LUCA 9, 46-50
Buongiorno a tutti,
iniziamo il cammino di questa nuova settimana mettendoci sulla via indicata dai seguenti versi del Vangelo di Luca:
“46Nacque poi una discussione tra loro, chi di loro fosse più grande. 47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino 48e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
49Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». 50Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».”
La tentazione dell’uomo di essere grande è sempre in agguato, anche quando ci troviamo a lavorare nella Chiesa o per essa, accanto a Gesù. In cosa consiste tale tentazione? Essa consiste nella soddisfazione del desiderio di primeggiare sugli altri, di essere protagonisti, di affermarci, di superare gli altri, di essere amati e onorati da tutti con smania di successo, di fama, di potere e di gloria. La tentazione in questione è diabolica, essa cioè rappresenta un motivo di ribellione a Dio, di separazione da Lui e di abbandono al male. La tentazione di essere al di sopra di tutti, di non avere bisogno di nessuno, di non dover chiedere aiuto a nessuno, di non dovere sottostare a nessuno è una tentazione maligna perché essa è contraria all’amore. Essere per se stessi significa essere contro gli altri ed essere contro gli altri significa non amare gli altri. Il desiderio di grandezza non appartiene a Dio, se, infatti Dio avesse in sé tale desiderio Egli non ci amerebbe, ma ci userebbe per accrescere la sua grandezza. Il concetto di grandezza è un concetto del maligno, esso infatti presuppone l’esistenza di una scala di misura e di un confronto, quindi la necessità di umiliare qualcuno per innalzare se stessi. L’offesa e la mortificazione del prossimo sorgono proprio dal desiderio di grandezza, il quale è maggiormente soddisfatto da una maggiore differenza. Tanto più la nostra sete di grandezza è forte, tanto più alte sono le nostre aspirazioni di successo e tanto più lontani siamo dal nostro prossimo. Il nostro rapporto con il prossimo diventa vicino ed intimo, quindi caritatevole e pieno di amore, se in esso è eliminata ogni differenza e ogni peso. L’imposizione di se stessi e della propria personalità sugli altri offende la dignità del prossimo e ci allontana da Lui in quanto pone al centro della relazione solo i nostri bisogni e le nostre aspirazioni. Ogni relazione umana deve invece imitare la relazione che abbiamo con Dio, essa deve dunque essere innanzitutto intima, deve cioè porre il soggetto che ci sta di fronte al centro del nostro cuore, coinvolgendolo nella nostra vita e nei nostri sentimenti. Questo coinvolgimento significa eliminazione di ogni barriera di separazione e di chiusura, cammino che può essere intrapreso offrendo al soggetto in questione un posto di onore non inferiore a quello riservato a tutte le nostre altre passioni. Se ogni individuo con cui abbiamo a che fare è introdotto nella nostra vita, non come un estraneo o come una persona da sfruttare per i nostri scopi, ma come un fratello da amare, come un tesoro da acquisire, conservare e custodire con gelosia, come un fratello in cui realizzare la nostra vocazione divina all’amore, esso diventa per noi importante più di ogni altra nostra aspirazione. Il Signore ci insegna che nella via dell’amore la scala di confronto con cui viene misurata la grandezza di un individuo è controproducente in quanto offende e penalizza la carità. Chi non si lascia condizionare da tale scala vive la propria esistenza ponendosi alla base di essa, ma senza avvertirne il peso e senza soffrirne alcuna penalizzazione. Chi vive nell’amore non cerca la soddisfazione di se stesso, ma la soddisfazione dei propri fratelli, soddisfazione che non è intesa in termini generali, ma in termini molto specifici. La soddisfazione del prossimo non consiste nella glorificazione del prossimo, né nella ricerca della sua realizzazione mondana e terrena, ma nella attuazione del suo destino di figlio di Dio. Dunque, il precetto della carità è un precetto con il quale ogni nostro fratello viene attenzionato per essere incamminato nella via del bene. In tal senso essere prossimi ad un altro uomo non significa essergli vicino solo nel bisogno, ma essergli accanto anche in tutte le necessità spirituali, al fine di indicargli la via dell’amore, del bene e della salvezza.
Capo d’Orlando, 30/09/2013
Dario Sirna.
![]() |