GROTTE NEL CANYON DEL FIUME PLATANI
Durante le varie escursioni compiute nell’alveo del fiume Platani abbiamo notato la presenza sul versante ovest del canyon di una struttura rocciosa singolare sia per forma che per tipologia di roccia. Questa formazione ci ha incuriosito parecchio, soprattutto per la sua insolita architettura. Considerata la sua distanza dal letto del torrente e soprattutto valutata la difficoltà dello strapiombo da scalare, per raggiungere la meta prefissata abbiamo deciso di dedicare a questa escursione un reportage a parte. |
Precisiamo subito che il posto è molto difficile da raggiungere e che i rischi dell’escursione sono molto alti a causa di una serie di fattori concomitanti. Alle difficoltà di cammino incontrate nel fiume si aggiungono infatti le difficoltà del versante da scalare, ripidissimo e selvaggiamente ricoperto di vegetazione. Una falda molto friabile, soggetta a continui movimenti franosi, instabile sia per il fondo su cui si cammina sia per le pareti rocciose che la sovrastano. Per giungere sul posto occorre entrare nel fiume dalla porta a valle, quella che si apre sul Tirreno, risalire il letto del torrente fino alla cascata, scalare la ripidissima e instabile pietraia di massi che si trova sul versante est di quest’ultima, ridiscendere nel fiume, sempre percorrendo irti versanti rocciosi, risalire il fiume per circa cinquecento metri e fermarsi all’altezza del grande tronco di legno che a mo’ di ponte sbarra il corso del torrente. A questo punto alzando gli occhi sul versante ovest del canyon risulta ben visibile un grande arco di roccia, emergente da una fitta vegetazione di macchie e arbusti. L’arco è allineato ad un costone roccioso molto particolare, avente le sue stesse identiche caratteristiche. La struttura della roccia che compone l’arco e tutto il sottostante costone a prima vista somiglia moltissimo al rudere antico di una fortezza, o di un castello, costruito con pietre di fiume assemblate senza cemento. L’arco e il costone roccioso sembrano, infatti, i resti antichi di un’importante struttura in muratura di pietra a secco. Affrontiamo la salita cercando un varco in mezzo alla folta vegetazione di rovi, canne e macchie varie. Durante la ripidissima salita siamo più volte costretti a tornare indietro e a intraprendere un percorso diverso, meno intricato e più semplice. Dopo tre tentativi riusciamo a superare la barriera di verde e raggiungiamo la base del costone roccioso, che si presenta facilmente percorribile. Mantenendoci allineati alla roccia ci muoviamo verso l’arco, ma in prossimità di quest’ultimo siamo costretti a rallentare il cammino a causa della notevole pendenza del terreno e della grande instabilità del fondo pietroso. La roccia vista da vicino somiglia ancora di più a una muratura in pietrame di fiume a secco, di eccellente fattura. Pietre e massi di tutte le dimensioni, di tutti i formati e di tutti i colori, sono compattati tra di loro e legati da un’invisibile malta naturale. L’effetto è sorprendente. L’erosione meteorica stacca continuamente dal costone roccioso le parti più friabili e più grosse facendole precipitare a valle sulle sponde della sottostante pietraia. Il costone roccioso a causa del distacco dei vari componenti lapidei che lo compongono ha assunto una forma particolare caratterizzata dalla presenza in cima di una mensola a sbalzo di circa un paio di metri. L’originalità della struttura è esaltata ulteriormente dalla presenza del grande arco. La sua struttura e il suo ancoraggio al sottostante costone roccioso ci fanno pensare che si tratti di una porzione dello stesso che nel corso degli anni o in seguito ad un particolare evento franoso ha perso la parte centrale, il cuore interno, lasciando attorno allo spazio vuoto generato dal suo crollo una cornice portante di roccia, avente la forma perfetta di un arco schiacciato in testa. Al centro l’arco ha un’altezza netta di circa cinque metri. Le condizioni di luce e soprattutto le difficilissime condizioni del terreno ci impediscono di effettuare degli scatti idonei a raffigurare esattamente la forma e le condizioni di tale struttura. Il terreno è talmente ripido e sdrucciolevole che occorre muoversi con grande cautela per evitare di scivolare giù nel burrone e da qui di arrivare direttamente nel fiume, con un volo di un centinaio di metri di altezza. Senza un appiglio è impossibile restare in piedi e scattare le foto. Attraversato l’arco, scopriamo, con grande sorpresa, che il costone roccioso a cui lo stesso è ancorato si apre alla sua base con una serie di grotte e caverne aventi la profondità di una decina di metri e la lunghezza complessiva di una ventina di metri. Le grotte sono tutte calpestabili ad altezza d’uomo e spesso superano abbondantemente anche i due metri d’altezza. Anche all’interno delle grotte la giacitura del fondo è molto ripida e difficile da calpestare, tanto da continuare a imporci un perenne stato di allerta. Il contesto generale di questa struttura rocciosa è dunque apprezzabile nella sua intera bellezza e in tutto il suo eccezionale fascino solo dall’alto della posizione raggiunta. Tutta la formazione retrostante l’arco risulta, infatti, non visibile né dal basso, né da altre postazioni. Le grotte al loro interno continuano a mantenere la stessa struttura rocciosa che presentano all’esterno, le loro pareti sembrano essere state scavate dall’erosione e dai crolli della rocca che le ospita, esse perciò hanno pareti interne ed esterne identiche all’arco, formate dal naturale assemblaggio di pietre, massi e terra di origine alluvionale. I ciottoli e il pietrame che costituisce queste pareti murarie sono perfettamente arrotondati e smussati, similmente ai depositi pietrosi del torrente, dal cui letto però si sollevano in quota di circa un centinaio di metri. Questo ambiente naturale così particolare e caratteristico è inserito in un contesto di eccezionale pregio paesaggistico. Dall’altezza raggiunta, infatti si domina, come in un volo aereo, l’intero canyon del Platani, mentre sul versante opposto si innalza la bellissima corona rocciosa del Serro Coniglio. Dalla posizione guadagnata le alte e verticali pareti rocciose del Serro si stagliano di fronte a noi con un armonioso gioco di guglie e di torrioni, che conferiscono alla montagna un austero aspetto fortificato. Oltre le cave del Serro Coniglio la valle si apre gioiosamente sulla piana bagnata dal Tirreno. La costa, con l’agglomerato urbano di Torrenova, contrasta fortemente con la natura solitaria e selvaggia di questo pittoresco canyon siciliano. La bellezza di questa natura così aspra e violenta ci richiama immediatamente all’onnipotenza di Dio. Sentiamo nel nostro cuore tutta la debolezza della condizione umana e avvertiamo la necessità impellente della protezione divina. Il creato annunzia ai nostri cuori la presenza del Signore, facendoci comprendere come il vero significato delle cose e della vita risieda proprio in tale importante presenza. Lo splendore della vallata si innalza verso il Cielo per cantarne le lodi e, nel contempo, per riceve dal Cielo quella luce che gli dà la vita e che ci trasmette Dio. Questa dipendenza della natura dall’Amore di Dio entra nella nostra anima per farci comprendere che senza Dio la nostra vita è svuotata della ricchezza dell’Amore e non ha più significato.
Capo d’Orlando 08/01/2013
Dario Sirna