IL CHICCO DI GRANO

GIOVANNI  12, 24-26

Buongiorno a tutti,

oggi il nostro cammino prende la direzione indicata dai seguenti versi del   Vangelo di Giovanni:

“ 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.

Nell’esempio del chicco di grano sembra esserci una contraddizione tra la parola morte e la parola solo. La solitudine noi la associamo sempre all’isolamento e nella nostra cultura comune l’isolamento più grave è quello della morte, in quanto quest’ultima segna il distacco da tutte le persone viventi. Qui, il Signore, invece, dice proprio il contrario, parla di una morte che invece di produrre distacco, isolamento e solitudine produce frutto, ossia vita. La morte del chicco di grano avviene sul terreno, dopo che lo stesso vi è caduto dentro. Se a questa caduta non segue la morte del chicco di grano, questo non potrà germogliare e produrre nuovi semi. La morte del chicco di grano avviene in realtà attraverso una ben precisa trasformazione che è operata dall’acqua. Dunque gli ingredienti necessari per la produzione dal grano sono il chicco, la terra, l’acqua e la trasformazione del chicco in germoglio. Questo esempio si addice magnificamente alla nostra vita. Il vero Chicco è Cristo sceso dal Cielo sulla Terra per la produzione del vero frumento che siamo noi. La morte di Cristo in Croce è una morte che vince le tenebre degli inferi e le trasforma nella luce della Risurrezione. Cristo muore in Croce, ma la potenza dello Spirito Santo (l’acqua del Chicco) inviato dal Padre sul corpo morto del Figlio, Lo riporta in vita in eterno. Da Cristo morto una volta e risorto per sempre nasce la Chiesa, ove matura il frumento. Anche noi, frumento di Cristo, siamo chiamati a imitare il Chicco di grano nell’Amore, anche noi dobbiamo cadere a terra, morire a noi stessi, ossia spogliarci del nostro io e lasciarci lavorare dall’Acqua dello Spirito Santo per germogliare e produrre frutto. I passaggi più difficili di questo processo sono: cadere a terra, morire, accogliere lo Spirito Santo. Cadere a terra non significa umiliarsi, ma prendere coscienza della propria condizione terrena, prendere coscienza ed accettare la propria debolezza, la propria incapacità di essere quello che vorremmo essere. L’umiltà è tutt’altra virtù. Dobbiamo cadere dalle nostre posizioni personali, dobbiamo abbandonare le nostre convinzioni, dobbiamo scendere dal cielo della nostra superbia e riportare i nostri piedi sulla terra,  riconoscendoci di fronte a Dio bisognosi di Lui per qualsiasi cosa. Dobbiamo rivedere il nostro rapporto con Dio e modificare il modo che abbiamo di relazionarci con Lui, prendendo coscienza della nostra piccolezza, dei nostri limiti, dei nostri errori, della nostra tendenza ad insuperbirci, della nostra propensione all’egoismo, all’auto esaltazione,  all’isolamento, alla vanità. Questo cadere a terra è un ricominciare da zero, un ripartire dall’origine, un ritornare alla consapevolezza di essere creature di Dio, di essere creature che hanno bisogno di Dio, di essere creature che senza Dio non possono vivere, di essere creature che in tutto devono seguire solo ed esclusivamente Dio. Questo processo è difficile e lungo, ma la grazia del Signore ci viene incontro e ci permette di illuminare la nostra mente per farci comprendere chi siamo, chi è Dio e quale deve essere la relazione che ci lega a Lui. Alla caduta a terra deve seguire la morte. Dopo avere preso coscienza di tutte queste cose occorre fare quel passo che ci permette di scegliere il cambiamento. La morte è il consenso favorevole a tale cambiamento. Chi si rifiuta di cambiare resta quello che è, non muore e per questo motivo resta solo, chiuso nella solitudine del suo egoismo e della sua superbia. Chi invece accoglie il cambiamento, accetta di morire a se stesso, accetta di convertirsi, accetta di ricevere la grazia infinita dello Spirito Santo il quale, non solo si adopera per accelerare e favorire la morte, ma nel contempo preleva dal terreno tutte le sostanze necessarie perché la nuova vita germogliata dal chicco morto possa produrre un frutto abbondante. Due sono dunque le difficoltà maggiori che ci allontanano dalla partecipazione alla santità di Dio, il primo è guardare con occhi sinceri la realtà della condizione in cui viviamo, ossia cadere a terra, il secondo è perdere la propria vita, ossia morire a se stessi per permettere allo Spirito Santo di operare in noi. Il secondo processo non è possibile senza il primo. Occorre dunque iniziare da se stessi e imparare a  vedersi frumento del Signore che deve cadere a terra, morire e fruttificare per realizzare il proprio destino e trovare la vera pace.

Capo d’Orlando, 22/03/2015

Dario Sirna.

 

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.