MARCO 6, 53-56
Buongiorno a tutti,
i nostri passi oggi continuano a seguire le tracce del Vangelo di Marco, di cui la liturgia ci propone i seguenti versi:
“53Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. 54Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe 55e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. 56E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.”
Il Vangelo di oggi ci propone una bellissima immagine della vita pubblica di Gesù. Nel quadro generale abbiamo un Gesù dinamico che, in comunione con gli apostoli, si muove da una regione all’altra per annunciare la buona novella del Regno di Dio. Questo quadro è completato dalla presenza e dalla risposta della gente incontrata. L’azione parte da Cristo, è Lui che va incontro all’uomo bisognoso, è Lui che si mette alla ricerca della pecorella smarrita, e per fare questo si sposta in tutto il territorio visitando sia città, sia villaggi, sia campagne. Questo suo pellegrinare è chiaramente simbolo della universalità della sua missione. La missione di Cristo è indirizzata a ogni uomo della terra e a ogni uomo del tempo. Nessun essere vivente è escluso da tale missione, tutti siamo da Lui cercati e rintracciati per essere incontrati, aiutati, salvati e amati, senza differenze e senza distinzioni. Questa universalità dell’amore di Dio per l’uomo, è spesso l’ingrediente mancante nella vita di ciascuno di noi. L’uomo ha difficoltà a orientare il suo cuore oltre se stesso, spesso anzi rimane prigioniero del suo io, ma anche quando ciò non accade ed egli rivolge le sue attenzioni a terzi, non succede mai che tali attenzioni siano estese a tutti gli altri uomini del mondo. Questa limitazione impedisce al singolo soggetto di crescere nell’amore e di diventare veramente libero di amare. Il cuore dell’uomo non è stato creato per essere prigioniero di un’atmosfera senza ossigeno o di uno spazio vuoto, ma è stato creato per estendersi nell’infinito. Questa crescita del cuore significa rendersi creature che relazionano il proprio amore con il mondo intero. Il cuore dell’uomo è stato fatto non per dare il battito a un singolo soggetto, ma per battere all’unisono con il cuore di tutti gli altri uomini e per contribuire al battito dell’intera comunità. Il cuore dell’uomo trova la sua vera dimensione nell’unione con gli altri cuori, dei quali esso diventa parte integrante e fondamentale. Il cuore del cristiano è un cuore che non trova pace in se stesso se tale pace non appartiene anche al resto del mondo. Il cuore del cristiano non è mai appagato, non è mai sazio e non è mai in riposo, esso è sempre proteso verso quelle realtà che sono ancora lontane dall’amore e da Cristo. Si tratta di realtà povere, ove l’amore non riesce a sbocciare. Fino a quando queste realtà rimangono chiuse in se stesse e non si aprono alla vita dell’amore anche il cuore del cristiano resta incompleto, inespresso, non realizzato, non sublimato. Cristo ci insegna a raccogliere con i sensi del corpo tutti quei segnali che elaborati dal cuore ci possono spingere a muoverci verso tali realtà per consentire sia a noi che a loro di crescere. La felicità dell’uomo non risiede nell’uomo stesso, ma in Dio. Per essere felice l’uomo deve rendersi partecipe della felicità di Dio. Nel cuore di Dio ci siamo tutti, nessuno escluso. Ciò significa che la nostra felicità è tale se essa è comune a tutti. Fino a quando esiste un solo uomo nel mondo che non ha incontrato Dio e che non ha conosciuto il suo amore il cuore di Dio sarà in pensiero per questo uomo e ogni altro cuore umano sarà lontano dalla pace dell’appagamento. Amare vuol dire proprio mettersi in movimento per abbracciare tutti e per camminare insieme a tutti verso Dio. In questo cammino nessuno può essere lasciato indietro, nessuno può essere escluso e nessuno può essere dimenticato. In caso contrario restiamo cuori mutilati, cuori incompleti, cuori contratti e rimpiccioliti, cuori che non hanno sperimentato il significato grande e vero dell’amore. Cristo in questo brano di Vangelo ci dà l’esempio di quello che deve essere il nostro cammino terreno e al contempo ci fa vedere come questo cammino compiuto verso gli altri ci avvicini a tutti gli uomini che sono nel bisogno. Il cuore che ama è un cuore che attira a sé, un cuore che trova risposta, un cuore che riesce a scaldare tutti gli altri cuori, anche quelli freddi e tiepidi, un cuore che riesce a trasmettere ai cuori tristi la gioia, ai cuori timorosi il coraggio, ai cuori timidi la forza, ai cuori deboli il vigore, ai cuori offesi la dignità, ai cuori malati la guarigione, ai cuori addormentati la vita, ai cuori bui la luce. Il cuore che ama è una scintilla che viene accesa in un serbatoio di carburante spento, esso ha la capacità di portare all’esplosione tutto il contenuto e di farlo bruciare all’unisono. In un mondo in cui i cuori degli uomini non fanno che accrescere sempre di più il volume di questo carburante spento e soffocare le rare scintille è necessario seguire Cristo per tornare ad ardere e per bruciare tutti insieme per Dio.
Capo d’Orlando, 09/02/2015
Dario Sirna.