ETNA – DAL MONTE BARACCA AL MONTE FRUMENTO DELLE CONCAZZE

ETNA – ALLA SCOPERTA DI NUOVE MERAVIGLIE – IL MONTE FRUMENTO DELLE CONCAZZE

Etna Sartorius Osservatorio 6D-0262Nel mese di gennaio abbiamo effettuato una serie di escursione sull’Etna con lo scopo di documentare quella regione del vulcano che ricade sul versante Nord e che si sviluppa attorno ai famosi crateri Sartorius. 

Il reportage di oggi aggiunge a tale documentazione un importante tassello, il tratto compreso tra il monte Baracca e il monte Frumento delle Concazze. Si tratta di coni vulcanici secondari e di importanza minore, attivatisi in passato in seguito a eruzioni esterne all’asse principale del condotto vulcanico centrale, ma non per questo di minore importanza o di bassa pericolosità. Nonostante tali bocche, dopo la fine della loro attività non si siano riattivare più, non significa che esse non abbiano prodotto conseguenze meno gravi e pericolose di quelle connesse all’attività delle bocche sommitali. Anzi, spesso sono proprio le bocche più basse a produrre i più grandi disagi e i più gravi pericoli in quanto più vicine alle aree abitate. Il cammino da noi seguito in questo percorso parte dalla quota di 1.750 metri della zona Baracca, passa a cavallo dei crateri Zappinazzo e Frumento delle Concazze, si dirige poi sulla schiena portante della Serra delle Concazze e da lì, seguendo la via che conduce ai Pizzi Deneri,  giunge all’Osservatorio, toccando la quota di 2.850. Il dislivello coperto in salita supera il mille e cento metri di altezza, e prevede l’attraversamento di pendii ripidissimi e di alta difficoltà, con percorsi su terreni sabbiosi sciolti e affatto sicuri e tratti ghiacciati scivolosissimi a causa delle loro elevate inclinazioni. Si tratta di un itinerario di alpinismo molto difficile e consigliato solo a escursionisti allenati, attrezzati e preparati.  In questo reportage faremo vedere solo i primi 400 metri di dislivello incontrati, il restante cammino sarà oggetto di successive pubblicazioni. La scomposizione del percorso effettuato in vari parti è obbligatoria allo scopo di preservare l’omogeneità delle varie zone e fasce climatiche incontrate. I crateri oggetto di questo articolo non sono assimilabili, né per caratteristiche climatiche, né per caratteristiche paesaggistiche, né per caratteristiche strutturali alla parte superiore del percorso per cui sono trattati a parte. Trovandoci a  quote di poco superiori ai duemila metri il paesaggio offerto da questi crateri è caratterizzato da due fattori dominanti. Il primo di essi è sicuramente originato dalle strutture coniche eruttive, dai colori delle sabbie  e delle rocce che li compongono, dalla geometria circolare o ellittica delle bocche e dall’atmosferica primordiale e lunare del vulcano. Il secondo è invece dovuto alla presenza della vegetazione spontanea che riveste le aree più pianeggiati e i versanti meno esposti. Si tratta, in questo caso, di boschetti di betulla dalle cortecce bianchissime e di pini dell’Etna. Nelle radure e nei pendii, sui letti di sabbia e tra le colate si inseriscono invece coloratissimi cuscini vellutati di macchia vulcanica, dalle tinte dorate e calde. Lateralmente, oltre ai ripidi pendii bianchi che precipitano a valle dalle aree sommitali, si estende una nuvola fresca di incontaminato azzurro, riversato abbondantemente sulla vallata dall’azione congiunta e traboccante del cielo e dello Ionio. Il profilo della costa orientale della Sicilia è disegnato sull’orizzonte da una fuga di sagome intrecciate, oltre le quali emerge l’estremità  calabra della punta dello stivale italico. Sotto le corone che cingono le teste di questi monti conici si estende un tappeto sconfinato di altipiani e di terrazze che degradando verso il mare danno vita a un anfiteatro convesso di archi concentrici ed equilibrati, ritmati da una pregiata armonia naturale di colori e forme. Le sabbie scurissime e talvolta nere dei ripidi pendii in prossimità delle bocche si tingono di interessanti sfumature colorate che virano dal giallo acre dello zolfo al rosso carminio degli ossidi eruttivi. I minerali che compongono le lave formano un vello policromatico in cui le tinte sono tessute nella trama nera della tela di sfondo con gusto e ricercatezza, secondo una fantasia imprevedibile e  artificialmente inimitabile. Ogni singola porzione di terreno,presa a sé forma un quadro dal minimalismo esasperato, ma con effetti struggenti per l’anima e per l’umore. I caldi colori delle terre sembrano sottolineare la presenza nelle viscere del pianeta di masse laviche infuocate e roventi, di cui esse portano nelle tinte un segno indelebile nel tempo. Alle spalle, la bianca muraglia del cono centrale impone il suo dominio sul possesso di questi territori, rivendicandone a gran voce la paternità. Scalate le pendici dei coni, la vetta offre una passerella panoramica circolare adagiata sul confine dell’orlo  craterico. In essa la fatica sopportata per compiere l’impresa è generosamente ripagata dalla grandiosità dei paesaggi e dalla spettacolare suggestione dell’ambiente incontrato. L’anima è rapita dalla contemplazione e mentre vola sulle ali della brezza d’alta quota trova la gioia di sentirsi amata e coccolata dalla seducente tenerezza del Creatore. Improvvisamente la mente apre l’intelligenza del cuore e tutto assume un più gustoso sapore. Capo d’Orlando 03/04/2014

Dario Sirna

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