I MEGALITI DELL’ARGIMUSCO DI MONTALBANO ELICONA – III PARTE
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Esso si compone di due rocche, apparentemente unite, ma in realtà separate da un breve passaggio. Le due rocche primeggiano soprattutto per le loro dimensioni e per la loro imponenza, mentre nella forma hanno poche somiglianze a specifiche figure o rappresentazioni delle stesse. A dire il vero la Rocca di levante, sul versante nord, presenta un’insolita forma, che nel chiaroscuro è evidenziata dalle sagome e dai profili esterni della roccia. Protesa in avanti, quasi staccata dal corpo principale della rocca, come se fosse stata estratta dalla abile mano di uno scalpellino, si scorge il profilo longilineo di una sagoma che somiglia moltissimo a una donna in preghiera e con in braccio un bambino. La presenza di una sporgenza rocciosa proprio sulla testa di tale figura umana aggiunge alla composizione la sembianza di un’aureola, assomigliante a quella dei simulacri delle Madonne. Proprio questo insieme di elementi particolari se osservato con attenzione lascia stupiti e fa immaginare con convinzione la forma di una grande statua religiosa. E’ ovvio che il fenomeno è un evento naturale del tutto casuale che, con un minino di immaginazione, si presta facilmente a questa interpretazione, ma niente di più di questo. Non crediamo assolutamente alla tesi di una scultura effettuata dall’uomo nel tentativo di dare a questa roccia un volto sacro, così come non crediamo che tutte le altre ambigue forme dei vicini Megaliti siano frutto di una mano antica. Pensiamo invece che esse siano dovute a una casualità naturale, favorita dalla composizione dei megaliti, dalla morfologia delle rocce e dalla lavorazione operata dagli agenti atmosferici. Certo è però che con un briciolo di immaginazione è possibile viaggiare in mezzo a queste grandi rocche pensando facilmente di trovarsi in mezzo ai resti storici di una civiltà antica dedita al paganesimo, e che in epoca recente il sito sia stato convertito al cristianesimo con la introduzione di questa figura sacra, ma questa ipotesi secondo noi non troverà mai nessun fondamento, specie perché il culto cristiano è sempre fortemente presente in tutto il territorio siciliano e ciò non giustificherebbe l’incuria dell’eventuale opera. Ci piace invece immaginare qui la presenza di un laboratorio artistico naturale in cui le materie prime lavorate sono proprio le rocche mentre gli artisti che le lavorano, sono il vento, la pioggia, il gelo, il sole, il caldo e la neve. Ad ognuno di questi elementi atmosferici corrisponde una azione specifica e particolare, cosicché ciò che inizia il vento, viene continuato dalla pioggia, rifinito dalla neve, cotto dal calore, temprato dal gelo, colorato dal sole, levigato dalla neve, ultimato dal tempo. In questo meraviglioso parco, pieno di mistero e di fascino, è la natura a dare all’uomo una prova della sua impareggiabile e instancabile abilità. Altra caratteristica di queste due rocche è la facilità con cui si prestano ad essere risalite fino alle loro estremità più alte. Ciò diventa possibile specie dai versanti meridionali, che si inclinano con dolci pendenze verso il piano campestre senza opporre impedimento al loro attraversamento. Ma la veloce risalita delle rocche termina proprio sulle loro cime, ove esse presentano tutta la loro pericolosità con strapiombi che precipitano a valle con un vertiginoso salto di oltre trenta metri. La posizione raggiunta ci solleva su tutto l’altopiano dell’Argimusco regalandoci una stupenda visione area su tutta l’area del parco. I singoli megaliti emergono dal piano di campagna come straordinari monumenti disposti opportunamente per vigilare su tutta l’area e al contempo per mettere in rilievo la loro bellezza. Essi con la loro immobile presenza danno così l’impressione di rompere la solitudine della montagna per popolarla di incantevole bellezza. Una bellezza che non si esprime nella semplice contemplazione delle rocche, dei loro colori, delle loro forme, della armonica composizione del parco, ma nel gusto interiore della scoperta di una volontà superiore che permette tutto ciò proprio per allietare il nostro cuore nel tentativo di renderlo complice e partecipe del grande progetto dell’amore. In questo parco non è la luce del sole, né la luce delle stelle, né la luce della Luna ad illuminare la scenografia generale, ma una Luce madre di tutte queste luci, una Luce che mantiene e permette il realizzarsi di questo spettacolo, una Luce che tutto rende possibile solo ed esclusivamente sotto la spinta incontenibile e inarrestabile dell’Amore, di quell’Amore che dice e crea, pensa e fa, promette e realizza, giura e mantiene, desidera e dona, visita e rinnova, gioisce e condivide. Ciò ci fa acquisire la consapevolezza di essere cercati, di non essere soli, di non essere abbandonati, di avere Qualcuno che ci vuole bene davvero, di avere Qualcuno che pensa costantemente a realizzare il nostro bene e a portarlo avanti, di avere Qualcuno che è disposto a spendersi per noi, per la nostra gioia e per la nostra vita eterna. Nasce allora in noi la gratitudine di esistere, la gratitudine di valere, la gratitudine di essere amati, la gratitudine di conoscere Dio e di vivere in comunione con Lui.
Capo d’Orlando 12/03/2013
Dario Sirna