SALMO 68
Buongiorno a tutti,
oggi ci muoveremo lungo il cammino segnato dalle seguenti parole del Salmo 68:
Salvami, o Dio:
l’acqua mi giunge alla gola.
Affondo in un abisso di fango,
non ho nessun sostegno;
sono caduto in acque profonde
e la corrente mi travolge.
Sono sfinito dal gridare,
la mia gola è riarsa;
i miei occhi si consumano
nell’attesa del mio Dio.
Sono più numerosi dei capelli del mio capo
quelli che mi odiano senza ragione.
Sono potenti quelli che mi vogliono distruggere,
i miei nemici bugiardi:
quanto non ho rubato, dovrei forse restituirlo?
Dio, tu conosci la mia stoltezza
e i miei errori non ti sono nascosti.
Chi spera in te, per colpa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per causa mia non si vergogni
chi ti cerca, Dio d’Israele.
Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.
Piangevo su di me nel digiuno,
ma sono stato insultato.
Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato per loro oggetto di scherno.
Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi deridevano.
Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.
Liberami dal fango, perché io non affondi,
che io sia liberato dai miei nemici e dalle acque profonde.
Non mi travolga la corrente,
l’abisso non mi sommerga,
la fossa non chiuda su di me la sua bocca.
Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
Non nascondere il volto al tuo servo;
sono nell’angoscia: presto, rispondimi!
Avvicìnati a me, riscattami,
liberami a causa dei miei nemici.
Tu sai quanto sono stato insultato:
quanto disonore, quanta vergogna!
Sono tutti davanti a te i miei avversari.
L’insulto ha spezzato il mio cuore
e mi sento venir meno.
Mi aspettavo compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
Mi hanno messo veleno nel cibo
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.
La loro tavola sia per loro una trappola,
un’insidia i loro banchetti.
Si offuschino i loro occhi e più non vedano:
sfibra i loro fianchi per sempre.
Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
Il loro accampamento sia desolato,
senza abitanti la loro tenda;
perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
Aggiungi per loro colpa su colpa
e non possano appellarsi alla tua giustizia.
Dal libro dei viventi siano cancellati
e non siano iscritti tra i giusti.
Io sono povero e sofferente:
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
Loderò il nome di Dio con un canto,
lo magnificherò con un ringraziamento,
che per il Signore è meglio di un toro,
di un torello con corna e zoccoli.
Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
A lui cantino lode i cieli e la terra,
i mari e quanto brulica in essi.
Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne riavranno il possesso.
La stirpe dei suoi servi ne sarà erede
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.
Questo Salmo è molto conosciuto a causa dei frequenti nessi che richiamano alla Passione di Gesù Cristo. Il Salmista eleva la sua supplica a Dio con lo scopo duplice di ottenere compassione dal Signore e di incoraggiare tutti coloro che si affidano a Dio, specie i miseri e i poveri, a confidare e a rallegrarsi sempre nel suo aiuto. Il Salmista apre tutto il suo cuore a Dio e gli espone l’immenso dolore che lo trafigge. La sua condizione di solitudine, abbandono, umiliazione e sofferenza è da Lui descritta con le immagini di un diluvio che lo travolge nel cuore distruggendolo con un dolore insopportabile. La sofferenza del Salmista è la sofferenza dell’uomo tradito dagli amici, dell’uomo ingiustamente calunniato, dell’uomo che ha perso ogni stima e considerazione da parte delle persone a Lui più care. Il dolore che strazia il cuore dell’uomo in queste situazioni non è tanto dovuto all’ingiustizia dell’insulto ricevuto, quanto alla completa perdita dell’affetto, del bene e dell’amore delle persone su cui egli si appoggia. Essere calunniati da un amico, o perdere un’amicizia a causa di una calunnia da parte di altre persone, produce purtroppo la tristissima condizione dell’isolamento totale. Alla vergogna di un insulto non meritato, di una calunnia falsa, e alla dura verità di una amicizia interessata, si aggiunge, infatti, il dolore della perdita del conforto, degli affetti, e dell’amore dell’amico. L’uomo non può vivere senza amare e senza essere amato, l’amore è scritto da Dio nella natura umana ed è l’unica ragione per cui l’uomo è stato creato ed è l’unica funzione che dà significato alla vita. Quando per grazia di Dio si raggiunge tale consapevolezza e si comincia a impostare la vita in questa nuova direzione, sotto la guida di Dio, le relazioni umane diventano preziosissime perché sono il luogo in cui l’amore si realizza. Improvvisamente l’Amicizia, a cominciare dal rapporto con Dio fino all’insieme di tute le relazioni umane intessute con altre persone, diventa cibo vitale per l’anima, fonte da cui attingere l’amore, serbatoio in cui riversare l’affetto personale. Quando questo fondamentale luogo della vita dell’anima viene distrutto quest’ultima entra immediatamente in sofferenza, non trovando più alimenti con cui nutrirsi e crescere. A maggior ragione poi se tale evento si verifica a seguito di ingiuste calunnie e di tradimenti, in tal caso il dolore diventa veramente insopportabile. A tale dolore si aggiunge, inoltre, l’ulteriore dolore dovuto allo stato di contrizione dell’anima nei confronti di Dio per le proprie debolezze personali e per le offese che la trascinante natura umana continuamente ci spinge ad compiere contro il Signore. La solitudine dell’anima in queste condizioni raggiunge il suo culmine e diventa stato di abbandono totale, la condizione di dolore più grande che l’uomo possa sperimentare nella vita. Il Salmo è accostato alla passione di Gesù proprio perché esso esprime in maniera eloquente il dolore dell’abbandono sofferto dal nostro amatissimo Signore durante tutta la nostra redenzione. Ovviamente Gesù non aveva nulla da scontare per colpe sue, ma portando su di sé l’umanità da redimere, portava con essa anche tutti i nostri peccati, per cui la condizione del Salmista che soffre sia per il peso dei suoi peccati sia per il dolore della calunnia e dell’umiliazione subita dall’abbandono degli amici, descrive la condizione di Cristo Salvatore. Ecco dunque che l’accostamento del Salmo alla passione di Gesù ha un fondamento reale e concreto. Trovata la corrispondenza tra il Salmista e Cristo e spostata tutta la nostra attenzione su quest’Ultimo, la lettura del Salmo e del messaggio che esso trasmette diventa ancora più forte e più efficace. Come restare indifferenti di fronte alla condizione di dolore, sofferenza, abbandono e umiliazione, sostenuta da Cristo per noi durante la Passione? Impossibile non immedesimarsi in Lui, impossibile non vedere nel suo dolore il dolore di ogni uomo calpestato, oltraggiato, mortificato e offeso nel corpo, nell’anima, nel cuore e nella dignità. A questo dolore in Gesù si aggiunge il dolore di un Dio che ama incondizionatamente e smisuratamente la sua creatura e che da essa è continuamente rifiutato e rinnegato. Cristo raccoglie su di sé tutte le sofferenze dell’umanità e con l’offerta della sua vita la solleva dal peso della condanna dovuta ai nostri peccati. La sua espiazione è globale e senza tempo, così come infiniti ed eterni sono i benefici che da essa ne derivano per tutta l’umanità. Sono proprio questi i benefici che vengono ci vengono comunicati dal Salmista nel messaggio finale del Salmo con il quale egli esorta ogni uomo che viene calpestato nel cuore e umiliato nella dignità a riporre tutta la sua fiducia in Dio, unico vero Salvatore dell’uomo e unica garanzia di Amore eterno, incondizionato e sempre fedele.
Capo d’Orlando 14/01/2013
Dario Sirna