LUCA 4, 24 – 30
Buongiorno a tutti,
iniziamo il nostro cammino settimanale partendo dai seguenti versi del Vangelo di Luca:
“ 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». 28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.”
Cosa ci insegna questo brano del Vangelo? Ci insegna che di fronte alla novità di Cristo non possiamo restare fermi e ancorati alle nostre convinzioni, ma dobbiamo evolverci, rinnovarci, lasciarci coinvolgere, guidare, istruire. Quando un nostro amico improvvisamente da peccatore convinto e perseverante decide di convertirsi e di cambiare vita, volendo con questo imitare e seguire l’amore di Cristo, è giusto continuarlo a considerare e a pensare per come egli ha vissuto il suo passato? La nostra cattiva considerazione di lui non dovrebbe forse morire per lasciare spazio alla novità introdotta dal desiderio di santità manifestato dal nostro amico? Il Vangelo di oggi ci mostra chiaramente che nell’amicizia, e più che nell’amicizia nella conoscenza, la nostra forma mentale è troppo assoggettata al peso dell’inerzia. Un peso che difficilmente ci permette di rinnovarci e di accogliere nel cuore le novità annunciateci dal Signore. Questa inerzia spirituale e mentale è molto grave perché essa penalizza direttamente e indirettamente il nostro rapporto con Dio. Nel rapporto diretto con il Signore essa non ci permette di guardare al nostro Dio con un occhio di novità che significa crescita nella via dell’amore. Cristo non è un traguardo fisso, ma un traguardo mobile, un traguardo che una volta raggiunto apre alla nostra mente e al nostro cuore novità più grandi e impensabili, novità che richiedono nuovi sforzi spirituali e mentali, novità che ci permettono di aggiungere nuove posizioni nella scalata della vetta dell’amore. La nostra gioia consiste nello scoprire che raggiunta una meta, davanti ad essa se scorge una ancora più bella, una meta che ci attrae fortemente e che nel contempo ci chiede nuovo impegno e nuova apertura. Come quando si fa un’escursione nella natura e raggiunta una vetta dietro di essa se scoprono altre più alte e più belle, che aspettano solo di essere scoperte. La fede è un cammino che impegna tutta la nostra vita fino all’ultimo istante di essa, un cammino fatto di piccole conquiste quotidiane, davanti alle quali si aprono orizzonti nuovi e sempre più interessanti e affascinati. La novità dello Spirito annunciata da Cristo ci invita a spogliarci continuamente dell’uomo indossato il giorno precedente per rivestirci ogni giorno delle infinite novità offerteci dal Signore. In questo brano del Vangelo il Signore, con il suo atteggiamento, cerca di far comprendere ai suoi paesani la necessità di porsi di fronte a Lui con uno spirito nuovo e sempre vivo. La stessa cosa viene chiesta a noi nel nostro incontro quotidiano con Cristo e nel nostro incontro quotidiano con i nostri fratelli. Il nostro amore per Gesù non significa dunque possesso, Egli non è un bene nelle nostre mani, uno strumento di nostra proprietà per esaudire i nostri desideri e le nostre pazzie. Il nostro amore per Gesù significa, invece, crescita, cammino, fiducia totale in Dio, affidamento alle novità annunciate dalla sua Parola e accoglienza piena dello Spirito Santo, il quale ci rende proprietà assoluta di Dio e quindi suo strumento, suo mezzo, suo servizio.
Capo d’Orlando, 09/03/2015 Dario Sirna.