DEUTERONOMIO 6, 4-25
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi si inoltra all’interno del Deuteronomio, sotto la guida di Mosè:
La legge dell’amore
In quei giorni Mosè, parlò al popolo dicendo: «Ascolta, Israele: Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.
Quando il Signore tuo Dio ti avrà fatto entrare nel paese che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti; quando ti avrà condotto alle città grandi e belle che tu non hai edificato, alle case piene di ogni bene che tu non hai riempito, alle cisterne scavate ma non da te, alle vigne e agli oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guardati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile. Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome. Non seguirete altri dèi, divinità dei popoli che vi staranno attorno, perché il Signore tuo Dio che sta in mezzo a te, è un Dio geloso; l’ira del Signore tuo Dio si accenderebbe contro di te e ti distruggerebbe dalla terra. Non tenterete il Signore vostro Dio come lo tentaste a Massa. Osserverete diligentemente i comandi del Signore vostro Dio, le istruzioni e le leggi che vi ha date. Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore, perché tu sia felice ed entri in possesso della fertile terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti, dopo che egli avrà scacciato tutti i tuoi nemici davanti a te, come il Signore ha promesso.
Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: Che significano queste istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore nostro Dio vi ha dato? tu risponderai a tuo figlio: Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Il Signore operò sotto i nostri occhi segni e prodigi grandi e terribili contro l’Egitto, contro il faraone e contro tutta la sua casa. Ci fece uscire di là per condurci nel paese che aveva giurato ai nostri padri di darci. Allora il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, temendo il Signore nostro Dio così da essere sempre felici ed essere conservati in vita, come appunto siamo oggi. La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore Dio nostro, come ci ha ordinato».
Nella riflessione del 29 gennaio u.s. abbiamo provato a comprendere la dimensione dell’amore di Dio, dimensione che ricordiamo abbiamo misurato con il dono del Figlio e con il dolore della passione affrontata da Questi per la nostra salvezza. In particolare abbiamo riflettuto sulla dimensione della sofferenza di Dio a causa del nostro rifiuto e abbiamo compreso che il dono del Figlio e il dolore fisico della passione da Lui sopportata è un rimedio estremo a cui Dio è ricorso per salvarci dal dolore eterno della nostra perdita. Tale dolore è sofferenza che interessa sia il cuore di Dio, che il nostro cuore. Perdesi per sempre, perdere cioè in eterno la possibilità della piena comunione d’amore con Dio è una condizione infernale che trascina noi uomini verso l’infinito dolore di aver perso per sempre la visione della bellezza Celeste e che allo stesso tempo produce in Dio il dolore grandissimo di averci perduti e di non averci con Lui nella sua infinita gloria. Dio, nel suo grande amore di Padre, comprendendo il grande pericolo derivante dalla nostra continua ribellione a Lui, ci concede il dono del Figlio e della sua missione di Salvezza. Possiamo, dunque, comprendere da tale dono e dalle sofferenze della passione e della crocifissione, quanto è infinitamente grande l’amore del nostro bellissimo Dio per noi. Da questa misura dell’amore di Dio possiamo trarre la misura di ulteriori grandezze interiori che abitano il cuore divino, di cui in primo luogo consideriamo il sentimento della gelosia. La gelosia di Dio per l’uomo è una manifestazione divina che dovrebbe farci esultare di gioia indicibile. La gelosia in questione non è la degenerazione di un perverso sentimento di amore, ma l’espressione più alta del grande bene che Dio ci vuole. La gelosia di Dio non si manifesta con ira e scenate d’amore alla maniera umana, né impone vincoli alla libertà dell’uomo, essa lascia libero il cuore dell’uomo di fare le sue scelte, aspirando a un rapporto sincero, naturale e spontaneo. La gelosia di Dio si manifesta esattamente nella donazione del Figlio e, tramite Cristo, sulla croce. La gelosia di Dio è il dolore terribile