PECCARONO CONTRO DI LUI I FIGLI DEGENERI

DEUTERONOMIO 32, 1-12

Buongiorno a tutti,

oggi seguiremo il cammino tracciato dalle seguenti parole del Deuteronomio, di seguito riportate:

Ascoltate, o cieli: io voglio parlare: *
oda la terra le parole della mia bocca!

Stilli come pioggia la mia dottrina, *
scenda come rugiada il mio dire;
come scroscio sull’erba del prato, *
come spruzzo sugli steli di grano.

Voglio proclamare il nome del Signore: *
date gloria al nostro Dio!

Egli è la Roccia; perfetta è l’opera sua; *
tutte le sue vie sono giustizia;
è un Dio verace e senza malizia; *
Egli è giusto e retto.

Peccarono contro di lui i figli degeneri, *
generazione tortuosa e perversa.

Così ripaghi il Signore, *
o popolo stolto e insipiente?
Non è lui il padre che ti ha creato, *
che ti ha fatto e ti ha costituito?

Ricorda i giorni del tempo antico, *
medita gli anni lontani.
Interroga tuo padre e te lo farà sapere, *
i tuoi vecchi e te lo diranno.

Quando l’Altissimo divideva i popoli, *
quando disperdeva i figli dell’uomo,
egli stabilì i confini delle genti *
secondo il numero degli Israeliti.

Porzione del Signore è il suo popolo, *
sua eredità è Giacobbe.

Egli lo trovò in terra deserta, *
in una landa di ululati solitari.
Lo educò, ne ebbe cura, *
lo custodì come pupilla del suo occhio.

Come un’aquila che veglia la sua nidiata, *
che vola sopra i suoi nati,
egli spiegò le ali e lo prese, *
lo sollevò sulle sue ali,

Il Signore lo guidò da solo, *
non c’era con lui alcun dio straniero.

