MANTO NEVOSO ECCEZIONALE SULLE ALTURE DEI NEBRODI
Nelle prime due settimane di febbraio un’intensa ondata di freddo e neve interessava i Nebrodi con precipitazioni rilevanti che assumevano carattere prettamente nevoso oltre i 600-700 metri di quota, e con accumuli interessanti oltre i 1.000. |
La zona di Floresta fu tra le più colpite con frequenti e abbondanti precipitazioni nevose. A fine gennaio il manto nevoso non scendeva al di sotto dei 1.300 metri per cui le foto di questa escursione si riferiscono esclusivamente ad accumuli verificatisi proprio dall’1 al 17 febbraio.
Il sabato 18 febbraio il tempo era nettamente migliorato, le nubi si erano totalmente dissolte e le temperature erano risalite già di diversi gradi. La bella giornata mi spinse a raggiungere la zona di Floresta per scattare qualche fotografia lungo il tratto di dorsale che si sviluppa dall’innesto con la Nazione fino a località Masseria “Batissa”. In realtà l’intenzione era di esplorare tale tratto di dorsale senza però sapere se poterlo fare per 100 metri o per 1 Km e oltre. Sapevo dove iniziare ma non sapevo fino a dove poter arrivare. Immaginavo infatti che la neve fosse tanta e che la strada in questione fosse impraticabile, quindi non potevo sapere per quanto potermi inoltrare. Questa strada è generalmente percorsa dai fuoristrada degli allevatori che in quelle montagne hanno le stalle ove allevano bovini, per cui in cuor mio speravo di trovare il passaggio praticabile. Quando arrivai sul posto con grande meraviglia trovai la strada della dorsale pulitissima, con l’asfalto che in lunghi tratti era stato riportato in superficie, perfettamente rotabile con la macchina anche senza catene. L’altezza della neve era strabiliante per cui decisi di parcheggiare la macchina sulla Statale e di proseguire a piedi percorrendo la dorsale. Due muri di neve alti tra i 150 e i 200 cm, perfettamente sezionati e con la superficie superiore intatta, modellata solo dal vento, delimitavano la stretta carreggiata a destra e a sinistra. Sinceramente non mi aspettavo né di trovare tanta neve, né di trovare il passaggio così pulito. Era evidente che un potente mezzo meccanico, diverso dallo spazzaneve aveva realizzato tale opera facendo letteralmente sparire la coltre nevosa dalla sede viaria. Lungo i bordi della strada non c’era alcun segno di accantonamento della neve sgomberata. La coltre nevosa era perfettamente intatta. Mi venne in mente un paragone biblico un po’ spinto, il passaggio nel Mar Rosso del popolo Ebraico durante l’Esodo dall’Egitto. Ovviamente io non stavo fuggendo da nessuna schiavitù se non forse da quella della routine, della quotidianità e della mediocrità. In realtà nel cuore avevo una fortissima spinta ad evadere dalla tristezza del mondo e a rifugiarmi nell’estasi di un paradiso di sublime bellezza e spiritualità. Il candore della neve era già di per se un elemento di forte evasione, ma restare intrappolato nel percorso obbligato della Statale significava affacciarsi su questo meraviglioso palcoscenico senza poterlo né calcare, né toccare. La dorsale completamente ripulita dalla neve, dal ghiaccio e da ogni pericolo mi sembrò proprio come il passaggio nel Mar Rosso. Lì le acque costituivano una muraglia a destra e a sinistra mentre il popolo di Dio passava sull’asciutto, qui la neve era una muraglia a destra e a sinistra e io, come per miracolo, passavo su un tappeto completamente pulito, attraversando una coltre di neve alta metri che altrimenti sarebbe stata invalicabile. Ringraziai Dio per il dono ricevuto e con una grandissima gioia nel cuore iniziai a inoltrarmi lungo la dorsale. Più mi allontanavo dalla Statale e più mi immergevo in un candidissimo paradiso fatto di neve spendente, di aria trasparente, pulita e profumata, e di un sole smagliante. Il tutto racchiuso da una cornice di cielo blu cobalto che sembrava non avere confini. Il paesaggio era incantevole, totalmente sommerso dalla spessa coltre di neve. Frequentemente lungo il cammino si incontravano dune di neve formate da accumuli rilevanti ad opera del vento. Le dune erano modellate con grande maestria e le loro morbide linee erano delle vere e proprie sculture finemente lavorate nei più piccoli dettagli. Proseguendo in cammino, totalmente immerso in questo corridoio che penetrava all’interno di questo incantevole mondo di purezza, ad un tratto sentii un rumore di mezzo meccanico interrompere il silenzio. Era la turbina che tornava indietro dopo aver ripulito la dorsale per un paio di chilometri. La cosa che più mi stupì fu proprio la incredibile tempistica con cui io mi trovavo in quel posto proprio nel momento in cui il mezzo meccanico aveva finito il lavoro e si poteva quindi iniziare a transitare. Ero il primo in assoluto a beneficiare del grande privilegio.
