SAN GIOVANNI EVANGELISTA

SAN GIOVANNI

Buongiorno  e auguri di buon Natale a  tutti,

oggi la liturgia dell’ottava di Natale ci propone la testimonianza di San Giovanni Evangelista. Con la spinta attinta dai seguenti versi del Vangelo di Giovanni affrontiamo il nostro cammino quotidiano:

GIOVANNI 20, 2-8

2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.”

Ieri la lettura del mistero del Natale è stata collegata alla testimonianza del martirio di Santo Stefano, oggi essa relazionata alla risurrezione di Cristo e all’esempio di San Giovanni Evangelista. Il bambino che appena due giorni fa abbiamo visto nascere nella povertà di una stalla e essere deposto in una mangiatoia, oggi la Chiesa ce lo fa contemplare deposto in un sepolcro scavato nella terra e risorto dal potere della morte. Il mistero della venuta del Messia, e quindi del giorno del Natale del Signore, è dunque spiegato dagli eventi narrati dal Vangelo di Oggi. In questo modo la Chiesa ci fa comprendere il senso più intimo e vero del Natale. Stefano e Giovanni ci accompagnano in tale cammino indicandoci attraverso le loro testimonianze di vita ove risiede la Verità e come fare per giungere ad essa.  La gioia del Natale è una gioia che cresce sempre di più e che raggiunge il suo apice nel giorno della Pasqua del Signore. Questo giorno è l’unica ragione  del Natale, esso rappresenta infatti l’obiettivo principale della missione di Cristo. Il Natale di Gesù segna l’inizio di tale missione, la Pasqua ne segna la conclusione. Non ha dunque senso parlare del Natale senza parlare della Pasqua, non ha senso gioire per il Natale senza sapere che tale gioia in realtà si compie solo nel giorno di Pasqua. L’importanza della venuta del Signore e della presenza di Dio in mezzo agli uomini la si può cogliere del tutto solo nel giorno della Pasqua. Senza la Pasqua il Natale non ci sarebbe, senza la Pasqua l’Emmanuele non ci servirebbe a nulla, senza la Pasqua di Cristo il progetto di salvezza di Dio per l’uomo resterebbe incompiuto e la relazione di amore tra Dio e l’uomo resterebbe una relazione teorica, senza riscontro reale e pratico, senza garanzia alcuna di eternità. Il Vangelo di oggi ci mostra che il Dio nato nella miseria della condizione umana e morto in tale miseria, in virtù della potenza invincibile dell’amore, amore manifestato e dichiarato apertamente tramite il martirio della croce, vince la morte e libera l’uomo dal suo potere, donandogli la vita eterna. La gioia del Natale è dunque una gioia molto più grande della gioia di una visita di Dio, o della presenza di Dio in mezzo all’umanità, essa è infatti la gioia personale di ogni uomo di essere stato salvato per sempre dalla morte e di essere stato restituito alla vita eterna nella comunione di amore del Paradiso, ove si gode la contemplazione di Dio. Non si tratta dunque di gioire perché il Signore si è fatto uomo e ci è vicino, ma di gioire perché il Signore ci è venuto a salvare. Questa gioia è una gioia molto più grande della precedente perché riferita a un vantaggio più importante e individuale. Con il Natale del Signore noi sappiamo infatti che stanno per attuarsi per ciascun uomo le promesse di salvezza fatteci da Dio, promesse che consistono nell’attuazione di una vita da trascorrere non più sulla terra e nella miseria della condizione umana, ma in Cielo, nella Casa di Dio, nel Paradiso Celeste, nel partecipazione al grande gaudio della condizione divina. In sostanza ciò che l’uomo da solo non è in grado di compiere per la sua salvezza eterna, Dio lo compie attraverso l’incarnazione del Figlio e l’attuazione da parte di questi della missione di salvezza. Non siamo noi a salvarci ma è Dio che amandoci di un amore senza limiti è venuto incontro a noi, si è fatto uomo, ha pagato tutti i nostri debiti, ci ha redenti e ci ha riaperto le porte del Paradiso. Con il Natale del Signore gli uomini non sono più pecorelle smarrite, ma nuove creature che hanno trovato nel Pastore che è venuto a liberarle il loro Salvatore. Giovanni è stato uno dei discepoli più vicini all’intimità di Cristo, egli ha scrutato con maggiore penetrazione all’interno del suo cuore e ha trovato prima degli altri in esso la bellezza dell’amore. Per questo motivo la sua corsa verso il sepolcro nel giorno di Pasqua è per noi un esempio a imitarlo nel nostro cammino verso il Signore. Imitare Giovanni significa avere fede in Dio, credere non nella sua onnipotenza, ma nella genuinità, nella grandezza, nella purezza e nella fedeltà del suo amore per gli uomini. Questo è il cammino a cui siamo chiamati tutti gli uomini, oltre all’amore non ci sono nella nostra vita altre mete che hanno significato e che le danno significato. Dio non vuole altro da noi che permettergli di farci entrare nella bellezza del suo cuore. E’ un cammino tutto a nostro vantaggio, è un cammino fatto solo di gioie e di appagamenti, ma bisogna lasciarsi guidare da Dio fidandosi ciecamente di Lui, come San Giovanni ci insegna.

Capo d’Orlando, 27/12/2014

Dario Sirna.

 

 

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