MATTEO 11, 11-15
Buongiorno a tutti,
i seguenti versi del Vangelo di Matteo ci illuminano lungo il cammino di questo nuovo giorno:
“11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. 12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.13Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. 14E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. 15Chi ha orecchi, ascolti!”
Si parla di Giovanni Battista, Gesù lo colloca come segno di transizione dall’Antico Testamento e al Nuovo Testamento. Si attendeva il Messia, il suo arrivo era annunciato secondo le profezie della Sacra Scrittura dal ritorno di Elia. Gesù identifica in Giovanni il Battista l’Elia atteso, rivelando così apertamente il compimento delle Scritture. La presenza di Elia indica l’arrivo imminente del Messia, e Questi indica a sua volta la restaurazione del Regno. Dunque l’attesa dell’Avvento per il popolo dell’A.T. si compie esattamente nel Messia. Il problema di allora, e in parte anche di oggi, era riconoscere tali segni e tali figure. Riconoscere nel Battista l’Elia atteso era indispensabile per accogliere in Gesù il Cristo annunziato dai Profeti. Il Battista annunziava il Cristo e il Regno dei Cieli dandone testimonianza con il battesimo di penitenza e di conversione e con il martirio subito in nome della Verità. Per riconoscere un segno occorre sapere cosa si attende, altrimenti si corre il rischio di non riconoscerlo. Il problema dell’attesa e dei segni è legato solo ed esclusivamente alla nostra persona. L’argomento in questione riguarda in generale il nostro approccio con la fede. E’ nel nostro approccio personale e individuale con la fede che risiede ogni problema. La fede non è qualcosa di relativo, qualcosa cioè che dipende dal soggetto che la riceve e che da questi può essere elaborata secondo un’idea personale o secondo un desiderio individuale, o peggio ancora, secondo un interesse privato. La fede è un assoluto che proviene da Dio e che va riferito sempre ed esclusivamente a Dio. L’esistenza di varie fedi nel mondo, anche nell’abito del cristianesimo, ha origine da movimenti eretici dovuti a interpretazioni personali della fede. La fede si fonda su Cristo e sulla Parola di Dio. Essa quindi non è soggetta ad alcuna interpretazione se non a quella ufficiale della Santa Madre Chiesa, voluta e governata da Cristo per mezzo dello Spirito Santo proprio con lo scopo di diffondere la Verità del Vangelo e di spezzare la Parola. Nessuno può arrogarsi il diritto di fornire un’interpretazione della Parola di Dio diversa da quella ufficiale della Chiesa. La nostra fede è dunque custodita, interpretata e diffusa dalla Santa Madre Chiesa, la quale ci istruisce in merito al significato della Sacra Scrittura. Un’interpretazione personale della Sacra Scrittura può condurre lontanissimo dal messaggio in essa contenuto. Questo tipo di errore è gravissimo in quanto invece di avvicinarci a Dio e di introdurci nel suo Regno insegnandoci a parlare lo stesso linguaggio del Signore e mettendoci perciò in relazione con Lui, ci svia su percorsi che ci allontano dal Regno di Dio senza farcene accorgere, nella piena e illusoria convinzione dell’attuazione della Sua volontà. Gli errori più gravi che possiamo compiere nella nostra vita sono proprio quelli dovuti alla nostra intraprendenza personale, all’interpretazione della fede, della scrittura e di Dio, alla nostra incapacità di sottostare al Magistero della Chiesa, alla nostra voglia di protagonismo, al nostro tentativo di piegare la fede alle nostre esigenze, ai nostri interessi e ai nostri desideri. Questo tipo di cammino produce danni non solo a noi stessi ma anche al Regno dei Cieli, in quanto il nostro esempio diventa testimonianza che induce i nostri fratelli a seguirci nelle nostre convinzioni. Il danno fatto ai nostri fratelli si ripercuote contro Cristo, contro cioè la missione di salvezza attuata dal Messia, ne consegue che anche il Regno dei Cieli ne subisce ripercussioni. L’incapacità del popolo dell’Antica Alleanza di riconoscere in Giovanni Battista l’Elia tanto atteso e in Gesù il Messia tanto desiderato trae le sue origini proprio da questo tipo di errore. Anche noi viviamo nell’attesa, l’attesa del ritorno definitivo di Cristo, della risurrezione dei corpi, del giudizio universale e della beatitudine eterna da vivere al cospetto di Dio nel suo Regno di amore e di pace. Attenzione dunque a dare al nostro tempo di Avvento la sua corretta interpretazione, a non lasciarci sviare da indicazioni differenti da quelle della Chiesa, a non seguire dottrine false ed eretiche. Cerchiamo di utilizzare i nostri orecchi per intendere non ciò che piace al nostro cuore, né ciò che corrisponde ai nostri desideri, né ciò che il mondo ci propone, ma ciò che Cristo con la sua testimonianza d’amore e con la sua parola ci comunica ai fini della nostra salvezza. In Cristo Crocifisso abbiamo il segno indiscutibile dell’amore di Dio per l’uomo, in Cristo Risorto abbiamo il segno inconfutabile della nostra salvezza, in Cristo assiso alla destra del Padre abbiamo il segno sicuro della vita eterna, del Paradiso e della comunione d’amore con Dio. Occorre allora intendere ciò che Cristo ci dice porgendo il nostro orecchio alla Chiesa per prepararci con essa e sotto la sua guida all’acquisto gratuito di queste realtà future, ma già garantite e attuate. La nostra attesa deve essere tutta protesa verso tali realtà. Questo può avvenire restando nell’unità della Chiesa e acquisendo in essa i mezzi necessari per entrare nel Regno dei Cieli.
Capo d’Orlando, 11/12/2014
Dario Sirna.