ETNA – DA PIANO PROVENZANA A PUNTA LUCIA
Entusiasmati dalle escursioni effettuate nelle settimane scorse sull’Etna, carichi di nostalgia per le grandi emozioni vissute, abbiamo deciso di fare ritorno sul Vulcano e di affrontarne nuovamente l’intera scalata con l’obbiettivo di raggiungere il Cratere Centrale e da lì di inoltraci in tutte le altre aree sommitali. L’escursione si è svolta seguendo un percorso diverso da quello intrapreso nelle due precedenti scalate. |
Da Piano Provenzana, punto di partenza, ci siamo diretti a Punta Lucia seguendo un itinerario che nella prima parte ha toccato i crateri laterali posti sul costone nord di Piano Provenzana, mentre nella seconda parte ha attraversato le immense distese laviche che danno accesso alle aree terminali del Vulcano. L’escursione è stata favorita e incentivata dalle buone condizioni atmosferiche che hanno garantito la presenza del sole per tutta la durata del tragitto in questione. Un leggero vento di maestrale ha accentuato la percezione del freddo, specie sopra i 2.500 m di altezza, rendendo più faticosa la salita e incrementando il disagio connesso al cammino in alta quota. L’avanzare della primavera ha permesso il rapido scioglimento della neve, cosicché il manto nevoso, a parte locali accumuli dovuti al vento, è totalmente assente sotto i duemila metri di quota e si presenta fortemente discontinuo alle quote superiori. Capita però di osservare un fenomeno molto strano, ma tipico dei Vulcani alti e attivi. Molte aree del deserto lavico risultano ancora sepolte dal un consistente e insidioso manto di neve, ma in altrettante aree del vulcano, specie quelle esposte alle bocche attive, è uno spesso strato di ceneri e di lapilli vulcanici, di recente origine, a ricoprire e occultare il manto nevoso, cosicché l’estensione dello stesso è incalcolabile. Strati di neve nascondono al loro interno strati spessi di ceneri e lapilli, ma allo stesso tempo superfici nere formate da accumuli di lapilli e sabbie ricoprono estese aree di neve ghiacciata. La notevole permeabilità del terreno assorbe completamente l’acqua del disgelo, evitando la formazione di ruscelli, torrenti e fiumi, ma permette comunque la diffusione di una vegetazione a cuscini e cespugli, formata generalmente da macchie di ginepri e da ciuffi secchi di essenze erbacee. Queste macchie di vegetazione, sul fondo scuro e quasi nero del terreno lavico, formano straordinari disegni carichi di colore e di fantasia. Il deserto lavico crea, infatti, un piano di campagna fortemente assorbente, mentre la vegetazione su esso cresciuta si inserisce al suo interno con superfici altamente riflettenti, ne consegue che le macchie di colore sono risaltate da questo grande contrasto. Il gioco delle luci e dei colori si impone così sulla sterile monotonia paesaggistica delle interminabili superfici nere che rivestono i fianchi bassi del cono vulcanico. Salendo con lo sguardo verso le quote più alte le chiazze di neve sostituiscono la vegetazione nell’effetto dei contrasti di colore, creando un altrettanto piacevole gioco in bianco e nero, gioco che sul versante orientale e meridionale si mantiene inalterato fino alla sommità del Vulcano, mentre sul versante occidentale e settentrionale si affievolisce notevolmente a causa della prevalenza del candido mantello di neve. Scopo della nostra escursione è quello di visitare i crateri terminali, specie l’immensa depressione del cratere centrale, che non abbiamo mai potuto documentare a causa dell’attività di degassazione. Tale cratere non è visibile dal versante di nord est, per cui l’eventuale presenza di fumo proveniente dallo stesso non è rilevabile a inizio escursione, comunque la combinazione della direzione del vento dominante con la prospettiva ottica della sommità del Vulcano può facilmente ingannare e permettere una valutazione errata del