“HO PROVATO GRANDE GIOIA NEL SIGNORE”

FILIPPESI 4, 10-19

Buongiorno a tutti,

il nostro  cammino oggi  continua a svilupparsi sui sentieri tracciati   dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi, di cui la liturgia ci propone i seguenti versi:

“ 10Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. 11Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. 12So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. 13Tutto posso in colui che mi dà la forza.
14Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. 15Lo sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; 16e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. 17Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. 18Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. 19Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. ”

 

Ancora una volta San Paolo sottolinea l’importanza della carità, della solidarietà e della fratellanza. Questi nuovi valori si sostituiscono in tutto ai precetti della carne dell’A.T. e acquistano un significato assoluto ed universale. Cosa vuol dire ciò?

Il Paolo di Tarsu prima di fare esperienza di Cristo sulla via di Damasco era un uomo che per fedeltà ai precetti della religione ebraica era stato capace di approvare la crocifissione di Cristo, la persecuzione dei cristiani  e la lapidazione di Stefano. Convertito da Cristo egli comprende il significato più alto dell’amore e capisce che il senso della vita non è in un servizio di perfezione da prestare alla Legge e ai precetti dati dal Signore a Mosè, ma nell’accogliere l’amore manifestatoci da Cristo sulla croce e nel mettere in pratica questo amore. E’ evidente allora che per Paolo improvvisamente la perfezione non consiste più nel rispetto dei precetti a tutti i costi, ma nel mettere al primo posto, anche prima dei precetti, i fratelli e i loro bisogni. Egli sperimenta il valore grandissimo della carità e capisce che questo strumento è la via migliore per esercitare l’amore e per seguire Cristo. Pertanto, non solo si impegna al massimo per donare la sua stessa vita  con il servizio reso ai fratelli, ossia con la predicazione del Vangelo alle genti, ma ha interesse anche a insegnare questo nuovo precetto a coloro cui si rivolge. In sostanza egli, attraverso la scelta di una nuova vita, mette in pratica l’insegnamento di Cristo e lo trasmette agli altri perché anche loro possano sperimentarne tutta la sua bellezza.

Dunque egli per la fede nell’amore di Dio, da cui trae tutta la forza della sua missione,   sa che può tutto, pur tuttavia preferisce vedere attuare in se stesso e negli altri il magnifico precetto della carità, precetto attraverso il quale l’amore da spirituale diventa pratico, visibile, tangibile, assaporabile, vissuto. Dunque tutti i sacrifici fatti attraverso la carità sono la vera lode gradita da Dio, quella che nel Paradiso è accolta, ascoltata ed esaltata, quella che allarga ulteriormente il già generosissimo cuore di Dio con la concessione di grazie che non hanno limiti.

Capo d’Orlando, 08/11/2014

Dario Sirna.

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