GENESI 2, 1-3
Buongiorno a tutti,
è il Sabato del silenzio, Dio è morto, l’umanità è smarrita. Quale cammino fare in questo giorno di mestizia e di dolore? Quale meta fissare e desiderare nel cuore? Ci viene incontro la Parola eterna di Dio, Parola che non muore mai e che sempre ci nutre e ci dà speranza. Troviamo il nostro conforto nei seguenti versi della Genesi:
“1Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. 3Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.”
I versi sopra riportati si riferiscono alla creazione, Dio dopo i primi sei giorni dedicati a tale attività, crea un settimo giorno per portare a compimento tutto il lavoro. Il settimo giorno viene cessata ogni attività, tutto il lavoro è fatto e il creato viene benedetto e consacrato attraverso la benedizione e consacrazione di tale giorno. Il settimo giorno, coincidente con il sabato, è dunque nella cultura anticotestamentaria il giorno della pienezza, giorno in cui Dio ultima i lavori, completa la sua opera e la benedice. Questo giorno, benedetto dal Signore, è un giorno di riposo, giorno dedicato alla contemplazione. Nella Passione di Cristo il settimo giorno coincide con il giorno successivo alla crocifissione e morte del Signore, ma coincide anche con il giorno in cui la legge vieta di effettuare qualsiasi attività al fine di dedicare questo tempo solo ed esclusivamente a Dio. Ne consegue che il riposo della morte di Cristo coincide e osserva esattamente il riposo sabbatico. Le fatiche della nuova creazione operata da Gesù sono state immense, l’Amore di Cristo per l’uomo ha raggiunto i vertici più alti con la donazione della vita, donazione avvenuta attraverso un cammino pieno di indescrivibili dolori fisici, spirituali, interiori e sentimentali, a causa di un totale rifiuto del suo Amore da parte dell’uomo e della violenza del martirio subito. Il lavoro di Cristo merita ora un meritato riposo, un riposo che però giungerà solo con la completa ultimazione di ogni opera. Dopo la morte di croce cosa manca ancora da fare al Signore per ultimare la sua missione? Secondo noi forse nulla, ma non è così. Noi continuiamo a ragionare con la logica della convenienza personale e perciò al di là di noi stessi non riusciamo a vedere nulla. Cristo ha ancora qualcosa da fare per l’umanità, qualcosa che può compiere solo nel giorno della sua morte, qualcosa che non riguarda noi vivi, ma i nostri fratelli defunti. Da morto, Egli scende negli inferi e lì raggiunge tutti gli uomini vissuti prima di noi e morti, per portare anche a loro la tanto attesa salvezza. La discesa agli inferi fa ancora parte del cammino della salvezza in quanto è tramite essa che Cristo riporta alla libertà tutti coloro che già erano nel possesso della morte, ossia i nostri antenati. Con tale grande atto di misericordia, il nostro amato Signore, giusto come nessuno, grande nell’amore come noi non possiamo mai immaginare ed essere, porta finalmente a compimento tutto il suo lavoro e conclude la missione per cui era stato inviato sulla Terra. Nel giorno in cui noi piangiamo il nostro Salvatore, perché la Terra è stata privata della sua presenza, in questo giorno il Signore finalmente riposa per avere portato a compimento tutto quanto era stato stabilito. Questo riposo, in cui Cristo sa ormai di avere realizzato in pieno la volontà del Padre, diventa anche attesa. Attesa che il Padre, compiaciuto dell’Amore e dell’obbedienza del Figlio, lo risorga. Ciò avviene, ma non di Sabato. Il Sabato resta giorno consacrato nella prima creazione alla ultimazione dei lavori e al riposo. Nel giorno del Sabato Santo il riposo non riguarda solo Dio, esso infatti è esteso anche agli uomini. In questo giorno l’umanità intera ha il compito di deporre definitivamente la armi contro Cristo, di interrompere qualsiasi attività e di dedicarsi solo ed esclusivamente alla meditazione, alla preghiera , al pentimento, alla conversione e alla morte dell’io. La morte dell’io è il punto centrale della missione di Cristo. Nella croce noi vediamo il Figlio di Dio che a causa delle nostre malvagità viene ucciso e va incontro alla morte, secondo un piano che vede l’io dell’uomo imporsi su Dio e cacciarlo dalla faccia della terra, ma la verità è un’altra. Mentre l’Uomo Dio Cristo Gesù muore sulla croce ad opera degli uomini, il suo cuore conduce analoga battaglia contro l’io umano. Nel cuore di Cristo vince l’amore, in esso, per la prima volta nella storia dell’umanità, l’io viene definitivamente sconfitto dall’amore. Quella che dunque all’apparenza sembra una sconfitta subita dal Figlio di Dio, in realtà, nella logica dell’amore, è la più grande vittoria di tutti i tempi. Per la prima volta nella storia umana l’amore raggiunge la perfezione nel cuore di un uomo, perfezione che consiste nel dono gratuito della vita per il bene degli altri, perfezione che vede l’Uomo rinunciare a se stesso per il suo prossimo, perfezione che antepone il tu all’io. Con la Crocifissione di Cristo Gesù, Dio torna ad essere l’assoluto e l’uomo torna ad essere relativo a Dio. L’Uomo che si fa silenzio e la Parola che non parla più, ora attende. Nella nuova logica dell’amore in cui Dio è di nuovo al centro, l’Uomo non può fare altro che aspettare, Egli si rimette tutto alla volontà divina, si affida completamente all’amore del Padre e in tale amore spera. La risposta non tarda ad arrivare, l’Uomo trascorre solo un giorno nel silenzio, il giorno successivo Egli verrà risorto e potrà gustare in pieno l’Amore della comunione divina, la gioia della lode di Dio, la Pasqua della salvezza eterna. Il giorno della risurrezione è il giorno successivo al giorno del riposo Sabbatico, giorno che questa volta Dio benedice per l’opera del Figlio, giorno che Dio stesso consacra a Cristo e alla sua Pasqua. Visto in questa ottica il clima del Sabato Santo acquista un nuovo valore, esso diventa simbolo ed espressione massima dell’ordine ristabilito fra l’uomo e Dio.
Capo d’Orlando, 30/03/2013
Dario Sirna