GIOIOSA MAREA – CAPO CALAVA’

LA SCALATA DELLA PARETE OVEST

Dopo il reportage sulla grotta di Enea oggi vi proponiamo la documentazione del cammino effettuato durante la scalata della parte ovest di Capo Calavà. La falesia in questione è particolarmente suggestiva per i colori caldissimi e accesi della roccia, per le imponenze degli strapiombi, per la ricchezza di paesaggio, per  la bellezza dei contrasti tra il mare e la montagna, per la suggestione di un ambiente naturale unico e originalissimo.

Capo Calavà è facilmente raggiungibile dalla spiaggia che si estende ai suoi piedi, a cui si accede con collegamento secondario dalla Strada Statale. Il letto di sabbia finissima e grigia che si estende  davanti al roccione di Capo Calavà è un sofficissimo e vellutato tappeto che accoglie il visitatore conducendolo fino ai piedi della roccia. La fine, morbida  e grigia sabbia silicea della spiaggia crea anche un forte contrasto con la durezza della parete rocciosa che sembra sbucare dalle profondità della terra come un corpo solido e pesante  emergente da un contesto leggero e inconsistente. Ci avviciniamo alla roccia e ne studiamo bene la conformazione per tracciarci il percorso migliore da affrontare. La roccia apparentemente sembra invalicabile a causa delle alte e scoscese pareti verticali che dalla base la innalzano verso il cielo. Osservandola con attenzione è possibile però individuare su tali pareti vari appoggi e appigli che consentono la scalata a mano, senza l’uso di nessuna attrezzatura. La presenza della vegetazione arbustiva, cresciuta sulla roccia con vigore, costituisce un ulteriore elemento di ancoraggio, cui poter fare affidamento ma sempre con grande cautela. L’escursione è comunque  molto difficile e rischiosa, per tale motivo è vivamente sconsigliata a tutti. Durante la scalata, infatti si incontrano vari punti in cui alla difficoltà dell’altezza si uniscono le difficoltà di tratti a pendenza verticale completamente lisci e molto difficili da superare. Tali tratti presentano tutta la loro pericolosità e difficoltà solo nel momento stesso in cui vengono raggiunti in quanto le loro dimensioni apparentemente piccole sono quasi sempre sottostimate. Scalando il costone roccioso la prospettiva panoramica muta notevolmente offrendoci una visuale aerea di grandissimo effetto. Immediatamente sia la spiaggia che la tavola del mare rimangono vertiginosamente sotto di noi, come se fossero stati precipitati in un baratro profondo. Accanto a noi, invece, le rocce si ergono  mostrando tutta  la loro meravigliosa bellezza. La parete, che apparentemente sembra bidimensionale, in realtà quando viene scalata ci introduce in un mondo tridimensionale, invisibile dal basso. Ciò significa che essa presenta una profondità non sempre apprezzabile dal basso e generata dalla presenza di piccoli terrazzamenti naturali nascosti in mezzo agli strapiombi. La roccia del Capo ha la forma tondeggiante di una testa. Ciò significa che le rocce durante il loro sollevamento verso il cielo oltre a salire devono necessariamente coricarsi su se stesse. Ciò avviene tramite questi piccoli spiazzi semipianeggianti. Tali piccole formazioni a causa della loro giacitura pressoché  orizzontale permettono la crescita in mezzo alle rocce di vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea. Addirittura è possibile osservare anche la presenza di esemplari autoctoni di palma nana, del tipo chamaerops. L’esplorazione della parete Ovest di questa spettacolare falesia offre dunque varie importanti sorprese che rendono il posto particolarmente affascinate. Le pareti più belle della falesia sono proprio quelle che precipitano violentemente nelle acque del Tirreno. Esse sono completamente nude, prive di vegetazione, più intensamente colorate e straordinariamente belle. Il contrasto tra il rosso acceso della roccia e il blu del mare avviene attraverso il bianco spumeggiare delle onde che si infrangono sulla parete rocciosa. Questo merletto bianco che incornicia la roccia esalta ulteriormente  i colori di questa meravigliosa natura, dando maggiore rilievo sia al colore rosso della roccia, sia al colore blu del mare, sia all’accostamento di colori di questi due ultimi elementi. Con tanta difficoltà risaliamo la parete fino a metà della sua altezza, ove raggiungiamo una formazione rocciosa a forma di cintura alta e invalicabile. Ci muoviamo alla base di questo cordone roccioso percorrendolo da sud verso nord. Dal punto di vista paesaggistico l’altezza ci permette di godere di una vista eccezionale proiettata interamente verso ponente. In questo quadro emergono dall’orizzonte le piccole sagome del promontorio di Capo d’Orlando, le quali allungandosi verso di noi si ingrandiscono sempre di più fino a stringere nel loro abbraccio le bellissime sagome montuose di Piratino.  L’azzurro del mare, il verde della piana sottostante e lo splendore del cielo che ci sovrasta riempiono tutti i rimanenti spazi di questo angolo di paradiso, fornendoci così un paesaggio armonioso, colorato e suggestivo. La vegetazione verde e rigogliosa che occupa la falesia, a sua volta, spezzetta questo quadro di insieme in tanti piccoli e accattivanti scorci, differenti tra di loro, ognuno incorniciato in una ghirlanda di verde, e ognuno avente la sua specifica bellezza. Ci muoviamo anche in direzione orizzontale e cerchiamo un passaggio verso sud che ci permetta di proseguire la scalata della falesia, ma dopo una attenta esplorazione del percorso desistiamo dall’intenzione a causa dell’elevata percentuale di rischio e della progressiva riduzione delle forze e delle energie disponibili per il cammino. Abbiamo riscontrato che il percorso compiuto in salita si presenta molto più difficile in discesa, per cui abbiamo deciso di raggiungere il piano sottostante da una via differente. Queste valutazioni dipendono molto dalla prospettiva che offre la roccia, spesso un percorso visto dall’alto sembra infatti molto più facile che se guardato dal basso e viceversa, ecco perché occorre valutare passo dopo passo le vie da seguire. L’escursione regala fortissimi brividi, dovuti non solo alle vertigini dell’altezza e alle difficoltà del percorso in scalata, ma anche al rapporto che tale percorso ci consente di stringere con Dio durante il suo svolgimento. Camminando sui precipizi, continuamente esposti al pericolo, ma meravigliosamente immersi nella bellezza della natura, comprendiamo tutto il senso del cammino della vita, percependo la notevole precarietà dell’esistenza e la sua stretta dipendenza dall’amore di Dio. Il cammino in piano non ci permette di misurare  i nostri limiti e di comprendere le nostre debolezze, cosicché spesso veniamo travolti dagli eventi senza essere pronti ad affrontarli, soccombendo ad essi inevitabilmente. Camminando sui precipizi di un mondo continuamente esposto al rischio comprendiamo che le nostre forze non sono sufficienti per superare ogni tappa, e che occorre necessariamente affidarsi totalmente a Dio. Il cammino della vita, che affrontato con le nostre forze è  difficile e impossibile da compiere, condotto insieme a Dio diventa possibile, semplice e bello. Dio ci offre la sua amicizia, all’interno della quale si trova la nostra vera realizzazione, accogliamo il Signore nella nostra vita rendendolo protagonista assoluto di essa.

Capo d’Orlando, 27/12/2012

Dario Sirn

 

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