Il buon Dio, conoscendo le mie passioni, mi aveva guidato nel momento giusto al posto giusto per farmi grazia del suo amore e delle sue grandi bellezze. Se fossi salito il giorno prima me ne sarei tornato, impossibilitato a proseguire, se fossi salito un giorno dopo avrei perso la bellezza di un paesaggio totalmente incontaminato e inviolato. Rimasi stupito per la coincidenza degli eventi e mi sembro proprio che quella strada fosse stata ripulita per me che da lontano ero salito per ammirare le bellezze del creato innevato e lodarne il grande Artefice.
E’ proprio vero che Dio conosce in profondità i cuori degli uomini e che, mosso da un amore incontenibile, gioisce nel soddisfarne i desideri.
Poche centinaia di metri dopo aver superato la turbina la dorsale cominciò a cambiare prospettiva. Durante il tratto iniziale il panorama era caratterizzato dall’affaccio sul Tirreno e sulle isole Eolie a nord e dalla imponenza dell’Etna a Sud. Una visione assolutamente straordinaria per bellezza e per fascino. La bellezza a Sud era esaltata dal panorama totalmente innevato di quelle cime e vallate della catena nebroidea che si sviluppano attorno a Floresta e che incorniciano l’Etna, coprendone le falde e esaltandone il cono innevato. Questa è una delle pochissime porzioni di Sicilia ove quando nevica il paesaggio si ammanta di bianco in ogni suo più piccolo angolino, dando così al visitatore l’impressione di trovarsi in una regione nordica. A Nord, invece, il dolce degradare della catena montuosa verso il mare offriva una continua variazione di colori che dal bianco candido delle cime virava nel marrone secco dei boschi di latifoglie, per poi tingersi del tenero verde dei prati e del verde scuro e intenso della macchia mediterranea nella fascia climatica più bassa. Infine, la costa con l’azzurro intenso del Tirreno incastonato nell’arcipelago delle Eolie completava l’armonia architettonica di questo quadro così ricco di tanti elementi diversi tra loro ma tutti molto affascinanti.
Durante il percorso effettuato il paesaggio cambiava. Nel primo tratto le cime del versante Nord dei Nebrodi rimanevano a Sud e con la loro altezza nascondevano tutta la bellezza dell’Etna e del relativo contesto. Diventava unico protagonista l’affaccio sul Tirreno e sulle Eolie. Nel secondo tratto invece, sempre ad opera della catena nebroidea, restava oscurato il settore Tirrenico e si riapriva la vista sul settore etneo. Raggiunto il bivio con la trazzera per le “Tre Verginelle” la prospettiva cambiò nuovamente e alla bellezza del paesaggio a Sud si aggiunse la straordinaria bellezza di una incantevole vallata interna, dominata ad Ovest dalle cime che conducono alla Serra del Re e dal Monte Tre Arie. Qui il lavoro della turbina terminava e la dorsale tornava ad essere totalmente impraticabile. Ma il fascino della vallata sottostante era troppo forte per potermi fermare. Incoraggiato dalla bella giornata, continuai a camminare avventurandomi nella neve alta anche due metri. La strada era completamente scomparsa e persino le alte palizzate che ne delimitano la carreggiata erano sommerse dalla spessa coltre di neve. Camminare senza ciaspole era veramente faticosissimo, ad ogni passo sprofondavo almeno di 70 cm. La neve, infatti, era morbida e solo in pochi punti era abbastanza compatta e gelata da mantenersi dura sotto il peso del corpo. La voglia di andare avanti era comunque molto più grande di qualsiasi altra contrarietà per cui nulla riuscì a fermare il mio cammino. Le condizioni meteorologiche erano perfette, totale assenza di vento e nubi, temperatura eccellente, freddo tanto da evitare alla neve di sciogliersi nonostante i forti raggi solari, ma allo stesso tempo non tanto forte da infastidire. Anzi, camminando nella neve alta il corpo si riscaldò al punto da esigere meno abbigliamento. Considerato