MAGIA DELLA NEVE NELLA FAGGETA DI MONTE DELL’ORSO

FLORESTA – MONTE DELL’ORSO – FAGGETA IMBIANCATA

Nella tradizione popolare ci sono molti detti che descrivono  il clima del mese di marzo, tra essi citiamo i seguenti due: ”Marzo pazzerello, prende il sole e posa l’ombrello” e “U friddu di mazzu trasi ‘nte corna di boi”. Questi due detti della sapienza popolare, redatti in base alla osservazione millenaria del clima, rispecchiano due caratteristiche principali del tempo di marzo.

La prima si riferisce alla notevole mutevolezza del clima, ossia alla sua capacità di invertire in tempi rapidissimi fasi calde e sciroccate a fasi fredde e pungenti, la seconda, invece, ci rammenta che nonostante l’atmosfera primaverile e il tepore di un sole sempre più radioso e presente, l’inverno non è ancora finito e che  è in grado di portare a compimento grandi successi con colpi di coda  che non hanno nulla da invidiare alle intense fasi fredde e perturbate di gennaio, anzi l’esperienza ci porta ad affermare che spesso quest’ultimo mese, per tradizione il più temuto, a causa delle sue tipiche e prolungate secche, è meno efficace del mese di marzo in fatto di precipitazioni, freddo e neve. La settimana scorsa, dopo quindici giorni di vicende alterne dominate dalle miti correnti atlantiche, un’area di alta pressione ha innalzato un potente scudo anticiclonico sull’Europa Occidentale. Il promontorio in questione ha invaso le aree prossime al circolo polare artico provocando così il movimento di enormi masse d’aria fredda da quelle latitudini verso l’Italia. La colata gelida che ha seguito l’innalzamento barico è sprofondata sul Mediterraneo occidentale e ha così favorito l’approfondimento di un vasto minimo ciclonico che con la potente forza delle sue spire ha convogliato in se stesso l’aria fredda scalzata via dall’Artico. In questa situazione il calore delle acque mediterranee incentiva la fase perturbata e diventa origine di intensi e organizzati ammassi nuvolosi forieri di grandi precipitazioni. Nel caso in questione il grosso della fredda aria Artica, a causa della posizione troppo occidentale del cuneo di alta pressione, è scivolato sul Nord Africa, da dove poi, in seguito al richiamo delle spire cicloniche del minimo Italico, mitigato dall’aria calda incontrata lungo questo grande giro, è giunto sulle nostre regioni meridionali e sulla Sicilia dando luogo a precipitazioni abbondanti, nevose solo sopra gli ottocento metri slm. La fase perturbata più intensa è durata 24 ore ed è stata caratterizzata da una instabilità molto accentuata in seno alla quale si sono inseriti temporali, grandinate e raffiche forti di vento. Tale repentino cambio circolatorio ha riportato la Sicilia nell’inverno permettendo alla neve di fare la sua bella comparsa su tutti i rilievi del versante settentrionale. In particolare i Nebrodi sono stati colpiti nel giro di poche ore da abbondanti nevicate che hanno ripristinato il manto nevoso, laddove la mitezza dei giorni precedenti lo aveva completamente debellato. La coltre di neve fresca caduta ha superato lo spessore di 60 cm a 1.200 m slm, ma in molti punti ha raggiunto altezze ben più grandi, causando forti accumuli. Noi, affascinati, come sempre dalla Dama Bianca, con cui abbiamo un rapporto di grande amicizia, abbiamo deciso di documentare anche la bellezza di questa fase invernale, ma per non proporvi sempre le solite immagini abbiamo effettuato un’escursione molto particolare, suggeritaci dal tipo di neve caduta. Sabato 16, terminate le precipitazioni in macchina abbiamo raggiunto immediatamente la dorsale seguendo il percorso della Statale che collega Capo d’Orlando con Randazzo e abbiamo potuto constatare con grande gioia che le abbondanti nevicate cadute in quota avevano prodotto una meravigliosa trasformazione del mondo vegetale e in particolare dei boschi. Non avendo tempo disponibile per un accurato servizio fotografico abbiamo deciso di rimandare l’escursione a Domenica mattina. Informatici sulle condizioni climatiche della domenica e pressati da altri impegni, al fine di godere lo spettacolo più bello  e di poterlo documentare per mostralo ai lettori, abbiamo scelto di anticipare l’escursione alla