dio, e che tale servizio non è in funzione del papato, ma al contrario che il papato è in funzione della Chiesa. E’ il ministero papale che deve mettersi al servizio della Chiesa e non il viceversa. Questo cosa significa? Significa che fino a quando un Papa riesce ad espletare con efficienza il suo ministero Egli ha l’obbligo di donarsi interamente alla Chiesa, ma significa anche che nel momento in cui il Papa non riesce più ad essere efficiente nel suo ministero, Egli ha l’obbligo di cedere il suo posto ad un altro Pontefice, idoneo a tale ministero. La Chiesa è di Cristo e non del Papa! Questa certezza ha diversi significati. Primo tra tutti che se anche un Papa abbandonasse la Chiesa Cristo la continuerebbe a guidare attraverso altre persone affinché gli inferi non prevalgano mai su di Essa. Ricordiamoci che Cristo è in grado di suscitare fedeli santi anche da pietre inanimate.   E’ promessa del Signore che la Chiesa per quanto sottoposta a infinite e gravi difficoltà non soccomberà mai alle forze del male, le quali sono state già sconfitte da Cristo per essa e quindi per tutti noi. In secondo luogo un Papa non è altro che un servo di Dio, servo per il quale valgono le parole del Vangelo di Luca sopra riportate. Come servo è sottoposto all’obbedienza fedele, amorevole e volontaria alla Parola di Dio, la quale non ci chiede di  dominare sul mondo ma di essere schiavi dei nostri fratelli. A tale riguardo nel Vangelo di Luca il Signore ci esorta così: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Questa Parola di Dio ci insegna che il nostro compito seppur “inutile” ha un senso solo nel momento in cui noi siamo in grado di “dare” a nostri fratelli quello di cui hanno bisogno, ciò significa che dobbiamo avere il coraggio, la fede, la coscienza e l’umiltà di metterci da parte quando ci rendiamo conto che non siamo più in grado di dare il nostro servizio e che questo può essere reso con migliore efficienza da un’altra persona. L’”inutilità” del nostro servizio ci mostra che la Chiesa è di Cristo e non nostra, che quello che facciamo per la Chiesa non ci autorizza a sentirci padroni di Essa,  ma ci permette solo di compiere un dovere, nei confronti del quale il nostro operato non è indispensabile. Cristo è l’unico vero membro di questo corpo indispensabile alla vita di tutto l’organismo. E’ l’assenza di Cristo che distrugge la Chiesa ed è la presenza di Cristo che fa la Chiesa. Alla luce di questa verità evangelica la Declaratio di Benedetto XVI è un grandissimo gesto di amore per Cristo e per noi tutti, in quanto ha come unica e sola motivazione il bene della Chiesa. Molti hanno parlato di coraggio e di umiltà, io ritengo invece che si tratti di amore purissimo, amore che sgorga da un cuore santo, intelligente, ispirato e innamorato, amore che non fugge di fronte al pericolo, ma che si abbandona totalmente a Dio nella piena convinzione che Dio solo è l’artefice del nostro bene e che solo in Dio la Chiesa trova la sua vita e la sua vittoria. Benedetto XVI con la Declaratio ci ha dato una grandissima lezione di fede e di amore, un insegnamento che con è più dottrinale e teologico, ma che è esempio pratico di vita vissuta, testimonianza di una scelta che è coerente alla fede, al cuore e a tutto quanto Egli fino ad ora ci ha insegnato. Veramente Benedetto XVI è un uomo di Dio, un grande santo, un uomo che crede fino in fondo alla Parola di Dio e che la mette in pratica dandoci un esempio di cosa significa seguire Gesù Cristo e servirlo fino alla Croce. Con la Declaratio il Papa, infatti, non  tornerà ad una vita privata, ma continuerà ad essere tutto di Cristo portando sempre la sua Croce e dando sempre tutto se stesso alla Chiesa attraverso il dono di tutte le forze a sua disposizione, sono solo queste che sono cambiate e si sono notevolmente affievolite. Dal Papa impariamo allora a dare anche noi alla Chiesa tutto di noi stessi e soprattutto cerchiamo di comprendere che la santità della Chiesa dipende anche dalla nostra santità, ossia dalla capacità che abbiamo di renderci partecipi della vera Santità, quella di Dio. Pretendiamo una Chiesa Santa, ma quale contributo diamo di noi stessi a tale santità?: La critica? Il pettegolezzo? L’accusa gratuita? Il nostro egoismo? I nostri interessi personali? Nel suo ultimo saluto Benedetto XVI ci ha invitato a guardare alla Chiesa come ad un corpo vivo, formato dalle nostre anime e ci ha chiesto di rinnovare tale corpo proprio a partire dal rinnovamento dei nostri cuori. In tal senso Egli, come nostro pastore, ha compiuto il primo passo, spetta ora a noi, gregge, seguirlo fino in fondo, fidandoci ciecamente della Parla di Dio.

Capo d’Orlando, 01/03/2013

Dario Sirna.

 

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