STAGNI IN CONTRADA UZZO DI CESARO’
Gli stagni di contrada Uzzo sono due aree umide che si trovano nel territorio del Comune di Cesarò, all’interno dell’area protetta del Parco dei Nebrodi, ad un’altezza dal livello del mare di poco superiore ai 1.300 metri. Sono molto vicini al Biviere di Cesarò e distano dalla sua sponda Nord Est non più di una quindicina di minuti di cammino. Si incontrano scendendo dalla dorsale dei Nebrodi in direzione del Biviere, all’uscita del bosco di Scavioli, sul versante ovest, a valle del sentiero. |
Per arrivarci occorre seguire le stesse identiche indicazioni fornite per raggiungere il Biviere di Cesarò tenendo conto che all’uscita della faggeta occorre puntare lo sguardo a sinistra, per scorgerli, senza troppe difficoltà, in mezzo ai pascoli che ricoprono tali versanti. Il primo che si incontra è il più alto in quota e in questo periodo dell’anno si presenta asciutto in quasi tutta la sua estensione tranne che nelle porzioni più profonde, ove ristagna un sottile velo di acqua. E’ distinguibile dalla natura circostante, oltre che per la presenza di questo sottile strato di acqua, anche per il verde più acceso della vegetazione erbacea che ne occupa l’intera giacitura. Il secondo stagno si trova a valle del primo ed è separato da esso da una collina, che in parte ne impedisce anche la vista. Solo arrivando sulla cresta di questo rilievo è possibile individuarne le sue placide acque. Ha tutte le carte in regola per potere essere definito un caratteristico stagno di montagna. L’acqua non troppo profonda ricopre buona parte del suo fondale, e anche se la siccità di questi ultimi 4 mesi è stata ininterrotta, risulta temporaneamente asciugato solo nei bordi più esterni. E’ circondato da una bellissima siepe naturale di forma circolare, costituita da un miscuglio di vegetazione arbustiva e lacustre, in cui primeggiano salici, canneti, giunchi di vario tipo e piante acquatiche montane. Le sue dimensioni ridotte, la ricchezza della vegetazione che lo circonda e il contesto paesaggistico in cui è immerso lo rendono particolarmente attraente. La presenza di grossi volatili nelle dense fratte che circondano le sue sponde, la sua posizione scavata all’interno di uno stretto fondovalle, la ricca e intricata vegetazione circostante, gli conferiscono un aspetto tipicamente selvaggio, che a prima vista può far rinunciare al desiderio di visitarlo. Nonostante queste condizioni non proprio invitanti, noi restiamo particolarmente colpiti dalla bellezza selvaggia dell’ambiente che caratterizza tutto il fondovalle e decidiamo perciò di visitarlo ugualmente, percorrendolo in tutta la sua estensione e risalendo, alla fine, i versanti dell’impluvio. Arrivati in prossimità dello stagno ci troviamo di fronte ad una muraglia di giunchi alti oltre tre metri. Cerchiamo una via di accesso facendo attenzione a non sprofondare nei fanghi che precedono lo stagno. Tramite dei varchi ci creiamo vari passaggi verso lo stagno e riusciamo così a fotografarlo da diverse prospettive. Vorremmo percorre tutto il perimetro della riva, ma la fitta vegetazione esistente ci impedisce di proseguire e ci costringe a uscire dallo stagno, a oltrepassare dall’esterno la barriera verde che lo assedia, e a rientravi in un altro punto. Grazie a questa escamotage siamo riusciti a immortalare i vari scorci che compongono il quadro d’insieme, riprendendo i settori più nascosti e gli angoli meno accessibili. Quindi ci portiamo all’esterno dell’area verde e risalendo i versanti della stretta vallata scattiamo le foto dall’alto. Il contesto paesaggistico che circonda questo prezioso stagno è davvero eccezionale per bellezza e ricchezza. Esso si pregia della vista di Monte Soro, la cui faggeta stende la sua frescura e il sua bellezza su tutta la valle, della incantevole vista sulle azzurre acque del Biviere, della dominante presenza del cono vulcanico dell’Etna e delle verdissime oasi di Scavioli e Mangalaviti che si aggrappano sulle pendici di Serra del Re. Di fronte alla presenza di tutti questi elementi, che presi ad uno ad uno sono dei singolari gioielli, mentre messi insieme costituiscono un tesoro di inestimabile valore, restiamo incantati e affascinati, come se avessimo scoperto veramente un favoloso tesoro antico e ricchissimo, racchiuso all’interno di un baule precipitato nell’oblio del tempo. Aprendo lo scrigno siamo rimasti abbagliati dallo splendore promanato da questo tesoro e alla sua “luce abbiamo visto la Luce”. Una Luce superiore, scoperta seguendo i raggi splendenti di queste meraviglie della natura, di cui essi non sono che un riflesso. Come dalla scia luminosa di un raggio riflesso dal mare, andando a ritroso, si giunge alla stella che lo ha emesso, allo stesso modo, dallo splendore di queste bellezze della natura abbiamo potuto contemplare la bellezza e la grazia del Creatore.
Capo d’Orlando, 20/07/2012
Dario Sirna