IL MARE VIDE E SI RITRASSE

SALMO 113 A

Buongiorno a tutti,

oggi trarremo le energie per il nostro cammino dalle ricchezze contenute nel Salmo 113 A, di seguito riportato:

Quando Israele uscì dall’Egitto, *
la casa di Giacobbe da un popolo barbaro,
Giuda divenne il suo santuario, *
Israele il suo dominio.

Il mare vide e si ritrasse, *
il Giordano si volse indietro,
i monti saltellarono come arieti, *
le colline come agnelli di un gregge.

Che hai tu, mare, per fuggire, *
e tu, Giordano, perché torni indietro?
Perché voi monti saltellate come arieti *
e voi colline come agnelli di un gregge?

Trema, o terra, davanti al Signore, *
davanti al Dio di Giacobbe,
che muta la rupe in un lago, *
la roccia in sorgenti d’acqua.

Il Salmo esprime la gratitudine e la lode del popolo eletto a Dio per tutte le straordinarie opere compiute in suo favore. Noi cercheremo di trarre dal testo, attraverso l’esperienza del popolo di Israele, un messaggio universale destinato a tutti i popoli di tutti i tempi, e in generale, quindi alla condizione umana. La liberazione di Isdraele dall’Egitto e la conquista della terra promessa vengono cantate dalla casa di Giacobbe come progetto di salvezza voluto da Dio e da Lui stesso realizzato. Gli eventi prodigiosi con cui tutto il creato partecipa alla liberazione del popolo ad opera di Dio testimoniano proprio la presenza dell’intervento divino nella realizzazione del progetto di liberazione di Isdraele.  Le grandi acque della terra si aprono o si ritirano per lasciare passare il popolo in fuga dalla schiavitù. La liberazione è accolta dal Creato con gioia e festa, tanto che monti e colline sui cui terreni cammina Isdraele saltellano e ballano con l’esuberanza e la gioia della gioventù, rappresentata dagli agnelli del gregge. L’immagine del Dio liberatore e misericordioso, viene ulteriormente rafforzata dal racconto della provvidenziale premura con cui il popolo, assediato dalla siccità del deserto e delle rocce, viene prodigiosamente dissetato alle acque di Meriba.  Le acque che all’inizio dell’esodo si aprono per lasciare emergere la terra esultante che deve accogliere il popolo in fuga dalla schiavitù, lungo il cammino si ricompongono, emergendo dalla roccia, per purificare lo stesso popolo dalla polvere dell’incredulità accumulata nel deserto. Quindi, in  corrispondenza dell’ingresso nella terra promessa, esse, nel Giordano, dapprima si riaprono, consentendo il passaggio del popolo eletto, e poi  si richiudono, alla conclusione dell’esodo, mettendo al sicuro ogni membro della casa di Giacobbe.

In questo movimento delle acque governate da Dio per salvare il suo popolo eletto, è possibile vedere un messaggio rivolto alla condizione umana. Le acque della vita che racchiudono il feto umano si rompono per consentire all’uomo di calpestare la Terra, di crescere, di divenire un individuo completo e libero, somigliante a Dio. Questa  Terra, che accoglie con gioia l’arrivo dell’uomo viene però idealizzata dall’uomo, tanto che egli si sottomette ad essa, divinizzandola al punto da farsi suo schiavo. L’uomo interpreta male la gioia con cui la terra lo accoglie e invece di legarsi al  Creatore si lega al mondo.  L’intervento salvifico di Dio consiste proprio nel distruggere questo legame, questa appartenenza, e nel riappropriarsi della sua creatura. Ecco che di fronte alla potenza di Dio le rocce, divenute una prigione per l’uomo, tremano, e bagnate dalla sorgente del battesimo si spaccano lasciando emergere l’acqua della sorgente di Cristo che salva l’uomo dal mondo e dalla morte eterna.

Capo d’Orlano, 26/072012

Dario Sirna

 

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