che il cammino era molto rallentato fui costretto a scegliere una meta abbastanza vicina, così puntai alla Masseria “Batissa” passando per il piccolo laghetto che si estende sul fianco sinistro della grande prateria su cui prospetta il lungo caseggiato rurale. Abbandonai il percorso della dorsale e mi incamminai verso quella che mi ricordavo essere la posizione di questo laghetto. Nell’immenso splendore bianco della neve tutto era scomparso. Le colline, i prati, gli steccati, i dossi, i terrazzamenti, i numerosi corsi e rivoli di acqua erano tutti sepolti sotto la neve, la quale aveva preso il completo sopravvento su ogni cosa e su ogni linea. Era come una nuova creazione che cancellava l’opera esistente insieme a tutte le sue ferite, le sue rughe, la sua vetustà, le sue ombre e le sue imperfezioni, per dare spazio ad un volto nuovo, fresco, giovane, radioso, immacolato, pulito, puro, splendente. Luci diamantate brillavano su questo volto candidissimo della natura riflettendo e rifrangendo nei suoi colori gli splendenti raggi solari.
Era una bellezza che parlava di un amore grande tra il Cielo e la Terra. Lei si era ricoperta di una seducente purezza. Lui era sfavillante, in elegantissimo abito blu, con i suoi occhi non faceva altro che deliziarsi della bellezza della sua amata. L’intesa tra di loro era sublime. Chiunque di fronte a questo spettacolo non poteva che fermarsi e ammirare la dolcezza di questo grande amore. Una storia d’amore cosmica. Lui era tutto per lei. Lei era tutta per lui. Erano come una coppia di giovani sposini innamoratissimi l’uno dell’altra, la cui unica preoccupazione era rendersi ancora più belli per poter piacere sempre più all’amato. Entrambi motivati da questo grande reciproco amore non facevano altro che accrescere la loro seducente bellezza, la quale, incontenibile, si effondeva in tutto il cosmo. Tutto il creato partecipava da spettatore a questo meraviglioso miracolo.
Ero completamente solo, nella neve non c’era alcun segno di presenze umane, mentre si potevano osservare ogni tanto piccole orme di mammiferi. Quando raggiunsi il centro del campo ad un tratto mi fermai e mi sentii osservato. Scrutai le colline che come una corona circolare racchiudevano il piano su cui camminavo. Sul lato sud scorsi una volpe. Seduta sulla cresta della collina, nel luccichio dei cristalli di ghiaccio, mi osservava. Non aveva paura e non scappò, rimase lì ad osservare cosa facevo. Sicuramente si era resa conto che le mie forze non erano una minaccia per lei, oppure, spinta dalla fame, sperava le dessi qualcosa da mangiare. Le lasciai metà del mio pranzo. Prosegui verso il laghetto e lo raggiunsi. I confini del lago erano totalmente sepolti dalla neve e non si poteva più distinguere la costa dalle acque. La parte più a Sud del laghetto era invece stata spazzata dal vento e si mostrava con una lucida superficie gelata, solida e calpestabile. Il cammino si fece meno faticoso grazie al presenza del piano ghiacciato su cui potere camminare. Qui veramente veniva la voglia di piantare una tenda e restare lì a contemplare per giorni e giorni la bellezza del posto. Non volevo più andare via, il paesaggio in tutte le sue direzioni era straordinariamente bello e incantevole. Quando ci ripenso la nostalgia è talmente grande che mi pento di non essere rimasto lì almeno altri 5 minuti in più a godermi quella grande grazia ricevuta.
Penso, infatti, che quando si provano determinate emozioni sia solo merito di una grande grazia ricevuta da Dio. Più il tempo passa, più il ricordo dell’esperienza e le immagini delle foto mi fanno capire che quel giorno il Creatore mi aveva concesso grandi favori. E solo ora mi rendo conto che ero talmente felice che la gioia aveva riempito tutta la mia persona facendomi sentire in Grande compagnia.
Capo d’Orlando 18/02/2012
Dario Sirna