STRETTA DI LONGI O DEL PARATORE
Siamo nella Fiumara Galati, e precisamente nel punto in cui le due grandi rocche di Pizzo Scalì e di Passo della Zita si avvicinano tra loro stringendosi fino quasi a toccarsi. Per chi osserva dall’esterno le due montagne sembrano un unico rilievo. |
Solo la presenza del fiume costituisce un indizio che può far supporre l’esistenza di un passaggio per le acque tra le due grandissime pareti verticali. Dalla strada a scorrimento veloce per Galati Mamertino ci avviciniamo il più possibile e raggiunto il fiume lo guadiamo per portarci sulla sua sponda longese. Percorriamo a piedi questa sponda per circa 5 minuti, guadiamo nuovamente il fiume riportandoci sulla sua sponda galatese, proseguiamo lungo il corso d’acqua per circa 50 metri e finalmente arriviamo all’ingresso della Stretta. Qui le due pareti rocciose si fronteggiano innalzandosi l’una di fronte all’altra lasciando tra di esse un passaggio di pochi metri del tutto occupato dalle acque del fiume. Impavidi entriamo nelle acque, che si presentano profonde ma calme, cercando il passaggio meno rischioso e più sicuro. Da questa posizione, ormai interna alla Stretta, ammiriamo il grande spettacolo offerto dalla bellissima gola. Le pareti rocciose sono a tratti lisce e levigate, a tratti invece sono scabrose e stratificate. I colori delle pareti di questo primo grande corridoio virano dal giallo ruggine, al grigio perla, e variano sfumando in strisce verticali parallele. Il Fiume è imponente, ma la giacitura del letto è pressappoco orizzontale per cui la corrente delle acque diventa pericolosa solo nei passaggi più stretti e in corrispondenza dei vari salti con cui l’acqua tracima da un piano all’altro. Ci inoltriamo camminando nelle acque del fiume e percorriamo tutto il primo corridoio. Il sole a causa delle imponenti rocce che sovrastano verticalmente il sito ha notevoli difficoltà a penetrare direttamente con i suoi raggi. Solo poche parti di roccia sulle pareti laterali riescono ad illuminarsi, mentre il fiume scorre tutto nell’ombra. Il rumore delle acque in cascata rimbomba da una parete all’altra amplificandosi e diffondendosi con prepotenza in tutto l’ambiente. La vegetazione sulle pareti laterali è rigogliosa. Le pareti della sponda galatese sono ammantate di lussureggianti boschi di latifoglie che scendendo dalle zone più alte, sfidando ogni legge fisica, tentano di avvicinarsi il più possibile al corso d’acqua, ma rimangono comunque confinate al di sopra della roccia nuda che emerge dal fiume. Quando le due pareti della Stretta si allontanano l’una dall’altra di qualche metro, il letto del fiume, a causa di enormi massi rotolati in esso, invece di allargarsi si restringe ulteriormente. I passaggi sono tutti molto stretti e lo spazio ha possibilità di svilupparsi solo in altezza e in lunghezza. Il percorso del fiume nella stretta è sinuoso ed è disegnato da piccole anse collegate tra loro da lunghi corridoi. Guardando in alto spesso la vista è impedita dalle gallerie di verde dei piani superiori. Sul versante longese è possibile scorgere, perfettamente mimetizzato tra le rocce, il percorso dell’antica reggia trazzera un tempo utilizzata per il collegamento tra il paese di Longi e la marina, oggi completamente abbandonata e in parte franata. Le montagne soprastanti sono alte e chiuse tra loro impedendo così alla vista di spaziare al di fuori dello stretto canyon. All’interno della gola vi è un mondo completamente diverso dal resto del territorio. Qui la natura ha mantenuto inalterato il suo dominio e continua a conferire all’ambiente un aspetto selvaggio, spontaneo, totalmente esente dalla mano dell’uomo. Ci rendiamo conto che questa piccola oasi di terra illesa ha potuto mantenere queste sue rilevanti caratteristiche proprio grazie alla difficilissima accessibilità dei luoghi. Le montagne chiudendosi