MARCO 10, 28-31
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi è proposto dai seguenti versi del Vangelo di Marco:
“28Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».29Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. 31Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».”
Il Vangelo di oggi è collegato al brano di ieri e ne costituisce un vero e proprio approfondimento. I discepoli dopo l’episodio del giovane ricco e dopo le conclusioni tratte da Gesù in merito alla vita eterna e al condotta da seguire per conseguirla, si preoccupano della loro condizione e interrogano il Maestro sulla loro sorte in conseguenza della loro scelta di sequela di Cristo. Hanno lasciato tutto per seguire il Maestro, in un certo senso dopo le precisazioni di Cristo, si sentono di essere nella condizione precisata da Gesù per conseguire la vita eterna. Ma è veramente così? Essi hanno cioè una reale percezione di quello che significa entrare nella vita eterna? Si rendono conto dei frutti che le loro scelte stanno portando a maturazione? O, pure loro non riescono a vederli perché fissati su altri concetti? Il loro concetto di sequela è veramente finalizzato alla missione di Cristo? E’ infatti nella realizzazione di tale missione il conseguimento della vita eterna. La risposta di Cristo evade anche le nostre domande e dissolve tutti i nostri dubbi. Cristo ci chiama a lasciare i nostri affetti e le nostre cose non per disprezzo di esse ma per donarle al mondo intero, consentendo in questo modo al nostro cuore di allargare il suo dominio dalla nicchia del nostro io alla infinita e illimitata dimensione del mondo intero. La rinunzia a cui ci chiama Dio è una rinunzia ai limiti che noi imponiamo al nostro cuore. Imporre al nostro cuore l’attaccamento agli affetti della famiglia e degli amici stretti e al possesso dei nostri beni significa impedire a esso di amare tutti e tutto. Attenzione che non stiamo parlando di ingordigia, ma di comunione con il mondo intero. Vivere questa comunione significa estendere l’amore che nel nostro cuore fiorisce per le persone della nostra vita a tutta la gente del mondo, senza porre limiti verso nessuno. In questo modo ogni madre diventa per noi nostra madre, ogni figlio è per noi nostro figlio, ogni famiglia è per noi la nostra famiglia, ogni casa è per noi la nostra casa, ogni problema è per noi un nostro problema, ogni difficoltà è per noi una nostra difficoltà, ogni gioia è per noi una nostra gioia. La vita eterna la si riceve abbandonando la logica della cura dell’orticello personale per abbracciare la logica ben più ampia della comunione con il mondo intero, comunione in cui il nostro cuore è chiamato a partecipare alla vita di ogni essere umano rendendosi responsabile e attore del suo bene, della sua felicità e della sua salvezza, ma questo sempre con rispetto, senza imposizioni, con gratitudine e con grande libertà. Questo cammino non è un cammino che l’uomo può compiere da solo, ma è un cammino che l’uomo compie solo ed esclusivamente sotto le direttive dirette di Dio, ossia mettendosi nella condizione della sequela di Cristo e dell’obbedienza perfetta alla sua volontà. Il concetto di vita eterna è un concetto che rompe i vincoli imposti dai limiti del tempo, esso va oltre una dimensione finita e personale per approdare ad una dimensione illimitata e comunitaria. Così chi è interessato alla vita eterna abbandona il concetto del suo tempo di vita per allargarsi al tempo di vita di tutti. La rinuncia all’egoismo è infatti liberazione dal tempo e dallo spazio che compete solo al nostro io ed estensione al tempo e allo spazio di tutti. Questo interesse diventa al tempo stesso ricompensa, gratificazione, premio che ricolma il cuore di soddisfazione e appagamento. La partecipazione infatti alla vita dei nostri fratelli nella logica cristiana è condivisione piena della stessa. Ciò è uno sprono a seguire Cristo in quanto per la generosità di Dio l’uomo che intraprende tale cammino e che lo conferma con decisione anche di fronte alle sofferenze, ai dolori, ai pericoli, ai sacrifici e alle difficoltà non è amato da Dio solo nel futuro della vita in Paradiso, ma è amato da Dio subito, immediatamente, direttamente e indirettamente, con ricompense spirituali e con risposte d’amore da parte dei fratelli. Questo cammino impone a noi stessi di mettere il nostro io all’ultimo posto nella scala dei nostri interessi e dei nostri amori, per dare tutto il nostro spazio e il nostro tempo a Dio e al nostro prossimo. In questo modo diventiamo ultimi nel mondo, ma agli occhi di Dio siamo primi nell’amore, primi nella ricerca del bene, primi nella comunione con Lui, primi nell’adesione piena al suo progetto di vita eterna.
Capo d’Orlando, 04/03/2014
Dario Sirna.