MARCO 6, 1-6
Buongiorno a tutti,
i seguenti versi del Vangelo di Marco ci indicano la direzione del nostro cammino in questo nuovo giorno:
“1 Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6aE si meravigliava della loro incredulità.”
Questo brano di Vangelo ci interroga singolarmente sull’idea che noi abbiamo delle persone che conosciamo da una vita e sulle reazioni che assumiamo circa le capacità che esse hanno di esprimersi diversamente da quanto noi ci aspettiamo da loro. Che improvvisamente un nostro fratello possa cominciare a parlare di carità, di bene, di fratellanza, di perdono, di misericordia, di povertà, di missione, di sequela, di guarigione, di preghiera, di ascolto, di generosità e di amore ci può senza dubbio lasciare perplessi se prima di allora non ha mai dato testimonianza di queste sue doti sapienziali e cristiane, ma se le sue parole e le sue opere sono davvero degne di una conversione esemplare e se esse sono sede di un contenuto dal valore strepitoso e non indifferente che senso ha negare il frutto per negare l’albero? Se improvvisamente un rovo lascia cadere le sue spine e al posto di esse emette germogli che portano fiori, colori, profumi, frutti e cibo, che senso ha rinnegare tali doni per negare l’identità di chi li offre? Come ai tempi di Gesù e come i suoi familiari vogliamo continuare anche noi oggi a negare la grande testimonianza d’amore di Cristo Gesù e i frutti da essa scaturiti nel corso di venti secoli di storia semplicemente per non voler riconoscere la sua divinità? Il Signore ci insegna nel Vangelo che un albero si riconosce dai frutti e non dall’aspetto. Se restiamo legati all’esteriorità delle cose e non cerchiamo di comprenderne la profondità e la ricchezza del loro messaggio non potremo conoscere la loro essenza e individuarne la loro identità. Il problema dei concittadini di Cristo Gesù è ancora oggi il problema di molti di noi. Siamo talmente scandalizzati dalla realtà meravigliosa di un Dio Amore che per darsi interamente ad ognuno di noi si fa uomo, viene a vivere accanto a noi, si rende partecipe delle nostre miserie, ci libera dai nostri peccati e dalle nostre schiavitù, si offre al posto nostro come vittima per l’espiazione delle nostre colpe, dona la sua vita in cambio della nostra, muore atrocemente sulla croce per consentire a noi di risorgere dopo la nostra morte naturale, che pur di non riconoscerlo incarnato nell’umanità di Cristo ci rifiutiamo di accogliere tutti questi meravigliosi doni, offertici gratuitamente. Anzi con grande scorrettezza e cattiveria lo rifiutiamo, lo offendiamo, lo rinneghiamo e lo cacciamo via dalla nostra vita accusandolo pubblicamente di stoltezza e di impostura. Eppure nonostante tutto ciò, non potendo Dio smentire se stesso, non potendo cioè Dio rinnegare l’Amore che gli sorge spontaneamente dal cuore, Egli continua a cercarci, continua a offrirci la sua amicizia, continua a chiedere di essere accolto nella nostra vita non per quello che noi pensiamo di Lui ma per quello che Egli è, e cioè per il nostro Salvatore. Il Vangelo di oggi ci sprona a guardare verso la fede non con l’occhio del sentimento, nè con l’occhio della simpatia, né con l’occhio della diffidenza, ma con l’occhio di chi a testimonianza di se stesso e del suo amore per noi ci porta delle prove inconfutabili, sorrette da parole non smentibili e rafforzate da testimonianze non negabili. Come infatti non trovare nel Vangelo di Cristo l’attuazione delle promesse dell’Antico Testamento? Come non trovare perfetta sintonia tra la Parola di Dio dell’Antica Alleanza e la Parola di Dio della Nuova Alleanza? Come non riconoscere in entrambe le due Alleanze la presenza di un’unica voce, di un’unica Parola, di un unico e identico Dio? Come non riconoscere nella vita, passione, crocifissione, morte e risurrezione di Gesù l’attuazione delle antiche profezie? Se non vogliamo credere a miracoli e ad altro non possiamo negare i fatti storici legati a queste eventi, fatti che esprimono solo ed esclusivamente la realizzazione di un progetto divino tutto improntato a ricolmare di amore la vita dell’uomo. L’invito alla conversione è allora invito a prendere coscienza di tutte queste realtà storiche e a trarre da esse la nostra fede. Questo processo non può che condurci a Cristo Figlio di Dio. Questo procedimento non può che aprirci gli occhi alla rivelazione dell’amore di Dio in Cristo Gesù portandoci sulla via della fede. I compaesani, parenti e amici di Gesù non avevano fede in Lui ed Egli non poté operare conversioni nei loro cuori, ma non per questo smise di amarli. Occorre partire da questo amore per sintonizzarsi con Dio e con Cristo, occorre guardare dentro il cuore del Signore per ricevere il dono della fede, cercandolo nel suo amore. Questa ricerca non è impossibile o difficile, anzi è semplicissima, perché in Dio l’Amore è sovrabbondante e chiaramente manifesto, ma occorre avvicinarsi a Dio alla ricerca solo di questo e non di altro, altrimenti si corre il rischio di non trovare nulla e di non incontrare nessuno.
Capo d’Orlando, 04/02/2015
Dario Sirna.