“CHI CREDE IN ME, ANCHE SE MUORE, VIVRA'”

GIOVANNI 11, 3-45

Buongiorno a tutti,

il cammino di oggi è illuminato dal Vangelo di San Giovanni, cap. 11 versi 3-45, di cui attenzioniamo la parte di seguito riportata :

GIOVANNI 11, 19-27

“Molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».”

Questo brano del Vangelo di Giovanni ci introduce verso le realtà escatologiche, facendoci affrontare il tema della morte, del dolore, della sofferenza, del lutto  e del distacco. L’episodio si riferisce alla morte di Lazzaro, grande amico del Signore, ma tale particolare è insignificante, in quanto il Lazzaro descritto del Vangelo, sebbene rispondente esattamente ad una determinata persona, incarna in sé ogni uomo del mondo. Analogamente, il pianto di Gesù per Lazzaro è il pianto di Gesù per ogni uomo del mondo, il dolore di Marta per la morte del fratello è il dolore di ogni persona per la perdita di un familiare, la consolazione e la risposta di Cristo a Marta è la risposta e la consolazione con cui Cristo è vicino ad ogni lutto del mondo,  le parole e le verità consegnate da Gesù a Marta sono consegnate ad ogni persona del mondo che vive il dramma della morte di una persona amata. In questo brano c’è dunque il senso della vita, il significato esatto della nostra esistenza e del suo svolgimento e compimento. Per questo motivo questo brano del Vangelo appartiene ad ognuno di noi e ci riguarda in prima persona come uomini che andremo  incontro alla realtà della morte e secondariamente come individui che vivono il dramma della morte delle persone care. Marta, esattamente come ognuno di noi, non si preoccupa di sé stessa, ma del fratello, il suo pianto e il suo dolore la proiettano sulla scomparsa del fratello, essa non pensa che questa realtà riguarderà  un giorno anche lei. Il Signore invece offre con l’esperienza della morte di Lazzaro uno spunto a ciascuno di noi per riflettere sulla nostra cognizione della vita e ci consegna una verità di fede che va ben oltre ogni nostra possibile immaginazione. Lo spunto è dunque occasione per crescere nella fede credendo nelle verità che il Signore sta per rivelarci. Dopo questo evento, anche Cristo farà esperienza della morte e ciò darà un senso ancora più grande alle parole che Lui oggi ci consegna. Credere in Cristo non significa infatti credere solo che Lui è il Figlio di Dio, il Messia, ma credere che in Lui noi abbiamo la vita eterna. Il Signore è venuto a salvarci dalla realtà della morte, è venuto per distruggere completamente questo orrore, cancellandolo per sempre dalla nostra esistenza e dalle nostre paure. La missione di Cristo è quella di liberarci dal potere della morte e di consegnarci alla eterna vita del Paradiso. Se togliamo al Signore questo ruolo non abbiamo capito nulla di Lui, di noi e della relazione che lega Lui a noi. Se togliamo alla persona di Cristo il ruolo di nostro Salvatore abbiamo vanificato Cristo e reso inutile la sua missione. Marta si trova di fronte al Figlio di Dio, il Cristo, e contemporaneamente si trova di fronte alla realtà della morte. L’Uno è la vita eterna, l’altra è la fine. Ella non ha ancora connesso tra di loro queste due realtà e continua a considerarle disgiunte, Cristo la illumina e le rivela che Egli è nel mondo per distruggere per sempre la morte dalla vita di ogni persona. Ma questa vittoria della morte non avviene se non attraverso di essa, cosicché ciò che il maligno aveva architettato per la nostra rovina Egli ha il potere di trasformarlo in bene che salva. La morte di Cristo diventa riscatto della vita e redenzione di ciascun uomo del mondo, nella sua morte tutti siamo morti. La Sua morte ha cioè il potere di pagare il nostro debito con Dio e di restituirci alla vita eterna. Ciò significa che la Sua morte ci libera dalla fine eterna e ci consegna alla realtà della risurrezione. Una risurrezione che non è la risurrezione di Lazzaro, ancora sotto il potere  della morte, ma la risurrezione di chi è stato liberato per sempre da tale potere. Marta è lontana da questa verità, ognuno di noi non l’ha ancora compresa fino in fondo, Cristo ce la rivela e ce la consegna perché essa entri a far parte di noi stessi, come verità fondamentale da tenere sempre in vista e in cui credere fermamente. In Cristo dunque la morte è vinta in eterno con la risurrezione. Ciò significa che morte non è cancellata dalla nostra vita, ma che essa da barriera invalicabile diventa porta di ingresso per il Regno dei Cieli. Non c’è una verità più consolante e più tranquillizzante di questa. Essa è la nostra pace terrena perché ci assicura l’eterna presenza di Dio nella nostra vita, o meglio la nostra eterna partecipazione alla vita di Dio.

Capo d’Orlando, 06/04/2014

Dario Sirna.

 

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