Le parole del Deuteronomio sopra riportate sono tratte dal cantico innalzato a Dio da Mosè quando giunse al confine della terra promessa. Il cantico è una lode forte e scandita dalle profondità del cuore,  innalzata a Dio per ringraziarlo di tutto il cammino fatto e soprattutto della salvezza concessa ad Isdraele nonostante il suo atteggiamento infedele. La nostra attenzione cade sulle parole con cui Mosè  parla a se stesso e al popolo. Egli mette in evidenza l’atteggiamento infedele, ingiusto, tortuoso, perverso, stolto, insipiente e degenere degli Israeliti, trattati e amati da Dio come figli, che ricambiarono tale amore con il peccato e il tradimento. L’atteggiamento degli Israeliti viene messo dall’autore a confronto con l’amore di Dio, in modo che da tale confronto il popolo possa comprendere ancora meglio l’entità dell’errore commesso e, ravvedutosi, possa accogliere Dio nella sua vita, riconoscendoGli la sua gloria, la sua giustizia, la sua perfezione, la sua rettitudine, la sua bontà e la sua sincerità. Non si tratta di lodare Dio per accrescere il suo prestigio con la nostra lode o per ottenere con essa maggiori vantaggi, non sarebbe nelle nostre possibilità e capacità,  si tratta, invece, di riconoscere a Dio ciò che gli è proprio, ciò che gli appartiene e che nessuno può né diminuire, né incrementare. Leggendo il Salmo il nostro cuore non deve scagliarsi contro gli errori di Isdraele, né deve giudicare Isdraele per i suoi peccati, deve, invece, guardare ad Isdraele come al popolo dei suoi antenati, come al popolo dei suoi  Padri. Se il Signore ha tanto amato questo popolo da dare la vita per Lui e da farlo diventare la nostra radice e la nostra storia, che diritto abbiamo noi di scagliarci contro di esso? Non dovremo forse noi amare i nostri padri e i nostri fratelli allo stesso modo in cui li amò e li ama il Signore? I nostri padri il Signore li ha tratti dalla desolazione, li ha educati, li ha curati, li ha allevati, li ha custoditi come la pupilla del suo occhio, li ha amati e salvati come un’aquila  ama e protegge i suoi piccoli e tutto questo Egli ha fatto per consegnare a noi, attraverso essi, un Futuro, una Fede, un Salvatore: Cristo Gesù. Per l’amore che Dio ha avuto e ha per loro noi abbiamo il grande privilegio di essere salvati da Cristo. Noi al loro posto non saremmo sicuramente stati alla loro stessa altezza, mentre oggi  godiamo gli immensi benefici dei loro errori e della relativa correzione. Per amore di Cristo e in vista di Cristo dobbiamo perciò essere fieri di avere avuto come padre questo grande popolo, che immettendoci nella sua storia ci ha consegnato il suo futuro, ossia la vita eterna, Cristo e la partecipazione alla gloria del Paradiso. In altri termini potremmo anche fare la seguente considerazione. Ammesso che tranne Cristo non esiste nessun altro uomo al mondo perfetto al punto da potere essere considerato santo e da imitare per farci conseguire la sua stessa santità, ossia la partecipazione alla santità di Dio, con tutto quello che ne consegue, ammesso ciò,  ne deriva che nel mondo, a parte sempre l’esempio di Cristo, l’unico vero esempio edificante che possiamo seguire è quello dell’uomo che dopo essersi riconosciuto peccatore di fronte  a Dio, a se stesso e agli altri chiede il perdono delle sue colpe e implora la misericordia di Dio. Costui è sicuramente un esempio migliore di chi pur riconoscendosi peccatore, non cerca Dio e non si lascia trovare da Dio perché si sente indegno di stare alla sua presenza e di ottenere la sua misericordia. Questa persona non conduce a Dio né se stesso, né chi la imita. Spesso, a tal proposito tra i fedeli si sente molto mormorare contro chi ha compiuto gravi colpe e poi cerca Dio, frequentando la Chiesa. Secondo il comune sentire sarebbe meglio che questa persona non entrasse in Chiesa e non cercasse Dio, in quanto la sua condotta è un cattivo esempio per gli altri e mortifica la Chiesa. Ma ciò lo si può affermare perché nessuno di noi ha la precisa percezione del peccato suo e degli altri. In tal caso, infatti, nessuno potrebbe varcare la porta della Chiesa e cercare Dio. Meglio, dunque, la testimonianza di un peccatore pentito che si rivolge alla Chiesa per ottenere misericordia e salvezza di Cristo che la testimonianza di un peccatore pentito, che per paura delle sue colpe, evita di varcare la porta della Chiesa di cercare Dio. Costui si sottrae volontariamente ed erroneamente alla misericordia divina. La stessa cosa è per il popolo di Isdraele, esso pecca contro Dio ma trova la forza di farsi recuperare da Dio e di tornare a Lui. E’ in questo modo che questo popolo ci consegna una fede meravigliosa fondata su Cristo nostro Salvatore. Noi non siamo migliori dei nostri Padri perché sicuramente al loro posto non saremmo tornati indietro sui nostri passi per farci ritrovare e salvare da Dio. Essi hanno il merito di averci consegnato la storia della nostra salvezza collaborando, nonostante i loro errori gravi, con Dio alla sua piena realizzazione.

Infine, aggiungiamo un piccolo pensiero su Cristo.

Egli scese nel mondo e dalla nostra carne mortale prese della carne mortale per edificarsi un corpo. Successivamente con il suo grande amore superò la prova della morte e trasformò il corpo mortale, preso dalla nostra carne mortale, in un corpo immortale che consegnò e tuttora consegna  a noi perché  anche la nostra carne mortale sia trasformata dal suo corpo immortale in un corpo immortale. Questo è il grande miracolo e il più grande bene che Dio abbia mai potuto farci, tutto il resto, ossia apparizioni, veggenza, messaggi, guarigioni, miracoli e segni vari, sono prodigi che a confronto valgono niente.

Evviva Gesù Cristo

Capo d’Orlando, 28/09/2012

Dario Sirna

 

 

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