“NON SARA’ DATO ALCUN SEGNO”

MARCO 8, 11-13

Buongiorno a tutti,

il cammino di questo lunedì  della sesta settimana  del tempo ordinario è proposto dai  seguenti  versi del Vangelo di Marco:

11Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. 12Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». 13Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.”

                                           

Un detto popolare recita così: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. E’ questo il problema principale della fede di ognuno di noi. I farisei del Vangelo, farisei di ieri, sono anche i farisei di oggi, uomini che di fronte all’evidente dimostrazione di amore manifestata da Dio all’uomo per mezzo della crocifissione del Figlio e della Sua risurrezione e ascensione al Cielo, hanno bisogno ancora di segni, di prodigi, di miracoli che possano suggestionarli e convincerli che Dio, il grande prestigiatore dell’universo, esiste davvero.  Per alcuni è più facile credere che il creato sia frutto di nulla, frutto di un gioco di prestigio operato dal dio nulla, come se dal niente, per la potenza del niente, potesse improvvisamente generarsi il tutto. Per questi tali il tutto potrebbe implodere improvvisamente in un niente. Come dire che tutto si è auto-creato e tutto può autodistruggersi per una forza ignota insita nel niente. L’assioma cade immediatamente da se stesso e si auto-contraddice, il niente infatti è per definizione niente, ossia assenza di tutto, anche di forze. Ciò che non è creato, non esiste e ciò che non esiste non ha una sua forza di esistere, altrimenti esisterebbe già per effetto di questa sua potenzialità. Il niente non è qualcosa, da se stesso non ha potenzialità di esistere in quanto una potenzialità esprime già di per sé un’energia e quindi una realtà. Il problema principale della fede e del credere risiede innanzitutto nell’oggetto della nostra attenzione. Se la nostra idea di Dio corrisponde all’idea di un prestigiatore, di un essere cioè capace di divertirci con gli effetti speciali di tutti quei giochi che sfidano e vincono le forze della natura, effetti che in un certo qual modo giustificano la nostra esigenza di vedere in Dio una figura soprannaturale e che come tale sta al di sopra delle regole e leggi a cui siamo soggetti noi, è ovvio che non troveremo mai risposta alle nostre richieste, è ovvio che non avremo mai segni da parte di Dio, è ovvio che non troveremo mai tale dio, per il semplice fatto che si tratta di un dio che non esiste. I farisei del Vangelo assistono al segno miracoloso della moltiplicazione dei pani e dei pesci, segno sicuramente straordinario, ma essi di fronte a tale segno non credono e cercano un altro segno, segno che loro chiamano “segno dal cielo”. Questo episodio ci mostra chiaramente come essi non stiano effettivamente cercando Dio, e come stiano, invece, cercando qualcosa di diverso, un dio che sia conforme non a se stesso, ma alla loro mentalità, alle loro aspettative, alle loro esigenze, ai loro interessi. Il Dio manifestato da Cristo non è di loro gradimento, non corrisponde alla loro logica, non piace alla loro politica, non serve ai loro affari, perciò essi non lo riconoscono e con la scusa di un “segno dal cielo” giustificano la loro incredulità, giustificano la loro avversione a Gesù, giustificano la loro posizione e la loro coscienza. Per credere in Dio, per riconoscerlo presente nella nostra vita, per accogliere in noi la sua manifestazione, occorre liberarsi di se stessi, occorre svuotarsi del proprio io, occorre togliere dalle nostre orecchie tutte quelle parole elaborate dai nostri interessi personali che ci spingono verso direzioni obbligate e che non ci permettono di essere liberi di ascoltare la voce del Signore, liberi di riconoscerla, liberi di accoglierla, liberi di seguirla. Il linguaggio parlato da Dio è il linguaggio dell’amore. Dio parla solo questa lingua e lo si può ascoltare, riconoscere, incontrare e accogliere solo se il nostro interesse per Lui è un interesse di amore. Se non ragioniamo con la lingua dell’amore non potremo mai comprendere il creato, non potremo mai ascoltare la Parola di Dio, non potremo mai capire Cristo, non potremo mai leggere gli infiniti e continui segni attraverso i quali Dio si manifesta nella storia e nella vita di ciascuno di noi. La perfezione di Dio, unica vera motivazione di suggestione per noi, sta nella infinita bellezza del suo amore. Per restare conquistati dalle opere di Dio bisogna rivolgersi ad esse con la motivazione dell’amore, altrimenti si corre il rischio di vivere da atei, di vivere senza trovare un senso in nulla. Attenzione che anche l’approccio dell’amore, se non è fondato su Cristo, può fuorviare. Non sempre infatti quello che noi chiamiamo amore è veramente amore, molto spesso è un sentimento egoistico che, mascherato dal sentimento, non si conforma alla manifestazione vera dell’amore, quella data da Dio con il dono e il sacrificio del Figlio sulla croce.

Capo d’Orlando, 16/02/2015

Dario Sirna.

La Parola ci guida 17022014 - Copia

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