AUTUNNO AL BIVIERE DI CESARO’
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In questo modo abbiamo avuto l’opportunità di godere della bellezza del bosco d’alta quota nella prima parte dell’escursione, caratterizzata appunto dall’attraversamento della faggeta, e della dolcezza del paesaggio montano e lacustre nella seconda fase della stessa, caratterizzata proprio dalla visita delle aree umide in questione. Il punto di partenza è stato raggiunto utilizzando l’arteria montana che collega Portella Gazzana (Longi) con Portella Scafi. Questa pista forestale è asfaltata fino alle case di Mangalavite, poi prosegue in terra battuta, ma le sue attuali condizioni sono tali da permettere agevolmente il transito di autovetture utilitarie fino a Portella Scafi, oltre questa meta le condizioni delle piste forestali sono pessime a causa del ristagno sui tratti in piano di acqua piovana e della conseguente formazione di fanghi, buche e fossati molto profondi. In queste condizioni consigliamo vivamente il cammino a piedi, che oltre a regalare infiniti spunti fotografici, permette di godere al massimo dei vantaggi dell’aria pulita e del contatto diretto con una natura sana e affascinante. Il cammino a piedi si svolge su pendenze che alternano tratti in piano, tratti in discesa e tratti in salita, ma comunque non richiede particolare impegno e non presenta alcun tipo di difficoltà. La lunghezza complessiva, andata e ritorno, conta poco meno di dieci chilometri. In questi giorni di inizio inverno, nonostante i primi rigori della neve e del gelo, presentatisi a fine novembre, la natura ha ancora un aspetto tardo autunnale, con alberi già completamente spogli e alberi ancora semivestiti. La bellezza degli alberi emerge dal bosco come da una donna che si sveste per sedurre il suo sposo. Cadute le foglie, ogni singolo rametto, insieme a tronchi, rami e branche, viene illuminato dalla luce del giorno mostrando la sua nuda bellezza. I raggi solari, oramai liberi di insinuarsi tra le impalcature legnose, penetrano all’interno della volta boschiva fino a raggiungere il tappeto di foglie secche che riveste il suolo. Sfere dorate di luce si posano ovunque diffondendo nel sottobosco il chiarore cristallino di una nitida purezza. Dalle cortecce emergono in tutta la loro stupefacente bellezza i colori dei muschi, dei licheni, dei disegni maculati delle muffe e degli ossidi, in un gioco di accostamenti formidabile e inimitabile. I toni argentati si susseguono in mille sfumature differenti, virando ora al marrone, ora al verde rame, ora al verde scuro. Il mimetismo naturale di questo regno vivente raggiunge simulazioni e imitazioni di straordinaria fattura. Su alcuni rami, nelle vallate meno esposte e nei pendii più riparati, le foglie non soggette alla violenza degli agenti atmosferici, rimaste illese sugli alberi, e per questo ingiallite lentamente ed efficacemente, con i riflessi delle loro trasparenze colorano di oro e di ambra i fasci di luce che scendono nel sottobosco. Gli esemplari più belli diffondono nella brezza celeste calde atmosfere tinte di arancio che catturano con la seduzione del loro bagliore l’attenzione di ogni passante. Anche gli animali selvatici sembrano apprezzare tale incantevole vista, mostrando di preferire chiaramente tali postazioni. Lasciato il bosco tutta la bellezza della montagna sembra sprigionarsi dal forte e luminoso contrasto tra i verdissimi prati e le cortine boschive sfumate qua e là di rosso. L’autunno, con il suo carico di umidità e con le sue basse temperature, trasferisce la verde clorofilla dalle chiome degli alberi alle erbe prative, intensifica i colori, scurisce le tinte e disegna nuovi paesaggi, ricchi di armoniosi e incantevoli contrasti. In questo contesto di grande fascino le placide acque dei laghetti e del Biviere si inseriscono all’interno del paesaggio come preziosissime perle incastonate in un gioiello di grande valore. La luce azzurra e trasparente del loro lucido volto brilla in mezzo alla natura come uno zaffiro, mentre i riflessi rossi del bosco incendiano il grande diadema di Monte Soro, rivestendolo del bagliore accecante di una tempesta di grossi rubini. Dalle secche del lago foltissimi canneti con le loro chiome argentate nascondono tra le loro fratte cospicui stormi di uccelli acquatici. Il rumore dei passi trasportato dalle brezze della valle suona al loro timpano come un campanello di allarme cui reagiscono mettendosi in fuga, in cerca di nascondigli invisibili. L’improvviso decollo dei loro voli disegna sulla superficie del Biviere un groviglio fantastico di luminose scie che, squarciando il pelo dell’acqua, sembrano liberare dal fondale lacustre un bagliore di candidissima luce. Dai cespugli di rosa canina, dalle macchie di agrifoglio e dagli arbusti di biancospino vistose bacche rosse colorano le siepi che fanno da corona ai canneti e alle sponde del lago. In contrasto con esse, le vellutate spighe dei giunchi innalzano verso il cielo le loro affilate spade per dipingere sulla cornice del lago innovative geometrie. Il colore intenso e profumato dell’autunno è ulteriormente esaltato dalle imponenti nubi cumuliformi che torreggiano sulla tenda del cielo, mentre banchi di nebbia stirati dal vento immergono nel mistero le sagome dell’orizzonte. L’anima, travolta da un’onda impetuosa di contemplazione, si gode il salutare respiro della libertà e trova in Dio il suo unico ristoro.
Capo d’Orlando, 10/12/2013
Dario Sirna.