LUCA 7, 31-35
Buongiorno a tutti,
continuiamo il nostro cammino quotidiano lasciandoci guidare dal Vangelo di Luca, di cui la liturgia di oggi ci propone i seguenti versi:
“ 31A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile?32È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
«Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!».
33È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: «È indemoniato». 34È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: «Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!». 35Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».”
I bambini di questo brano del Vangelo non sono i piccoli a cui è destinato il Regno dei Cieli, ma sono bambini capricciosi e incontentabili, che hanno da ridire su tutto e che con le loro monellerie contrastano continuamente la volontà dei genitori, creando loro seri problemi. Questi bambini siamo sempre noi quando di fronte all’invito di conversione del Signore sappiamo sottrarci con scuse che giustificano il nostro comportamento e occultano il nostro desiderio di restare quelli che siamo e di non volere rinunciare alle nostre idee, alla nostra mentalità e ai nostri programmi di vita. Il problema riguarda non singoli soggetti, ma generazioni intere di uomini, generazioni che hanno sempre qualcosa da obiettare e da ridire sull’operato di Dio e sulla missione di Cristo. Questo atteggiamento contestatario ha il potere di ribaltare la “realtà”, facendo passare Dio per antiquato e inadeguato e noi per vittime innocenti. E’ tipico del male ribaltare la verità e trasformare una colpa in ragione, un torto in difesa, trovare sempre e in ogni caso una giustificazione che motivi le nostre ragioni e che nel contempo faccia ricadere la colpa sugli altri. Un gioco che si impara da bambini e che si continua ad esercitare da adulti. Bisogna maturare, crescere, diventare figli della Sapienza per riuscire a superare questo limite tipico della condizione terrena. La maturità, e quindi la ricerca della sapienza, non è necessariamente legata all’età fisica, essa è piuttosto legata all’età spirituale, ossia a quell’età che apre la vita dell’individuo alla realtà dell’amore. Fino a quando la persona rimane infantile nell’amore essa non sarà capace di trovare la sua pace interiore nella gioia del dare, e nella felicità del donarsi, ma resterà schiava delle sue esigenze egoistiche, le quali la porteranno ad essere sempre insoddisfatta, a non avvicinarsi a Dio e a contestare tutto e tutti. Solo l’amore libera da tale condizione, per questo occorre fidarsi di Dio e seguirlo non con atteggiamento speculativo, ma con atteggiamento di totale abbandono, proprio come bambini ubbidienti.
Capo d’Orlando, 18/09/2013
Dario Sirna.