IL TUO VOLTO, SIGNORE, IO CERCO

SALMO 26 (7-14)

Buongiorno a tutti,

oggi continuiamo ad attingere alle fonti del salmo 26, lasciandoci guidare dai seguenti versi finali:

7 Ascolta, Signore, la mia voce.

Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.

8 Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»;

il tuo volto, Signore, io cerco.

9 Non nascondermi il tuo volto,

non respingere con ira il tuo servo.

Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,

non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

10 Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,

ma il Signore mi ha raccolto.

11 Mostrami, Signore, la tua via,

guidami sul retto cammino,

a causa dei miei nemici.

12 Non espormi alla brama dei miei avversari;

contro di me sono insorti falsi testimoni

che spirano violenza.

13 Sono certo di contemplare la bontà del Signore

nella terra dei viventi.

14 Spera nel Signore, sii forte,

si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.

Nella prima parte del Salmo 26 abbiamo visto come l’uomo dalla intima comunione con Dio trae quella forza interiore fondata sull’amore che gli consente di superare tutti i terrori e le paure che pericoli, avversità e nemici possono procurargli. Nei versetti di oggi vediamo, invece, il Salmista diventare nuovamente preda della paura. Questa volta, però, la paura ha origine totalmente diversa. Dopo avere sperimentato le meraviglie dell’Amore di Dio e dell’intima unione con Lui, il Salmista ci comunica la paura di perdere questa comunione a causa delle sue colpe, dei suoi peccati. Egli, quindi, non ha più paura degli altri, ma ha paura solo di se stesso e questa sua paura deriva da una grande consapevolezza, acquisita dall’amicizia con Dio: la consapevolezza di poter contare sull’amore di Dio, ma di non potere contare sulla sua fedeltà a questo amore. Egli cioè capisce che Dio lo ama e non lo abbandona mai, difendendolo da qualsiasi pericolo, ma capisce, altresì, che il suo cuore è debole e incapace di mantenersi fedele all’amore di Dio. Capisce cioè che il vero nemico di se stesso abita nella debolezza del suo cuore. Ecco, dunque, che implora Dio perché nonostante le sue infedeltà non gli neghi la bellezza del Suo volto, a cui, dopo averne gustato tutte le dolcezze, non vuole più rinunziare. E’ proprio la grande gioia trovata in Dio che lo mette in guardia dal suo peccato, dalle sue debolezze, contro le quali si sente impotente. Per non perdere questa grande felicità comprende che può solo chiedere aiuto e salvezza a Dio, a cui, infatti, si rivolge per essere guidato nella Sua via, sul Suo retto cammino, per non essere abbandonato alla tentazione, per essere liberato dal male, e da coloro che falsamente potrebbero spirargli violenza, e perché gli insegni la fedeltà e lo sottragga dalle accuse di nemici ingiusti e falsi. Di tutte queste cose il Salmista fa grande esperienza di vita, crescendo, a passi da gigante, nella via della fiducia in Dio, tanto da formulare un oracolo finale di esortazione alla forza e alla speranza in Dio.

Capo d’Orlando, 29/06/2012

Dario Sirna

 

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