fenomeno. A nostro avviso, a inizio escursione e per buona parte della stessa, l’attività di degassazione era modesta o assente, per cui siamo stati favorevolmente incoraggiati a lanciarci nell’impresa di conquistare la vetta. Tuttavia, volendo arricchire le nostre conoscenze anche sulla parte bassa del vulcano abbiamo deciso di allungare leggermente il percorso deviandolo sulla destra in modo da includere al suo interno il passaggio dalle meravigliose bocche laterali che si innalzano sul costone nord del Vulcano, nei pressi dell’area in cui ricade la famosa Bottoniera. Su questo costone, la cui quota sale nella direzione che si avvicina al centro del Vulcano, sorgono numerose bocche di piccole e medie dimensioni, aventi straordinarie forme e interessantissimi colori. Qui, oltre ai contrasti della vegetazione locale, costituita esclusivamente da cuscini di macchie verdi e da cespi di erbe dorate, il terreno stesso offre piacevolissimi spunti cromatici dovuti a pregevoli sfumature rosse. Le forme perfettamente circolari dei bordi craterici, generate dalla simmetria dei getti esplosivi, attraversano tutta l’area in questione, disegnando sulla stessa delle singolari geometrie, che alternano linee coniche a cerchi ed ellissi. Ai coni dritti tipici dei crateri vulcanici, culminanti verso l’alto, corrispondono al loro interno altrettanti coni rovesciati, il cui vertice sembra inghiottito dalle viscere della terra. La strana combinazione di queste forme coniche dà luogo all’esistenza di estese superfici paraboliche aventi una notevole pendenza e colori straordinariamente belli. Questo paesaggio lunare fatto di crateri, simili in alcuni casi alle conche formate da impatti di meteoriti, è incorniciato da uno scenario altrettanto spettacolare costituito in parte dal maestoso e bianco cono centrale, in parte dalle catene montuose dei Nebrodi e dei Peloritani e in parte dalle azzurre distese dello Ionio e del Tirreno. L’immagine di questa area dell’Etna rimane visibile durante tutto il percorso compiuto e descritto oggi, la sua bellezza costituisce per lo sguardo un continuo motivo di richiamo. Lasciata questa zona ci dirigiamo verso Punta Lucia, il cammino è molto lungo e duro, il freddo si fa intenso, il vento scorazza libero sulla pancia dell’Etna senza sbarramenti che lo blocchino, il Vulcano comincia a emettere enormi volumi di bianche nuvole di gas. Anche il cielo inizia a mostrare segni di mutazioni meteorologiche, piccole nuvole dal lontano orizzonte si affrettano a raggiungere la vetta del vulcano precedendoci nella sua conquista. La pesantezza del cammino compiuto è allietata dalla piacevole conoscenza di Zed, un giovane escursionista proveniente da Praga. Lo invitiamo a unirsi a noi nel cammino verso la cima, alleggerendoci, con la sua simpatica compagnia, e mettendo in comunione le forze rimaste. Sul Vulcano, a parte la nostra presenza, non si scorgono segni di altri escursionisti, solo di rado qualche corvo nero attraversa i cieli azzurri della magnifica volta che ci sovrasta. Salendo ulteriormente di quota, in lontananza si sente il ruggito del cono di Nord Est. Il suono cupo e prolungato dei boati provenienti dalle sue esplosioni ci segnala la presenza dell’attività sommitale. La natura estremamente seducente dell’Etna, nonostante i grandi sforzi cui ci sottopone, non finisce mai di incantarci e di rapirci. Siamo completamente assorbiti dal fascino del Vulcano, non avvertiamo la minaccia del pericolo, abbiamo solo un grande desiderio raggiungere la cima, restare sul Vulcano, ammirare questa natura estremamente interessante e bella. L’anima rapita verso l’alto, vuole correre da Dio, spinta non dalla necessità di chiedere favori, come quasi sempre accade nelle altre circostanze della vita, ma dal solo e unico desiderio di dire: grazie Signore.
Capo d’Orlando 22/04/2013
Dario Sirna