SALMO 130
Buongiorno a tutti,
oggi proseguiamo il nostro cammino cristiano percorrendo la direzione indicata dal Salmo 130, di seguito riportato:
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore *
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi, *
superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno †
come bimbo svezzato in braccio a sua madre, *
come un bimbo svezzato è l’anima mia.
Speri Israele nel Signore, *
ora e sempre.
Il Salmo è un piccolo capolavoro di sapienza che nasconde in sé un grande tesoro. Poche parole per trattare con immagini efficaci uno degli argomenti più importanti della vita e del cammino, il rapporto tra il nostro io e tutto ciò che è fuori di noi. Il Salmo ci interroga facendoci meditare su noi stessi, sui nostri desideri, sulle nostre aspettative, sulle nostre mete, sui nostri obiettivi, sulla consapevolezza delle nostre forze, della nostra posizione nell’universo, della nostra relazione con i nostri fratelli, con il mondo intero e con Dio. E’ una sorta di esame in cui ad essere analizzato è il nostro io con tutte le sue convinzioni e le sue concezioni. Il Salmista ci introduce immediatamente nelle profondità più interne di questa meditazione facendoci chiedere se siamo veramente consapevoli delle reali possibilità delle nostre forze e delle nostre potenzialità. Spesso, infatti, in virtù del vigore giovanile o di una fortuita combinazione di eventi, o ancora peggio, di una convinzione trasmessaci da altri, ci sentiamo attori protagonisti, col ruolo di personaggio principale, della scena di questo mondo e della vita. Impostiamo, così, il nostro programma di vita in virtù del nostro io, facendo girare tutto il mondo intorno a noi. Ciò falsa notevolmente la percezione della realtà, proiettandoci su aspettative e progetti che sono molto più grandi delle nostre effettive capacità e possibilità. Siamo noi stessi che, animati dalla superbia, innalziamo il nostro essere nell’orgoglio, conducendo il nostro cuore lontano dall’amore vero. Sarebbe, invece, atteggiamento assai intelligente e sapiente prendere coscienza della realtà dei fatti, per trovare la via giusta da percorre. Ad esempio sarebbe proficuo per l’anima e lo spirito riconoscersi negli errori degli altri, anziché innalzarsi come giudici infallibili su di essi. La natura umana di per sé è debole e la sua debolezza è dovuta principalmente alla seduzione della superbia. Tutti siamo vittima della superbia e tutti siamo vittima del peccato e questa condizione non è una imposizione subita dagli altri, ma una conseguenza dell’esaltazione del nostro io. A questo delirio di onnipotenza e di eternità si accompagna la mancata consapevolezza dell’entità delle nostre forze. Dalla malefica combinazione di questi due fattori, di cui il secondo è terreno fertile per il primo e viceversa, con un diabolico meccanismo autorigenerante esplode il peccato e conseguentemente si ha la perdita effettiva della grazia. Dunque, una condizione indispensabile per non cadere nel peccato è quella di riconoscere il limite estremamente basso delle proprie forze e cercare rimedio in Dio. L’atteggiamento corretto nei confronti della vita è quello di chi si abbandona a Dio, affidandosi a Lui, come un bambino si affida alle cure affettuose di una madre che dopo avere svezzato il figlio lo solleva sulle sue braccia per tenerlo stretto al suo petto e per proteggerlo da ogni pericolo. E’ di Dio il compito e il dovere di proteggerci dal male ed è nostro il diritto di salire tra le sue braccia e trovare in esse la nostra salvezza. Affidarsi a Dio, ovviamente non significa finire di curare la nostra vita, al contrario significa iniziare a prendersi cura della nostra persona seguendo in tutto i Suoi insegnamenti e ascoltando e mettendo in pratica la Sua parola. Cristo con il cibo spirituale dell’Eucarestia ci ha svezzati per sempre dalla dipendenza del peccato. Egli grazie alle acque del battesimo sgorgate dal suo costato trafitto ha cancellato per sempre in noi la macchia che corrodeva la nostra anima e alimentava il nostro appetito di peccato. Svezzati dal calice del suo sangue e curati dalle medicine dei suoi Sacramenti, ha infuso in noi uno Spirito nuovo, lo Spirito che ci rende tutti fratelli, facendoci sentire membra di un solo corpo e figli di un solo Padre. Questo Spirito che invece di dividere unisce e conduce direttamente a Dio è lo Spirito Santo, dono meritato da Cristo, che mantiene viva e attiva la Chiesa. La Chiesa per noi cristiani è la Madre descritta dal Salmista, colei che ci prende in braccio per proteggerci dai pericoli del male, colei che quando cadiamo a terra ci raccoglie nuovamente nelle sue braccia per curarci e proteggerci. Essa è la vera Madre di tutto il mondo, la madre che si prende cura di ognuno di noi dalla nostra nascita in Cristo fino al nostro ultimo respiro. Essa tramite i Sacramenti amministrati ci ridona la vita e stringendoci forte tra le sue braccia non permette che questa vita venga tolta a nessuno. Come la più virtuosa di tutte le madri resta vigile su di noi fino al giorno in cui non ci consegna al Padre per la condivisione della gioia eterna del Paradiso. Allora anche noi come il Salmista rifugiandoci nelle braccia della Santa Madre Chiesa possiamo essere tranquilli e sereni in eterno, perché la nostra speranza nel Signore è ormai eternamente viva per merito di Cristo.
Capo d’Orlando, 12/10/2012
Dario Sirna