luce dell’alba. Così abbiamo raggiunto Portella Mitta alle 7,00 del mattino e da lì in ciaspole ci siamo avviati verso il Monte dell’Orso. Questo monte, forse poco conosciuto, ma facile da individuare perché in posizione strategica rispetto alle vie di transito, ha la favorevole caratteristica di essere esposto alle correnti fredde dei versanti settentrionali, di essere alto oltre i 1.400 m. slm, e di essere ricoperto da un fitto bosco di pini e faggi. La neve trova sui versanti di questa montagna le condizioni ideali per cadere in abbondanza e per attaccarsi agli alberi in maniera duratura e senza essere scrollata dal vento. La particolare conformazione del Monte favorisce dunque abbondanti nevicate e spettacolari panorami. Sempre grazie alla conformazione montuosa di questi versanti dei Nebrodi la neve qui si mantiene a lungo, con un aspetto inalterato e una bellezza sempre fresca e luminosa. Abbiamo avuto la grazia di inoltrarci all’interno del bosco e di scoprire nelle zone più alte e inaccessibili l’esistenza di un regno veramente incantevole e unico. Una camminata indimenticabile effettuata in gran parte  in mezzo a una faggeta fittissima, formata da fusti esili, alti e molto ravvicinati, una vegetazione completamente spoglia e intricatissima, costituita solo ed esclusivamente da rami di legno, in parte o totalmente, ricoperti di neve dal fondo fino alle cime più alte. Difficile risalire i ripidissimi pendii e trovare un passaggio in mezzo ai tanti tronchi di albero che si stringono l’uno sull’altro come in un forte  e soffocante abbraccio.  Conosciamo molto bene questo aspetto delle faggete più dense ma non avevamo mai visto lo spettacolo  affascinante della neve che ricopre in maniera perfetta ogni  centimetro di tronchi, fusti, branche e  rami. In qualche caso la combinazione dei fusti con la neve è tale  da trasformare il bosco imbiancato in una foresta di stalagmiti di ghiaccio. In occasioni come questa la neve si trasforma in una camicia bianchissima e soffice che viene indossata dagli alberi con grande eleganza, quasi come un abito nuziale puro e senza macchia. Lo spettacolo visto ci ha colto di sorpresa sia perché non ci era mai capitato di poterlo ammirare, sia perché durante il cammino non c’era traccia che ci potesse indicare l’esistenza di questo regno nascosto e invisibile. Transitando dalla dorsale infatti il bosco, seppur vicinissimo e visibile, rimane comunque oscurato alla base dalle alte fronde dei rami che svettano nelle cime, le quali essendo le più esposte ai raggi solari e al vento, difficilmente riescono a mantenere intatta la neve che cade su di esse, cosicché si presentano spoglie  e con il loro fitto e scuro colore di corteccia e legno oscurano lo spettacolo che si trova in basso. La stessa cosa succede guardando il bosco da lontano, anche in questo caso nulla trapela della bellezza che si nasconde nel sottobosco. Più ci inoltriamo nel bosco, più esso si stringe intorno a noi e più ci sembra di restare prigionieri all’interno di un labirinto completamente chiuso e senza uscita. Come migliaia di copie identiche di bianche e longilinee statue, le sagome ghiacciate dei tronchi e dei fusti si impongono nello spazio illimitato uniformando il paesaggio al punto da rendere ogni scorcio identico al resto dell’ambiente. In questo intricato, confuso e movimentato scorrere di immagini identiche  lo spazio sembra fermarsi per riempirsi solo di eternità e di bellezza. Sulla sofficissima neve che ricopre il suolo le orme delle ciaspole rimangono l’unico punto di riferimento per il nostro cammino. Il bosco con le sue bianchissime e insospettabili meraviglie ci inghiotte all’interno della sua magica e misteriosa bellezza proiettandoci nel regno della pace e della luce. Il nostro cammino diventa leggero e facile, spedito e piacevole, gioioso e gratificante perché scopriamo che mentre gli occhi si lasciano conquistare dal grande fascino di questo tesoro nascosto l’anima è immersa nella preghiera con l’intento di lodare e ringraziare il Creatore per averci stupito ancora una volta con  doni inattesi e inimmaginabili.

Capo d’Orlando 19/03/2013

Dario Sirna

 

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