I SUOI DICEVANO “E’ FUORI DI SE”

MARCO 3, 20-21

Buongiorno  a  tutti,

per il nostro cammino di oggi ci lasciamo guidare dai seguenti versi del Vangelo di Marco:

20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».”

Il Vangelo di oggi pone al centro dell’attenzione il nostro rapporto con i nostri familiari. Genitori, fratelli, cugini e parenti vari sono le persone con cui stabiliamo sin dall’infanzia una relazione. Il Vangelo ci interroga sulla nostra capacità di guardare a queste persone con la prospettiva dell’amicizia e, viceversa, sulla capacità dei nostri familiari di stabilire con noi un rapporto fondato sullo stesso sentimento. Essere amici significa essere disposti a dare per la persona amata tutto di se stessi, anche la vita, senza alcuna ricompensa, senza scopi, senza interessi, senza il bisogno di essere ricambiati, in maniera del tutto gratuita. Questa disponibilità comporta innanzitutto il rispetto dell’altro, la sua piena accoglienza nella nostra vita così come egli è. La relazione di amicizia è una relazione d’amore e come tale essa non è imposta al cuore, ma nasce da una spontaneità gratuita che unisce tra di loro gli spiriti affini. Come tale l’amicizia non impone vincoli e condizioni alla persona amata, ma la accetta senza volerla cambiare, amandola per come essa è e per come essa si esprime. Un amico è veramente tale se il nostro cuore riesce a vederlo non con i nostri occhi ma con gli occhi della sua anima, con gli occhi dei suoi desideri, con gli occhi dei suoi gusti, con gli occhi delle scelte, con gli occhi dei suoi pensieri. Analogamente l’amico amato volge il suo cuore verso di noi dotandolo dello stesso sguardo. Rifiutare alcuni aspetti della vita di un amico perché non corrispondenti ai nostri desideri e alle nostre proiezioni su di lui non significa donare se stessi a lui, ma imporre se stessi. Quando ci si impone nella relazione d’amore, l’amore cessa immediatamente di esistere in quanto mortificato e oppresso dalla violenza della nostra presunzione, del nostro egoismo e dalla rigidità della nostra personalità. Il darsi non significa imporsi, ma offrire se stessi senza imporre condizioni e senza aspettarsi nulla in cambio, specie se trattasi di aspetti essenziali della personalità. Nella relazione tra persone che non hanno legami di sangue l’amicizia ha la libertà di germogliare laddove essa trova terreno idoneo e nutrimento adatto per la sua crescita, diversamente è invece nel caso delle relazioni tra persone che hanno un legame di sangue. In questo caso l’amicizia in un certo senso è imposta dal legame di parentela. Così due fratelli, o due cugini sono in relazione tra di loro non necessariamente perché  i loro cuori si amano, ma perche il vincolo di sangue impone una relazione tra le due persone. Ciò non accade solo nella famiglia, ma in tanti altri ambiti della vita, come ad esempio il lavoro, la vita sociale, le attività in parrocchia, etc.. In questi casi le condizioni della vita impongono relazioni con altre persone, relazioni che possono essere formali, ma che in certe situazioni, specie quelle della famiglia, sono intime e fanno parte della storia personale dell’individuo. Come occorre comportarsi in questo caso? Ce lo dice il Vangelo di oggi. Non certamente come i parenti e compaesani del Signore, i quali nel vederlo predicare il Vangelo e praticare guarigioni, invece di amarlo, di seguirlo, di condividerlo e di gioire per la sua missione, lo rifiutano e, dichiarandolo pazzo, lo rinnegano. Essere rinnegati dai propri parenti non è certo come essere rinnegati da un conoscente o da un estraneo. Il dolore che ne scaturisce è grande e   lacerante. Gesù nel corso della sua vita ha affrontato anche questa grave difficoltà e questo grande dispiacere. Egli è stato uomo a tutti gli effetti, soggetto cioè a tutte le miserie che colpiscono l’umanità. Ma questo dolore, portato da Lui sulle spalle per noi, è redento e superato dal dono della sua amicizia gratuita, dono elargito a ognuno di noi nella sua espressione più alta, quella dell’amore rilevatoci con la crocifissione. Il Cristo Crocifisso è il conforto, l’aiuto, il sostegno, l’amore e la consolazione di tutti gli afflitti del mondo, compresi quelli la cui sofferenza è dovuta al dramma di una famiglia incapace di accoglierli così come essi sono. Questo amore, con la  risurrezione di Cristo, da consolazione diventa gioia piena e appagante che  conduce alla felicità. In Cristo è presente ogni dramma umano e nessun dolore dell’uomo rimane senza ricompensa e senza guarigione.   L’incarnazione del Verbo di Dio consiste proprio nell’incarnazione di Dio in tutte le problematiche  dell’uomo, specie quelle difficili e dolorose connesse al cuore e alle relazioni. Tale incarnazione, attraverso la vittoria della risurrezione, dà soluzione definitiva a tali difficoltà, permettendo all’uomo di aspirare all’amore vero.

 

Capo d’Orlando, 24/01/2015

Dario Sirna.

 

 

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.