MATTEO 5, 38-42
Buongiorno a tutti,
iniziamo questa nuova settimana incamminandoci sulle vie indicate dai seguenti versi del Vangelo di Matteo :
“38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.”
Questo brano del Vangelo è sconvolgente e ci mostra chiaramente quanta differenza ci sia tra la logica del mondo e la logica di Dio. La nostra logica è alimentata dalla condizione terrena dell’uomo, una condizione in cui tutto è apparentemente una conquista, ogni cosa deve essere guadagnata con il lavoro, ogni successo è un sacrificio. La difficoltà di disporre dei beni e delle gioia del mondo ci spinge a innalzare delle barricate contro i nostri fratelli, a chiuderci dentro i confini dei nostri poderi, ad armarci fino ai denti per difendere ogni nostro possesso. Questo limite, derivante dalla precarietà della condizione umana, ci spinge ad attaccarci morbosamente a tutto quello che abbiamo e a impostare la nostra esistenza sull’accrescimento dei nostri possedimenti, sulla loro gestione, sulla loro conservazione e protezione. L’impegno derivante da questo intento è massacrante e costringe l’uomo a svilire la sua vita, a privarla delle sue gioie, a non comprenderne più il senso, a impoverirla della sua funzione. Si perde di vista l’amore e ci si lascia travolgere dalle preoccupazioni inutili del mondo, quelle preoccupazioni che danneggiano la nostra esistenza e che ci allontanano dalla via del bene e dalla comunione con Dio. In questo contesto il Signore è costretto ad intervenire nella nostra esistenza e a richiamare la nostra attenzione su tali argomenti. Ogni qualvolta la comunione con Dio viene messa a rischio il Signore si prodiga per allontanarci dal pericolo che incombe sulle nostre vite e per farci ritrovare la via giusta da seguire e la meta da fissare. Questo è uno dei casi. Il Signore ci ricorda che nulla di quanto esiste al mondo è opera dell’uomo, né i beni materiali, né la vita. Il Signore è l’effettivo proprietario di ogni cosa e di ogni essere. Tutto quanto l’uomo ha proviene da Dio e, persino la sua vita è dono gratuito di Dio. Affannarsi nel mondo per accrescere i propri beni quando essi non saranno mai nostra effettiva proprietà non ha senso, affannarsi per avere il superfluo ha ancora meno senso, affannarsi per difendere quel poco che abbiamo ricevuto in dono e che qualcuno ci vuole togliere non ci aiuta a vivere meglio. Essere coscienti che il Signore è l’effettivo padrone di ogni cosa, che le sue disponibilità sono infinite, che altrettanto infinita è la sua generosità, come senza limiti è anche la sua provvidenza, ci fa capire che non dobbiamo temere chi ci vuole spogliare di quello che abbiamo, anche se è poco ed è strettamente necessario per la nostra sopravvivenza, perché Dio nella sua benevolenza non ci farà mancare nulla. Questo atteggiamento ci aiuta a staccarci dalle cose terrene e ad attaccarci a Dio, a fondare solo su di Lui tutte le nostre speranze, a crescere nella generosità, a imitare Dio nella provvidenza, a liberare il cuore dal peso della cupidigia e dallo stress dei pensieri correlati alla gestione dei beni, a rendere il cuore completamente libero da ogni altra preoccupazione che non sia l’amore. I beni materiali non sono un male, tant’è che si chiamano beni, ma essi assolvono la loro vera e autentica funzione di bene nel momento in cui vengono utilizzati dal nostro cuore per crescere nell’amore e ciò avviene attraverso la pratica della carità. Il nostro attaccamento ai beni dovrebbe essere visto solo ed esclusivamente in funzione della carità che tramite essi noi possiamo realizzare nei confronti del prossimo. Ciò ci permette di staccarci dal possesso e dalla cupidigia e di farci crescere nell’amore vicendevole e nell’amore per Dio. Ciò non vale solo per i beni materiali, ma anche per i beni spirituali. Siamo chiamati a condividere con gli altri i grandi favori spirituali concessici da Dio mettendo a disposizione di tutti i meravigliosi tesori che il Signore riversa su di noi, a cominciare dalla nostra vita e dalla fede. In tal senso la pace del cuore e l’amore fraterno sono al centro del nostro interesse e vanno trasmessi agli altri attraverso il perdono, la misericordia, la sopportazione, la mitezza, la dolcezza, la fede e l’umiltà. Queste grandi virtù vanno esercitate attraverso la loro donazione. Siamo veramente sede di pace, di amore, di perdono, di misericordia, di mitezza, di fede e di dolcezza solo se siamo in grado di riversare su gli altri questi beni. Se essi sono veramente presenti nel nostro cuore, noi possiamo donarli agli altri e lo dobbiamo fare nel momento stesso in cui essi devono essere esercitati. La nostra pace può scendere sui nostri fratelli solo nel momento in cui essa, messa alla prova, viene esercitata con efficacia. Porgere l’altra guancia a chi ci colpisce significa esercitare e, quindi, offrire questa pace a chi la vuole turbare. Dimostriamo di essere veramente figli di Dio se usiamo con efficacia i beni presenti nella casa del Padre. Questi beni sono nella nostra piena disponibilità grazie a Cristo, che con l’adempimento della nostra salvezza, ci ha ottenuto l’adozione a figli. Siamo quindi “eredi di Dio, coeredi di Cristo”, destinatari delle immense ricchezze del Cielo e della Terra e abbiamo nel contempo la facoltà di attingere a questo immenso patrimonio per condividerlo con tutti e donarlo a chi ce lo richiede. Comportiamoci, allora, da veri cittadini del Cielo.
Capo d’Orlando, 17/06/2013
Dario Sirna.