QUATTRO PASSI SUL MAULLAZZO GELATO
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Gli elementi principali che compongono questo ambiente sono solo la neve, il bosco e il cielo. Tre soli elementi fortemente dominanti, che con la loro semplice ma importante presenza riescono a formare uno scenario pregevole. I faggi che scendono dalle pendici fittamente rimboschite di Monte Soro si addossano l’uno sull’altro, coprendosi a vicende e accalcandosi verso il piccolo bacino del Maullazzo, come in una corsa sfrenata per un posto di onore in prima fila. Le sponde del Lago sono infatti popolate dagli esemplari di faggio fino al limite della battigia e talvolta sono così piene di alberi da creare difficoltà nel cammino. Come spinti da una folla che si accalcala alle spalle nel tentativo di raggiungere i primi posti, gli esemplari della fila più esterna, sotto tale pressione, sono costretti a inclinarsi verso le acque del lago e a far scendere le proprie fronde fino quasi a sfiorarle. In questo periodo dell’anno il faggio è completamente spoglio e ci dà la possibilità di ammirare l’elegante raffinatezza della esile struttura dei rami terminali. Questi piccoli rametti, protetti dalle loro cortecce rossastre, scendono verso il basso proiettandosi sulla superficie del lago. Il contrasto delle loro scure e lineari ossature con il bianco del riverbero che risale dalla coltre di neve e gelo che ricopre il Maullazzo crea così un effetto molto interessante e particolarmente affascinante. Talvolta tale cascata di rami, insieme all’effetto ottico della luce rifratta dalla gelida pellicola di aria che sovrasta il lago, crea delle illusioni fantastiche in cui l’occhio percepisce il paesaggio come capovolto. Si perde la cognizione del basso e dell’alto, questi due estremi si invertono e la sensazione è che il cielo è stato precipitato sul fondo mentre quest’ultimo è stato innalzato verso il cielo. Contribuisce notevolmente a rinvigorire tale effetto la forma piangente dei rametti che scendono dalla fitta massa del bosco. Queste scene si ripetono lungo tutta la battigia ovest del lago e regalano infinite possibilità di scatti fotografici e di spunti artistici. La bellezza del luogo è comunque esaltata dalla meravigliosa distesa di gelo e neve che ricopre con perfezione l’intero volo dello specchio d’acqua. La trasformazione dall’azzurro al bianco del colore della superficie lacustre accresce notevolmente la sua luminosità favorendo la brillantezza dei contrasti e la purezza dei colori. I contrasti più forti sono offerti dai colori intensi del cielo, che a questa quota e in queste condizioni di innevamento, si veste delle tinte più scure e più attraenti del blu cobalto. Tra il bianco riflettente, purissimo, livellato e levigato della superficie del lago e il telo celeste si interpone la stretta fascia occupata dai caldi colori del legno di faggio. Il bosco forma dunque un anello di congiunzione attraverso il quale il paesaggio si armonizza e lega mutuamente i componenti che lo costituiscono. Lo scenario del lago si sviluppa tutto intorno ad esso in un quadro al cui centro c’è la bellissima e candida distesa di neve e ghiaccio che ricopre uniformemente e omogeneamente l’intera superficie lacustre, senza lasciare spazio alcuno ad altri colori e ad altre presenze. Gli unici segni che interrompono l’immacolata e pianeggiante distesa di bianco che ricopre le acque sono le orme lasciate da vari mammiferi di piccola taglia durante l’attraversamento della gelida landa. Tali percorsi trasversali tagliano in due l’area dello specchio gelato e uniscono le due sponde secondo linee rette che passano per il centro. La passeggiata lungo le sponde del lago regala grandissime sensazioni, amplificate dalla bellezza di un ambiente ancora intatto, un ambiente immerso nel profumo fresco di una natura pura e sfolgorante, giovane ed esuberante, ricca e attraente. Le aree del bosco esposte all’ombra e chiuse nelle piccole vallate che scendono da Monte Soro mantengono intatto lo spettacolo della galaverna, esaltando l’aspetto gelido del clima in cui tutta la zona è immersa. Fare il giro del lago, percorrendone tutte le sue sponde, scendendo e risalendo dalla battigia imprigionata nella morsa solida del ghiaccio, permette di scoprire tutti i segreti nascosti di questo regno d’alta quota. Gli scorci panoramici incorniciati dai tronchi di faggio segmentano lo specchio lacustre in una infinita e accattivante successione di tessere, la cui unione forma l’immagine completa di un luminoso puzzle. Ognuno di questi piccoli quadretti introduce l’anima in un viaggio nuovo, secondo un cammino che non stanca mai, ma che, al contrario, diventa sempre più eccitante e sempre più coinvolgente. Finito un percorso, al passo successivo, ne inizia subito un altro, non meno interessante ed esaltante del precedente. L’escursione diventa così un rinnovarsi continuo di piccoli cammini, ognuno dei quali resta indelebile nel ricordo della fantasia e del paesaggio, ricordo fortemente alimentato dalle emozioni accese da una seducente e sfavillante Dama Bianca. L’incontro con il creato dà immediatamente origine ad un incontro più esaltante al cui centro c’è il Creatore. Impossibile camminare sui sentieri di questo bianco paradiso terrestre senza sentire il profumo invitante della santità di Dio sprigionarsi verso di noi e farsi nostro amico. Improvvisamente il silenzio e la solitudine della neve e del ghiaccio diventano compagnia, speranza, certezza di un amore superiore che desidera il nostro cuore per ricolmarlo solo di bene e di eterno appagamento. L’anima rapita dal dolce moto dell’onda contemplativa si lascia trasportare verso le altezze celesti con lo scopo di lodare e ringraziare Dio per il grande dono ricevuto.
Capo d’Orlando 11/03/2012
Dario Sirna