IL SIGNORE E’ IL MIO PASTORE

SALMO 22

Buongiorno a tutti,

oggi riceviamo luce e nutrimento dal Salmo 22, di seguito riportato:

Il Signore è il mio pastore: *
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare *
ad acque tranquille mi conduce.

Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, *
per amore del suo nome.

Se dovessi camminare in una valle oscura, †
non temerei alcun male, *
perché tu sei con me, Signore.

Il tuo bastone e il tuo vincastro *
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa *
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo. *
Il mio calice trabocca.

Felicità e grazia mi saranno compagne *
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore *
per lunghissimi anni.

Il Salmo 22 è famosissimo,  è, senza dubbio,  il Salmo più conosciuto dai fedeli. Le sue dolci parole descrivono con scene poetiche la vera fede cristiana. Il Salmo ci illustra in maniera semplice, ma efficace, con un linguaggio comprensibile da tutti, il rapporto esistente tra Dio e l’uomo, facendoci comprendere quale atteggiamento dobbiamo assumere nei confronti della vita e del Signore e mostrandoci in maniera inequivocabile le modalità con cui Dio riversa tutto il suo amore su di noi. In sostanza il Salmo è una grandissima scuola di fede, che ci indica come vivere il nostro rapporto con Dio e come rapportarci con la nostra vita. Le immagini utilizzate dal Salmista per descrivere l’atteggiamento con cui egli si pone nei confronti di Dio sono una testimonianza di fede esemplare. Spesso il Salmo ci colpisce e ci affascina per l’immagine di Dio, che con le premure e la dolcezza di un pastore ideale si prende mirabilmente cura dell’uomo. Il messaggio fondamentale del Salmista non si limita però a farci conoscere l’amore e l’intimità che Dio vuole riversare e stringere con ognuno di noi. Egli, infatti, va ben oltre e con la testimonianza di una fede esemplare ci invita a rispondere all’amore di Dio con una fiducia totale, la stessa fiducia che le pecore ripongono nel loro pastore. Dio ci ama e vuole prendersi cura personalmente di ognuno di noi, dandoci la disponibilità di tutta la sua vita, offrendoci, cioè, tutto se stesso per assicurarci il bene e l’amore. A questa disponibilità assoluta di Dio a stringere con ciascuno di noi un rapporto intimo e vitale, di totale donazione di Se stesso, deve però corrispondere da parte nostra una fede altrettanto assoluta. Veramente la nostra vita è una vita di fede, così come la intende il Salmo? Veramente, cioè, noi ci affidiamo totalmente a Dio in tutte le circostante e in tutti i minuti della nostra vita? Veramente noi permettiamo a Dio di esser il primo ed unico pastore di tutta la nostra vita? Veramente, come il Salmista, sappiamo affermare a noi stessi, prima, e agli altri, poi, che per merito di Dio non manchiamo di nulla. Sappiamo riconoscere a noi stessi che Dio, nel Figlio, ci ha veramente dato tutto e che con Lui non ci manca più nulla? Veramente ci lasciamo guidare dal nostro buon Pastore sui pascoli ove Lui ci vuole condurre, o piuttosto non siamo noi a volere imporre a Lui dove e di cosa nutrirci, dove e come riposarci, dove di che dissetarci? Sappiamo riconoscere nella Chiesa i pascoli ove Dio ci vuole condurre, i pascoli ove Dio ci vuole sfamare, dissetare e rinfrancare? Sappiamo riconoscere a Cristo il ruolo di Buon Pastore in ogni sfera della nostra esistenza? Cristo con la testimonianza dell’amore data sulla croce, ove egli per noi non ha risparmiato di offrire nulla di se stesso, donandoci perfino la vita, ha  manifestato e dimostrato al mondo intero di voler e di potere essere il nostro Buon Pastore, dandone una prova eccellentissima ed inconfutabile. Ma noi vogliamo o no prendere coscienza di tale dimostrazione? E se ammettiamo a noi stessi di riconoscere a Cristo la sua funzione di Pastore della nostra vita, abbiamo o no la fede necessaria per ricambiare la sua offerta con l’affidamento totale di noi stessi a Lui? Se Dio si è abbassato fino al punto di farsi Pastore delle nostre anime, abbiamo noi quell’umiltà (intelligenza e onore) di sentirci  pecore del nostro Dio, o vogliamo continuare ancora ad essere schiavi del peccato, del male e della morte?  Con dolcezza rassicurante il Salmista afferma: “Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Accogliamo l’invito presentatoci dall’Orante di non considerare Dio un bastonatore e un punitore, ma, piuttosto colui che col legno utilizzato per lo scettro, per il bastone  e per il vincastro, non ha fatto un’arma per colpirci ma ha realizzato una croce sulla quale offrire se stesso per liberarci dalla sentenza di condanna dei nostri peccati. Perché tentenniamo ancora ad accogliere la grande ospitalità e salvezza che Dio ci offre nella Santa Chiesa? Siamo tutti invitati al banchetto divino che quotidianamente Dio imbandisce per noi tramite la Chiesa. Siamo invitati ad abbandonare l’alleanza fatta con i nostri nemici per stringere con Dio una “nuova ed eterna Alleanza”. Brindiamo ad Essa con  il calice della salvezza preparato dalla Chiesa e ungiamoci indelebilmente il capo e il cuore col Crisma divino dello Spirito Santo con cui potere sperimentare, insieme al Salmista, il beneficio della vera felicità e della vera grazia, quella felicità e quella grazia che non deludono e non stancano mai e che solo il Buon Pastore ci può donare per tutta la vita.

Capo d’Orlando, 30/11/2012

Dario Sirna

 

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