e insopportabile del rifiuto umano, il dolore terribile e insopportabile del maltrattamento e della uccisione del Figlio, segno materiale, fisico, concreto e inconfutabile dell’Amore divino. La gelosia di Dio non è da intendere come atto di reazione e vendetta al rifiuto umano dell’amore divino, ma come dolore immenso di Dio al manifestarsi di tale rifiuto. Dolore che Dio ci manifesta con estrema chiarezza e con concreta misura nella donazione del Figlio e permettendo che Questi venga crocifisso e ucciso. Nel dolore di Gesù in croce c’è l’espressione più chiara della gelosia di Dio. Ma tale gelosia da cosa deriva? Ovviamente da un atto di infedeltà dell’uomo. L’uomo è creatura infedele per eccellenza, la prima infedeltà dell’uomo nei riguardi di Dio è rappresentata dalla concupiscenza dell’uomo con il diavolo nel giardino dell’Eden. Qui l’uomo tradisce per la prima volta Dio, mancando di rispetto e di fiducia all’amore che ha per noi. Sarebbe bello al riguardo esaminare il dialogo tra Dio e l’uomo dopo il tradimento di quest’ultimo per leggere nel cuore di Dio il dolore immenso della gelosia e del rifiuto per il tradimento di Adamo ed Eva, ma non possiamo farlo in questa sede, lo faremo più in là. La gelosia è un sentimento che scaturisce dall’amore ed esprime proprio il desiderio di appartenenza reciproca delle due persone che si amano. Quando l’uomo nelle sue scelte mostra con chiara evidenza di avere un cuore diviso tra mille idoli e Dio, o di avere un cuore totalmente appartenete agli idoli, la gelosia del Signore non può che accendersi. Le parole di Mosè: “è un Dio geloso; l’ira del Signore tuo Dio si accenderebbe contro di te e ti distruggerebbe dalla terra,” ci fanno pensare ad un Dio umano capace di distruggere la vita dell’uomo che lo rifiuta e che lo tradisce con un idolo cancellandolo completamente dalla faccia della terra. L’espressione, di Mosè, non va, ovviamente, letta in senso letterale, in quanto se veramente così fosse sulla faccia della terra non esisterebbe più il genere umano da millenni, essa invece utilizza l’immagine della gelosia umana per rendere in maniera chiara ed eloquente il desiderio di Dio di non perderci e per metterci in guardia dal pericolo mortale degli idoli. In effetti il tradimento di Dio da parte degli uomini con gli idoli è già di per sé un atto di auto punizione, una punizione che noi stessi ci procuriamo allontanando il nostro cuore dall’amore vero e dirigendolo verso il vuoto, il falso, il freddo di un una realtà mortale quale è l’idolo. Gli idoli conducono l’uomo alla morte e rappresentano perciò la sua più grande sconfitta. Come risposta alla gelosia suscitata in Dio dall’uomo noi riusciamo a vedere solo il dono del Figlio e l’offerta della vita di Cristo Gesù sulla Croce. Se in questa manifestazione c’è ira divina essa si scatena tutta su Cristo, che diventa un parafulmine per l’uomo. Cristo raccoglie su sé tutte le infedeltà del mondo, le infedeltà di tutti gli uomini e di tutti tempi, le porta su stesso e con l’offerta della sua vita le redime, cancellando per sempre dal cuore di Dio il dolore immenso del tradimento. Cristo è la nostra unica possibilità di riscatto, Cristo è l’unico mezzo che abbiamo per riparare alle offese fate all’amore divino e per risanare il nostro rapporto intimo con il Signore. Cristo è veramente il nostro Salvatore, colui che salva il nostro cuore dalla terribile prospettiva di un’eternità senza Dio, di un’eternità senza amore, di un’eternità di immenso dolore. Se veramente capissimo la bellezza del dono fattoci da Dio con Cristo non permetteremmo mai più alla nostra vita di rivolgersi altrove, di allontanarsi da Cristo, di perdersi dietro le vuote e insoddisfacenti lusinghe degli idoli e di tutti quegli anticristi che ci spingono continuamente a tradire l’amore di Dio. La vita è un continuo gioco di seduzioni al cui centro c’è l’uomo e la sua felicità eterna. In questa infinita giungla di proposte d’amore che attaccano il cuore dell’uomo Cristo ci insegna il significato del verbo amare e ci indica la via del vero amore, la via dell’amore eterno, la via dell’amore che non delude e non tradisce mai. Le superiori Parole di Mosè sono dunque precetto di Dio che contribuisce a definire la legge dell’amore.
Capo d’Orlando 30/01/2013
Dario Sirna