1 CORINZI 15, 12-20
Buongiorno a tutti,
per il nostro cammino oggi seguiamo le indicazioni fornite dai seguenti versi del della Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo Apostolo:
“12Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? 13Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto!14Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. 15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. 16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; 17ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. 18Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. 19Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
20Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.”
Questo brano di San Paolo focalizza l’attenzione su un concetto fondamentale della nostra fede, la risurrezione. La fede cristiana si basa su tale evento e senza di esso perde ogni significato, ogni valore e ogni senso. L’annunzio principale del Vangelo è proprio la risurrezione dei morti, ossia l’accesso alla vita eterna. Attenzione a non commettere l’errore grave di negare la vita eterna dell’uomo a causa della sussistenza in essa del fenomeno della morte corporale. La risurrezione di Cristo è garanzia assoluta dell’esistenza di una vita oltre la morte corporale, vita che non consiste in un’esperienza puramente spirituale, ma che coinvolge oltre allo spirito anche il corpo dell’uomo. Con Cristo la morte non è stata debellata dal mondo, ma è stata vinta, ossia superata attraverso una realtà di risurrezione che è capace di riportare in vita, ed esattamente nella vita eterna del Paradiso, un corpo sottoposto allo sfacelo della morte. La Sacra Scrittura ci ricorda che siamo polvere e che polvere torneremo, indicandoci così un destino in cui non ha alcun senso lottare nei giorni della vita terrena per i beni del mondo, in quanto questi insieme al nostro corpo sono ostaggio della morte e della polvere. La risurrezione invece ci ricorda che la polvere di cui siamo plasmati resta segretamente legata, anche dopo la morte e il deterioramento del corpo, alle opere effettuate, in quanto strettamente connessa allo spazio da noi dato all’amore nella nostra vita. Le opere di bene, ossia la carità con cui abbiamo stretto relazioni con il nostro prossimo, hanno un valore assoluto che non è soggetto a nessuna corruzione, esse perciò diventano il motore tramite il quale veniamo resi partecipi della vita di Cristo e della sua risurrezione con un processo che inevitabilmente coinvolge anche il nostro corpo. La risurrezione del Signore si lega a noi tramite le opere di bene e la fede con cui abbiamo vissuto la nostra esistenza, dando potere al nostro corpo disfatto di ritornare in vita. La redenzione operata da Cristo per nostro conto non ha alcun senso se essa non è seguita dalla garanzia della risurrezione.
Se la nostra vita terminasse con la morte del corpo non ci sarebbe alcun motivo per abbracciare la fede cristiana e l’amore stesso sarebbe un inutile e costoso passatempo. L’eternità di Dio, invece, si esprime attraverso l’eternità dell’amore. L’amore divino non è soggetto alla distruzione ed è invincibile, ragion per cui da esso ne deriva per l’uomo un futuro di risurrezione in Cristo. unica vera espressione dell’amore puro.
Capo d’Orlando, 19/09/2014
Dario Sirna.