su se stesse con alte pareti verticali, addossate l’una all’altra, hanno difeso se stesse dalla minaccia della devastazione umana. Anche l’antica reggia trazzera, passando ai piani superiori ha interferito pochissimo con l’ambiente sottostante. Essa rappresenta l’unico segno di un intervento umano sul territorio, ma trattandosi di una mulattiera realizzata in un lontano passato utilizzando esclusivamente il pietrame del posto lavorato a secco e oggi totalmente in disuso, il suo impatto ambientale è nullo sia dal punto di vista paesaggistico che dal punto di vista biologico. Questo tesoro è stato ben custodito nel tempo dalle imponenti forze naturali e dallo scarso interesse che ha sempre suscitato nell’uomo. Il nostro auspicio è che possa continuare a mantenersi lo stato attuale, eventualmente garantito da un impegno umano volto unicamente alla salvaguardia integrale della stretta. Ogni intervento su questo territorio, anche il più accurato, è da scongiurare completamente. La presenza umana al suo interno, anche la più discreta possibile è del tutto inopportuna, rappresentando un notevole danno per l’ambiente. Questo regno, che Dio ha riservato a se stesso, deve rimanere tale se si vuole proteggere questo meraviglioso tesoro. Anche la semplice presenza delle orme umane o di sentieri in terra battuta all’interno della gola sembra un grande sacrilegio. Visitandola, infatti, ci si rende conto che all’interno degli strettissimi corridoi percorsi dal fiume non c’è assolutamente posto neanche per un turismo di tipo naturalistico e propriamente di nicchia. La stretta ha invece bisogno di essere mantenuta nello stato attuale e/o eventualmente di essere solo curata. Proseguendo all’interno dei corridoi che si succedono in una sequenza di grande meraviglia, nel cuore della gola il fragore di grandi acque in caduta prende il sopravvento sul rumore del fiume. In lontananza le pareti laterali che si innalzano dalle due sponde del fiume si fronteggiano con elevatissimo sviluppo verticale, avvicinandosi tantissimo e impedendo di vedere la causa del grande fragore di acque. Le due montagne sono separate dal un spazio di pochissimi metri, 3-4 metri al massimo. Come in ogni cuore anche nel cuore della Stretta sono racchiuse le bellezze più grandi. Dobbiamo proprio avvicinarci tantissimo per capire cosa si nasconde dietro i due grandi sipari rocciosi che delimitano lo spazio a monte. Le acque si fanno profondissime, il fiume riempie tutto lo spazio tra i due contrafforti, le rocce nude, levigate e colorate esprimono tutta la bellezza della montagna, l’ombra si infittisce, il rumore aumenta. Nelle acque, per quanto possibile, ci sbilanciamo verso l’interno del fiume e finalmente scorgiamo la scena più bella di tutto lo spettacolo visto fino ad ora. Un lungo, stretto e alto corridoio di roccia nuda è percorso dalle profonde acque del fiume, sullo sfondo una cascata, di 4-5 metri, riversa tutte le acque del fiume dal piano superiore al piano inferiore dello strettissimo e buio corridoio. Un fascio di luce solare intensa e diretta illumina esclusivamente la cascata esaltandone straordinariamente la bellezza in un gioco di luci, ombre, acqua e rocce veramente unico. In questo cuore la bellezza e l’armonia di tutti gli elementi che contribuiscono a realizzare l’intera opera si svelano nella loro totale integrità, conferendo alla scena un aspetto straordinariamente spettacolare.
Non ci sono parole per descrivere la grande maestria e armonia utilizzata dal Creatore per realizzare questo piccolo e preziosissimo tesoro. Ogni elemento oltre a presentarsi nella sua veste di massima bellezza occupa nella scena una posizione perfetta. Nulla sembra lasciato al caso, tutto sembra, invece, disposto in modo tale da condurre l’animo umano alla pura contemplazione dell’opera di Dio.
Capo d’Orlando 29/04/2012
Dario Sirna