L’ULTIMO SALUTO DELL’AUTUNNO DAL MAULAZZO

ATMOSFERE DA FINE AUTUNNO AL MAULAZZO

Siamo al termine della stagione autunnale e la natura si appresta in maniera sempre più decisa ad affrontare i rigori dell’inverno. Nel regno animale i mammiferi mutano il loro aspetto esteriore ricoprendosi di pellicce folte e lunghe che hanno la funzione di proteggerli dal freddo eccessivo, preparano, inoltre, giacigli in tane buie e isolate, ove ammassano scorte alimentari in vista del lungo letargo invernale.

Nel regno vegetale, la riduzione delle ore di sole, l’abbassamento sull’orizzonte dei raggi solari, e il calo termico, fermano il ciclo vegetativo e costringono le piante a un periodo di quiescenza, durante il quale tutti gli sforzi vengono finalizzati al superamento delle notevoli difficoltà climatiche connesse agli eventi della stagione successiva. In poche parole alberi e animali utilizzano il periodo autunnale per preparasi in maniera adeguata a superare gli attacchi del freddo. Apparentemente potrebbe sembrare che gli alberi, spogliatisi delle foglie risolvano definitivamente tutte i loro problemi, ma in effetti non è proprio così. Una delle calamità più pericolose per la vita di un vegetale è infatti la cristallizzazione della linfa. Ciò avviene quando la temperatura dell’aria si abbassa al punto da provocare il congelamento dei liquidi che circolano all’interno dei tessuti vegetali. Questo fenomeno non solo blocca la circolazione linfatica all’interno della pianta, ma produce anche la rottura di tutti i tessuti interni. La pianta deve dunque adottare nei confronti del freddo degli accorgimenti che gli consentono di evitare questi pericoli letali. Tra le strategie  adottate da un albero ricordiamo la perdita del fogliame, nelle essenze spoglianti, l’irrobustimento delle cortecce esterne, la produzione di sostanze e resine che distribuite nella linfa raggiungono i tessuti proteggendoli dal calo termico e nel contempo abbassano il punto di congelamento della stessa linfa. Una pianta ha maggiore possibilità di superare l’inverno senza morire quanto più marcato è l’abbassamento del punto di congelamento della sua linfa. Alberi resinosi, come le conifere per esempio, hanno linfe che non gelano sotto lo zero termico e possono permettersi il lusso di mantenere il loro fogliame anche d’inverno. Altre piante, pur avendo linfe che non gelano in inverno e pur resistendo in modo efficace anche ai geli più accaniti, hanno un fogliame caduco. Si tratta quasi sempre di latifoglie, di piante cioè le cui foglie hanno forme e spessori incapaci di reggere all’attacco del gelo, del ghiaccio e della neve. Queste piante preferiscono spogliarsi del loro fogliame che mantenerlo e subire per loro causa danni gravi alla loro sussistenza. Confrontando questo comportamento con quello del regno animale sembra che le strategie utilizzate dai due generi viventi siano opposte. In inverno, infatti, mentre gli animali si ricoprono di un folto manto di  peli e pellicce, gli alberi si spogliano del loro manto di foglie verdi per restare completamente nudi. In realtà i due manti non sono paragonabili, perché il paragone riguarda tessuti differenti. Una foglia è più assimilabile alla pelle di un animale che alla sua pelliccia. La foglia infatti contiene un tessuto utilizzato dall’essenza vegetale per il suo nutrimento e per il suo metabolismo, la pelliccia di una animale invece da questo punto di vista ha un ruolo di bassa rilevanza. La pianta eliminando le foglie perde la sua capacità di svilupparsi e di riprodursi e se dopo un certo tempo non torna a germogliare muore per impossibilità di metabolizzare, un animale a cui viene rasata la pelliccia, invece, può  continuare a nutrirsi, a crescere e a riprodursi senza grosse difficoltà. Nella stagione autunnale il calo termico e le condizioni climatiche attivano all’interno degli alberi un meccanismo che blocca la produzione di clorofilla e interrompe il prelevamento dell’energia dalla luce solare. In tal modo le foglie diventano superflue e vengono perciò lasciate cadere. Nel momento in cui la clorofilla scompare dai loro tessuti esse perdono il loro colore verde e si tingono di colori caldi e intensi. Tali colori virano dal giallo oro al rosso scuro. Nei faggi questo fenomeno assume proporzioni spettacolari che generano effetti cromatici straordinari. Il bosco nel periodo invernale è così motivo di grandi spunti fotografici e stimolo per lunghe e rilassanti passeggiate in mezzo a un mondo variopinto, allegro, vivace e sfolgorante. Sebbene le foglie vadano incontro alla morte e sebbene gli alberi privandosene rimangono completamente nudi e privi di una parte fondamentale della loro bellezza, tutto ciò non trasmette tristezza all’animo in quanto la pianta vive tale distacco non con sofferenza e dolore, ma con entusiasmo. Lo testimoniano proprio i colori e la salute delle foglie, le quali colorandosi delle tinte intense dell’oro sembrano essere coscienti non di una realtà di morte e di decomposizione, ma di una realtà di vita eterna. Il loro aspetto gaudioso ed esuberante sembra esternare la conoscenza di un segreto sulla vita che a noi sfugge.  Può un albero essere felice di dovere far cadere tutte le sue foglie? Possono le foglie di un albero essere contente di doversi staccare dalla pianta che le ha generate e nutrite fino a quel momento? Nella stagione autunnale esiste tra l’albero e le sue foglie un distacco definitivo che non viene vissuto in maniera traumatica, ma qual è per noi  il senso di questo evento?    Una foglia che cade è una foglia destinata a morire e a scomparire per sempre, ma è anche una foglia che perde il suo legame con il ramo che l’ha generata, eppure questo evento naturale  inevitabile è vissuto in natura come un momento di grande festa, perché  così è voluto dal Creatore. Possiamo leggere in tale fenomeno un messaggio divino indirizzato a noi? E se è così qual è l’oggetto di tale messaggio? Cerchiamo le risposte  a tali domande sulla base delle  seguenti considerazioni.   Se dalle foglie, che sono destinate a una decomposizione senza ritorno, questo evento è accolto con  gaudio a motivo dell’obbedienza alla volontà divina, quanto più grande dovrebbe essere in noi uomini la gioia di sapere che la nostra morte corporale in Cristo è vinta definitivamente grazie alla partecipazione della sua vita eterna? La nostra vita vale molto di più della vita di una foglia! Dio ce lo ha dimostrato morendo per noi sulla croce e risorgendo per noi dalla morte. Non possiamo non tenere conto di tale realtà e non possiamo non prendere in considerazione il bene immenso che abbiamo ricevuto con la redenzione operata in nostro favore dal Signore stesso. Cristo ha eliminato per sempre la tristezza dalla nostra vita, liberandoci definitivamente dal destino tenebroso e temibile della morte. I nostri giorni terreni devono perciò essere vissuti alla luce di questa importante verità affinché la nostra vita sia già da ora ricolma solo di gioia certa.

Capo d’Orlando, 26/11/2013

Dario Sirna.


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