LUCA 4, 38-44
Buongiorno a tutti,
il cammino di oggi si avvale delle forze trasmesse dai seguenti versi del Vangelo di Luca:
“ 38Uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. 39Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
40Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. 41Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
42Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. 43Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». 44E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.”
Quanto è difficile da vivere il Vangelo di oggi! La grazia di Dio ci permetta di amarlo fino in fondo per comprendere col cuore quello che la mente e il corpo spesso si rifiutano di accettare. Se la Parola di Dio non diventa per noi una parola d’amore, la parola della persona che amiamo e a cui vogliamo dare tutta la nostra persona, se la parola di Dio non diventa per noi un mezzo da utilizzare per restare uniti all’Amore (Cristo) della nostra vita, se la parola di Dio non diventa per noi lo strumento attraverso il quale donare felicità e compiacimento al Signore, se la parola di Dio non diventa per noi un modo per conoscere il Signore, per comprenderne la volontà e per potergli quindi donare tutto il nostro amore, Essa non potrà mai produrre frutto nella nostra vita, non potrà essere capita e non potrà essere neanche accolta. La suocera di Pietro dopo essere stata guarita si alzò e si mise immediatamente al servizio della Parola. Cosa significa questo per noi? Come possiamo imitarla nella dedizione amorosa al servizio reso alla Parola? Occorre essere guariti, occorre lasciarsi guarire dal Signore. Il Signore si chinò su di lei dietro richiesta e preghiera dei fratelli. Successivamente, sempre su proposta e preghiera di altri, egli guarì tutti coloro che gli furono presentati. Dunque la suocera di Pietro viene guarita e si mette al servizio della Parola grazie al servizio reso alla Parola dalla preghiera e dall’amore di altri fratelli. Questa circostanza ci aiuta a comprendere che l’amore non è un fatto isolato, né una questione privata e personale. L’incontro con il Signore è un incontro individuale, frutto di un’esperienza interiore diretta, gli ammalati infatti vengono incontrati e guariti uno ad uno, ma l’amore che ne sgorga non è un amore intimistico ma un amore universale, un amore che coinvolge tutte le sfere della nostra vita, incidendo su di esse con una profonda conversione. Il frutto di questa conversione è un cuore nuovo, un cuore aperto, un cuore non ripiegato su se stesso ma allargato a tutto il genere umano, un cuore che imita e assomiglia al cuore di Cristo, un cuore che non si lascia trattenere dalle proprie esigenze personali, un cuore che non ha paura di perdere Dio, un cuore che non trattiene Dio tutto per sé nel timore di perderlo, ma che sa di trovare e incontrare Dio nel consegnarlo agli altri. Questo fanno gli abitanti di Cafàrnao nei confronti della suocera di Pietro e di tutti gli altri ammalati, questo fa la suocera di Pietro con il servizio reso alla Parola dopo essere stata guarita. Ma anche questi fedeli mostrano un limite nel cuore, un limite chiaramente denunciato dalla reazione di Gesù. Essi vorrebbero trattenere il Signore a Cafàrnao, impedendogli di portare la salvezza agli abitanti delle città vicine. Cristo si oppone e dopo avere consegnato loro la via della salvezza si mette in cammino verso coloro che ancora non lo conoscono. Questo atteggiamento del Signore ci fa comprendere che il nostro amore per Dio non può chiuderci nel nostro piccolo orticello ma deve trasportarci verso ogni situazione di bisogno presente nel mondo. In definitiva il nostro cuore non può e non deve trovare pace fino a quando ogni essere umano presente sulla faccia della terra non incontra Dio, non fa esperienza della sua Parola, non conosce Cristo. La sofferenza di un nostro fratello, in qualunque parte del mondo esso sia, deve travolgerci direttamente, non può lasciarci indifferenti e lontani. Mettersi al servizio di Cristo significa condividere tutte le necessità e le urgenze amorose del suo cuore facendole nostre. Il Vangelo ci fornisce anche un altro particolare, quello relativo alla proclamazione di fede fatta dai demoni scacciati via. Questo episodio ci fa comprendere che la professione di fede se non è effettuata con l’intenzione benevola non produce frutto nel nostro cuore. I demoni riconoscono in Gesù il Cristo, il Figlio di Dio, ma lo fanno mettendosi a servizio sempre del male e non del bene. Loro scopo è infatti ostacolare la missione del Signore e impedirgli di adempiere al progetto divino, uno scopo negli effetti simile a quello degli abitanti di Cafàrnao. Per questo essi ( i demoni) vengono messi a tacere. Una professione di fede, dunque, è veramente tale se essa è fatta con l’intenzione di consegnare il bene al mondo, in caso contrario e nel caso in cui è in netta opposizione alle nostre opere, essa viene bloccata da Dio stesso. Dunque, proclamarne la missione di salvezza del Signore è servizio reso a Cristo solo se è l’amore la motivazione della nostra scelta.
Capo d’Orlando, 04/09/2013
Dario Sirna.
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