SALMO 69
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi segue l’itinerario tracciato dal Salmo 69, di seguito riportato:
O Dio, vieni a salvarmi,
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Siano svergognati e confusi
quanti attentano alla mia vita.
Retrocedano, coperti d’infamia,
quanti godono della mia rovina.
Se ne tornino indietro pieni di vergogna
quelli che mi dicono: «Ti sta bene!».
Esultino e gioiscano in te
quelli che ti cercano;
dicano sempre: «Dio è grande!»
quelli che amano la tua salvezza.
Ma io sono povero e bisognoso:
Dio, affréttati verso di me.
Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
Signore, non tardare.
Questa supplica sale a Dio dal cuore del Salmista come impellente richiesta di aiuto e di liberazione dal male causato dagli empi. Nella vita dell’uomo il male maggiore proviene proprio dalle persone con cui ci relazioniamo. Il male trova in esse la via giusta per giungere al nostro cuore e per produrre in noi il dolore più atroce. L’uomo per volontà divina è un essere che vive di relazioni sociali, attraverso le quali egli ha la possibilità di realizzare i sentimenti di amore e unione. Tali sentimenti sono lo scopo e la gioia della vita, essi determinano e condizionano l’agire umano, orientandolo tutto verso Dio. Questa condizione è insita nella natura di ogni uomo e trova la sua spontanea manifestazione nella famiglia, nella formazione delle comunità, nell’agglomerazione dei centri abitati, nella costituzione dei popoli, nell’identità religiosa e soprattutto nel desiderio diffuso di ritrovarsi tutti insieme oltre la morte per vivere la comunione con Dio e con i fratelli (Paradiso). Lo strumento attraverso il quale questo processo si realizza è la relazione sociale. A questo desiderio di unità infusoci da Dio si contrappone il tentativo diabolico di disgregare, di separare, di allontanare, di distruggere l’unità. Il male agisce, dunque, in direzione opposta alla volontà divina dell’Amore. Esso, per produrre effetti efficaci, si serve degli stessi strumenti attraverso i quali viene veicolato il bene da una persona all’altra. Succede così che le relazioni umane, ossia i rapporti con i nostri cari e con tutte le persone che incontriamo nel corso della nostra vita, invece di favorire la crescita del bene e la diffusione dell’amore, diventano strumento di separazione, di lite, di divisione, di sofferenza terribile. Le relazioni sociali sono dunque via attraverso la quale spesso il male, camuffandosi di bene, si presenta nella nostra vita procurandoci grandi dolori e forti dispiaceri. E’ questo il caso attenzionato dal Salmista. Egli sente tutta l’ostilità che proviene dal cuore di altri uomini abbattersi su di lui e sconfiggerlo tremendamente. Il dolore dell’uomo trattato in questa circostanza è quello della derisione. La pubblica derisione ha la capacità di distruggere la dignità di una persona, di trascinare quest’ultima nell’isolamento, di allontanare dalla vita del malcapitato tutti i suoi amici, di privarlo quindi non solo dell’affetto diretto di coloro che lo offendono, ma, soprattutto dell’amore di tutte le altre persone. La derisione e la calunnia sono le armi più dolorose che possono colpire un individuo, perché sono causa diretta della sua emarginazione sociale. Il dramma di chi vive questa condizione è quello di sentire tutto il peso e il dolore della perdita dell’unità. La persona derisa e calunniata viene infatti allontanata da tutti ed espulsa dalla società. E’ quello che succede a Gesù durante la Passione. Egli vive il dramma della derisione, aggiungendo tale dolore a tutte le altre sofferenze. Il Salmista nella riflessione che ci consegna nel Salmo in questione ci permette di comprendere che la condizione degli empi è comune a tutti coloro che nell’agire umano sono lontani dall’amore di Dio. Allontanarsi da Dio, evitarlo, non cercarlo è la causa principale della perdita della pace interiore. Tale condizione di insoddisfazione è a sua volta all’origine del deterioramento dei rapporti sociali e umani. L’uomo che non cerca Dio non conosce il suo amore, anzi lo rifiuta, vive in uno stato di forte disagio interiore e proietta questo suo malessere contro i suoi cari, ma soprattutto contro i deboli, gli indifesi e i miseri, cercando la sua soddisfazione nella loro umiliazione, ossia nell’imposizione di se stesso. L’uomo che non cerca Dio sente dentro di sé il cattivo bisogno di doversi imporre agli altri, di trovare soddisfazione nel potere di gestire e di prevaricare la vita altrui al fine di far emergere se stesso. E’ la ricerca sbagliata di quella gratificazione interiore che solo Dio ci può dare con la partecipazione alla comunione di vita. La derisione e la prepotenza diventano allora surrogati attraverso i quali la persona pensa di poter trovare la sua soddisfazione interiore. Nel vivere comune questo atteggiamento è diffusissimo ed è un grave problema che investe tutti gli ambienti di vita in cui si è costretti ad una convivenza, dalla famiglia, alla scuola, al lavoro, etc.. Il Salmista ci insegna ad evitare di cadere in tale terribile sbaglio ancorandoci sempre al Signore e, nel contempo, ci indica in Dio, anche la soluzione del problema nel caso opposto in cui siamo noi le vittime dell’emarginazione. Oggi vivere il Vangelo nella vita quotidiana è causa determinate e sicura di emarginazione e derisione, a maggior ragione, dunque, per evitare di conformarsi alla massa di coloro che praticano il bullismo occorre mantenersi saldi in Cristo e cercare nel suo esempio di fedeltà e obbedienza a Dio, la forza di andare a avanti e l’amore che consola e gratifica più di ogni altra realtà terrena.
Capo d’Orlando 15/01/2013
Dario Sirna